T.A.R. Sardegna Cagliari Sez. I, Sent., 07-07-2011, n. 725

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Espone il ricorrente che, in data 15.07.2009, giunto in Sardegna per trascorrere le vacanze estive, si recava a Sassari vestito da "Drag Queen", per incontrare amici con i quali trascorrere la serata ad Alghero.

Giunto a Sassari, si fermava alla guida della sua autovettura in prossimità dell’abitazione di un amico. Sopraggiunti sul posto alcuni agenti, egli veniva identificato e portato in Questura.

Veniva quindi trattenuto e, il giorno dopo, gli veniva impartito l’ordine del Questore di rimpatrio con foglio di via obbligatorio e l’ingiunzione di presentarsi al Sindaco di Tortona (comune di residenza) entro tre giorni.

Tale provvedimento veniva impugnato dal ricorrente che deduceva le seguenti articolate censure:

eccesso di potere, violazione e falsa applicazione delle norme di legge di cui agli artt. 1 e 2 della L. 27.12.1956 n. 1423 nonché agli artt. 2 e 3 della L. 327/88, carenza di motivazione e di istruttoria.

Concludeva per l’accoglimento del ricorso con conseguente annullamento dell’atto impugnato previa concessione di idonea misura cautelare.

Si costituiva l’Amministrazione intimata chiedendo il rigetto del ricorso.

Alla camera di consiglio del 2.12.2009 la domanda cautelare veniva rigettata con ordinanza n. 453/2009 poi riformata dal Consiglio di Stato con ordinanza 2910/2010.

Alla udienza pubblica del 6.04.2011 il ricorso veniva trattenuto per la decisione.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato e deve essere accolto.

Occorre, infatti, rilevare tanto la carenza di adeguato impianto motivazionale dell’impugnato provvedimento, quanto, la sua inidoneità intrinseca a combattere il fenomeno della prostituzione che, peraltro, non coinvolge il soggetto ricorrente.

In ordine alla prima questione, va subito chiarito un punto.

Il ricorrente, secondo la ricostruzione operata dall’Amministrazione, apparterrebbe alla categoria di persone descritte dall’art. 1 n. 3 della legge 27.12.1956 n. 1423 (" coloro che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica").

Tuttavia, non vi è traccia nel provvedimento impugnato delle ragioni che sostengono tale affermazione.

Il sig. C. non è stato colto nell’atto di prostituirsi, né, va con forza sottolineato, la passione personale, l’attività artistica e, comunque, la libertà di autodeterminarsi indossando gli abiti della drag queen possono in alcun modo essere legati o confusi con l’attività di meretricio.

L’ordine di rimpatrio, infatti, contiene il riferimento all’attività di prostituzione del fermato, ricavabile dall’essersi il C. posizionato al centro della carreggiata stradale, creando così disturbo alla quiete pubblica, pericolo per la circolazione stradale e per la salute e l’igiene pubblica.

In alcun modo è chiarito come tale attività potesse arrecare offesa ai beni tutelati dalla legge 27.12.1956 n. 1423, né, soprattutto, in che cosa consistesse l’attività di adescamento che potrebbe costituire pericolo per i succitati beni.

L’obbligo di motivazione non può esaurirsi in enunciazioni generiche o clausole di stile, come invece è accaduto nel caso di specie.

Dall’esame degli atti del fascicolo, ed in particolare dalla relazione in data 27 gennaio 2011, a firma del Questore, emerge che il C., più precisamente, era stato fermato mentre si trovava a bordo della propria autovettura regolarmente parcheggiata, e non come si era asserito in un primo momento al centro della carreggiata, in abiti femminili ed in atteggiamenti inequivocabilmente riconducibili all’esercizio della prostituzione.

Tali successivi chiarimenti, indirizzati alla Avvocatura distrettuale dello Stato non sono certo idonei a far venir meno l’originario difetto di motivazione, sia perché contenuti in atto diverso da quello notificato a suo tempo al C., sia perché a loro volta evidentemente non sufficientemente precisi e definiti come necessario.

Tanto basterebbe a motivare l’accoglimento del ricorso.

Ragioni di giustizia inducono questo Collegio a svolgere alcune ulteriori considerazioni.

Con riguardo al secondo dei profili rilevati, (la lotta al fenomeno della prostituzione) giova dar conto dell’esistenza di due orientamenti giurisprudenziali.

Secondo un primo orientamento, si riconosce all’autorità questorile una amplissima discrezionalità in ordine alla ricorrenza dei presupposti fattuali in presenza dei quali ricorrere al foglio di via obbligatorio: in questo senso si è affermato che "se è vero che il provvedimento preventivo (nella specie, provvedimento di rimpatrio con foglio di via obbligatorio) deve essere motivato con riferimento a concreti comportamenti attuali del soggetto dai quali possano desumersi talune delle ipotesi previste dalla legge come indice di pericolosità per la sicurezza e la moralità pubblica, resta fermo che tali comportamenti non debbono necessariamente concretarsi in circostanze univoche ed episodi definiti, ma possono desumersi da una valutazione indiziaria fondata su circostanze di portata generale e di significato tendenziale, o su contesti significativi nel loro complesso" (Consiglio Stato, sez. I, 26 aprile 2010, n. 4093).

Tale amplissima discrezionalità porterebbe a concludere che "a giustificare il foglio di via è sufficiente l’accertamento dell’esercizio della prostituzione in luoghi pubblici, con offerta incondizionata a chiunque e senza alcuna cautela, perché poi da questo accertamento può dedursi in via logica, senza bisogno di alcun accertamento specifico, la commissione di reati contro la moralità pubblica e il buon costume – il riferimento implicito è al delitto di atti osceni ( art. 527 c.p.) in relazione all’uso delle prostitute di appartarsi con clienti occasionali nei fondi contigui al luogo di esercizio – e anche al coinvolgimento di minorenni" (T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 07 dicembre 2010, n. 35545).

Di conseguenza, "la prognosi di pericolosità che giustifica l’irrogazione della misura di prevenzione del rimpatrio con foglio di via obbligatorio integra una valutazione ampiamente discrezionale sindacabile dal giudice amministrativo in relazione ai profili dell’abnormità dell’iter logico, dell’incongruenza e dell’irragionevolezza della motivazione e del travisamento della realtà fattuale"(T.A.R. Lombardia Milano, sez. III, 09 febbraio 2010, n. 320).

Secondo altro orientamento, invece: "l’allontanamento con foglio di via obbligatorio non appare lo strumento di regola deputato ad intervenire sul fenomeno della prostituzione e, pertanto, il provvedimento basato su tale presupposto deve dare conto delle concrete modalità di esercizio del meretricio, dell’eventuale continuità di tale condotta e di ogni altro elemento utile in ordine alle condizioni di vita dell’interessata, onde desumerne l’apprezzabile possibilità che la stessa sia incline alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica" (T.A.R. Trentino Alto Adige Bolzano, sez. I, 19 aprile 2011, n. 165). Più di recente il T.a.r. Lombardia, Milano, Sez. III, 29 dicembre 2010 n. 7738 ha affermato che è illegittima la misura di prevenzione del foglio di via obbligatorio (nella specie si trattava, più precisamente, del provvedimento con il quale il Questore, in forza di quanto previsto dagli artt. 1 e 2 della legge 27 dicembre 1956 n. 1423, aveva imposto il divieto di soggiornare e circolare nel territorio di alcuni Comuni per la durata di anni due) adottato nei confronti di una cittadina extracomunitaria, motivato con riferimento al fatto che la stessa è dedita all’esercizio della prostituzione; infatti, nell’ordinamento italiano, manca una norma che punisca la prostituzione come fattispecie di reato e, pertanto, non è possibile emanare nei confronti delle prostitute, per il solo fatto di esercitare attività di meretricio, le misure di prevenzione previste dalla legge n. 1423 del 1956".

Questo collegio ritiene, di dover aderire al secondo dei due orientamenti descritti.

In definitiva il ricorso deve essere accolto in quanto:

nell’impugnato provvedimento appaiono solo formalmente richiamati i presupposti per l’applicazione della misura preventiva, ma nei fatti, la succinta motivazione dello stesso – che appare superficiale e frettolosa forse in ragione dell’alto numero dei fermati – non giustifica affatto l’ordine imposto al signor C.;

dall’esame dei fatti appare solo che il sig. C., lungi dall’esercitare l’attività di prostituzione, era semplicemente vestito da drag queen; drag queen altro non è se non un termine inglese per definire attori o cantanti anche denominati drag singer, che si esibiscono in canti e balli, indossando abiti femminili. Tale attività è artistica e, ovviamente, perfettamente lecita;

in ordine alla attività di prostituzione, si ribadisce ancora, non interessante il sig. C., il Collegio, al fine di orientare la successiva azione dell’amministrazione, ritiene di aderire all’orientamento secondo cui in astratto, l’allontanamento con foglio di via obbligatorio non appare lo strumento di regola deputato ad intervenire sul fenomeno della prostituzione.

Le spese seguono la regola della soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla l’atto impugnato.

Condanna l’Amministrazione alle spese del presente giudizio in favore del ricorrente che liquida in Euro 4.000/00 oltre I.V.A., C.P.A. e restituzione contributo unificato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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