T.A.R. Sardegna Cagliari Sez. I, Sent., 07-07-2011, n. 743

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

P.Q.M.

Il sig. A.C., ha chiesto il rilascio della licenza di cui all’art. 88 del R.D. 18/6/1931, n. 773 (T.U.L.P.S.), al fine di svolgere l’attività di raccolta di scommesse relative ad eventi sportivi per conto della G.S. GMBH (società di nazionalità austriaca), alla quale, mediante apposito centro di trasmissione dati, inviare le giocate.

Con decreto16/8/2010, categoria 11E/numero 15/2010, il Questore di Cagliari ha rigettato l’istanza, a causa dell’assenza di titolo concessorio o autorizzatorio rilasciato dalla competente autorità nazionale così come richiesto dall’art. 88 del T.U.L.P.S.".

Ritenendo il citato decreto illegittimo l’istante lo ha impugnato, deducendo svariate censure incentrate, in particolare, sulla violazione degli articoli 43 e 49 del T.C.E., in tema di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi; sulla violazione del connesso principio del mutuo riconoscimento tra gli Stati membri dell’Unione Europea.

Si è costituita in giudizio l’amministrazione intimata, depositando memoria con cui si è opposta all’accoglimento del ricorso.

All’udienza pubblica del 22/6/2011 la causa, su richiesta delle parti, è stata trattenuta in decisione.

Sono fondate, le censure con cui viene dedotta la violazione dell’art. 88 del T.U.L.P.S. (anche dopo la norma di interpretazione autentica contenuta nell’art. 2, comma 2 ter, del D.L. 25/3/2010 n. 40, conv. in L. 22/5/2010 n. 73), in relazione agli articoli 43 e 49 del Trattato CE (trasfusi attualmente, rispettivamente, negli articoli 49 e 56 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea), in ordine alla libertà di stabilimento delle imprese e alla libera prestazione dei servizi all’interno della Comunità.

La questione è stata recentemente affrontata da questa Sezione con sentenza 22/6/2011 n. 641 da cui il Collegio non ritiene di doversi discostare.

Non resta pertanto che richiamare le motivazioni ivi esplicitate.

"Come affermato in diverse occasioni da questa Sezione (cfr. T.A.R. Sardegna, I Sez., 31/1/2009, n. 147, n. 148, n. 149 e 150; I Sez., 24/3/2009, n. 353), la Corte di Giustizia CE con le sentenze 6 novembre 2003 (causa C243/01, Gambelli) e 6 marzo 2007 (cause riunite C338/04, C359/04, C360/04, Placanica) ha statuito che la normativa nazionale italiana "in quanto contiene il divieto – penalmente sanzionato – di esercitare attività nel settore dei giochi d’azzardo in assenza di concessione o di autorizzazione rilasciata dallo Stato, comporta restrizioni alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi (sentenza Gambelli e a., citata, punto 59 e dispositivo)" (così la sentenza Placanica, cit., punto 42), precisando, da un lato, che lo stesso effetto restrittivo deriva dalla predeterminazione del numero di concessioni che lo Stato italiano prevede di rilasciare, dall’altro lato che l’obiettivo della normativa italiana "mirante a prevenire l’esercizio delle attività di gioco d’azzardo per fini criminali o fraudolenti canalizzandole in circuiti controllabili" si può conseguire anche attraverso un sistema di concessioni, limitato nel numero, purché questo sia compatibile con i principi derivanti dal diritto europeo (e dunque, in primo luogo, con i principi in materia di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi e di non discriminazione).

La compatibilità del sistema, nel senso precisato, va effettuata verificando, in primo luogo, se la limitazione del numero di concessioni per l’esercizio dell’attività di scommesse sportive, e le conseguenti restrizioni alla prestazione di servizi da parte di operatori economici di altri Stati membri, rientri nelle deroghe previste dall’articolo 52 del T.F.U.E. (che lascia "impregiudicata l’applicabilità delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative che prevedano un regime particolare per i cittadini stranieri e che siano giustificate da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica"). In secondo luogo, come ha ribadito la Corte di Giustizia nella richiamata sentenza Placanica, la compatibilità va esaminata anche alla luce del principio di proporzionalità, per stabilire se gli obiettivi che si intendono perseguire con le restrizioni conseguenti ad un sistema nazionale limitato di concessioni (pur, in astratto, corrispondenti alle eccezioni ammesse dal Trattato) non possano essere conseguiti con altri strumenti maggiormente conformi ai principi di libertà di stabilimento e di libera prestazioni dei servizi. In particolare viene in rilievo l’obiettivo del controllo sui soggetti che operano nel settore dei giuochi e delle scommesse al fine di evitare (come si sostiene nel provvedimento impugnato) "le possibili degenerazioni criminali nel settore".

Tuttavia, da un lato, come emerge dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia sopra richiamata, la previsione di un sistema chiuso di concessioni si pone in contrasto con il principio di non discriminazione (v. in specie sentenza Gambelli); dall’altro lato, alla luce del principio di proporzionalità (cfr. sentenza Placanica, punto 58), l’obiettivo indicato può essere perseguito attraverso controlli svolti direttamente nei confronti dei soggetti operanti nel settore delle scommesse, e delle modalità della loro attività, e non mediante la previsione di una norma nazionale che imponga l’acquisizione di una concessione. A tali fini, nell’ordinamento nazionale, può essere utilizzato lo strumento amministrativo dell’autorizzazione di pubblica sicurezza prevista dal T.U.L.P.S.

Con riferimento alla normativa dell’ordinamento nazionale interno, quanto appena rilevato comporta come conseguenza la disapplicazione dell’art. 88 del T.U.L.P.S. nella parte in cui subordina il rilascio della licenza per l’esercizio delle scommesse al possesso della concessione "da parte dei Ministeri o di altri enti". In altri termini, l’amministrazione competente non può vietare di svolgere l’attività di raccolta delle scommesse esclusivamente sulla base del rilievo che la società per conto della quale l’attività viene effettuata non è titolare di concessione rilasciata dallo Stato italiano.

Come accennato, rimane riservato all’amministrazione, invece, anche seguendo le indicazioni ricavabili dalla citata giurisprudenza della Corte di Giustizia CE, il potere di verificare che le attività relative alla raccolta scommesse non siano svolte per fini criminali o illeciti, potere che si traduce nel rilascio (o nel diniego) della licenza di pubblica sicurezza, come disciplinata in linea generale dagli articoli 10 e 11 e, in specie, dagli articoli 86 e 88 del T.U.L.P.S.".

E’ illegittimo, quindi, un provvedimento (quale quello impugnato con il ricorso in epigrafe) che motiva il diniego esclusivamente con la mancanza di una concessione rilasciata dallo Stato italiano in capo alla società Goldbet, pur in possesso di licenza rilasciata dal Governo Federale Austriaco.

Il ricorso va conseguentemente accolto.

Spese ed onorari di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidati come in dispositivo.

Accoglie il ricorso in epigrafe e per l’effetto annulla l’atto impugnato.

Condanna l’intimata amministrazione al pagamento delle spese processuali in favore della parte ricorrente liquidandole forfettariamente in complessivi Euro 2.000/00 (duemila/00) oltre IVA e CPA nella misura di legge e restituzione di quanto pagato a titolo di contributo unificato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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