T.A.R. Sicilia Palermo Sez. III, Sent., 07-07-2011, n. 1305 Concorso interno Pensioni, stipendi e salari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 21 gennaio 1998 e depositato il giorno 26 seguente, la D.ssa C.P., in qualità di dipendente dell’Amministrazione Provinciale intimata, con la qualifica di Avvocato, ha impugnato gli atti in epigrafe in forza dei quali è stata esclusa dal concorso interno per titoli per la copertura di n. 2 posti di Dirigente di servizio dell’area amministrativa, I qualifica dirigenziale, indetto con deliberazione della Giunta provinciale n. 1355/17 del 19 ottobre 1993.

Deduce l’illegittimità della sua esclusione dalla selezione interna, articolando i seguenti due motivi di censura:

"1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 43 del D.P.R. 268/87; violazione e falsa applicazione del bando concorsuale nella parte in cui espressamente richiama tale norma; eccesso di potere per difetto dei presupposti; erroneità e illogicità manifeste";

"2) Eccesso di potere per violazione dei principi in materia di affidamento".

La ricorrente ha chiesto in conclusione l’annullamento dei provvedimenti oggetto di lite, previa adozione della misura cautelare dell’ammissione con riserva al concorso, quest’ultima respinta con ordinanza n. 408 del 17 febbraio 1998.

Per resistere al gravame, si è costituita in giudizio soltanto l’Amministrazione provinciale, che, con memoria successivamente depositata, ha dedotto l’infondatezza delle censure mosse avverso gli atti impugnati, e ne ha, pertanto, chiesto la reiezione.

All’udienza pubblica del 1° giugno 2011, su conforme richiesta delle parti, il ricorso è stato spedito in decisione.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato.

1.1. Con il primo motivo la ricorrente deduce, innanzitutto, che erroneamente l’amministrazione provinciale intimata l’avrebbe esclusa dal concorso de quo ritenendola priva del requisito di ammissione consistente nel possesso della maturata esperienza lavorativa di almeno cinque anni assimilabili per contenuto alle funzioni della qualifica immediatamente inferiore a quella del posto messo a concorso, così come previsto dal bando nella parte in cui è richiamato l’art. 43 del D.P.R. 268/87: tale requisito sarebbe rinvenibile nelle "mansioni di docente corrispondenti per contenuto a quelle dell’VIII Q.F." svolte presso l’Istituto di Cultura e Lingue dal 1975 al 1983. Tale qualifica, pur in mancanza di formale inquadramento giuridico, ella avrebbe mantenuto dopo il transito, mediante comando, presso l’Amministrazione intimata, come dimostrerebbe la percezione di un trattamento economico ragguagliato proprio alla VIII qualifica funzionale; la norma di riferimento, peraltro, – l’art. 43 del D.P.R. 268/87, aggiunto dall’art. 33 del D.P.R. 17 settembre 1987, n. 494 -, richiederebbe soltanto lo svolgimento di funzioni corrispondenti alla qualifica piuttosto che il possesso giuridico di quest’ultima (così si assume nella parte descrittiva del "fatto").

Il profilo di censura è infondato.

E’ da condividersi il rilievo mosso dall’amministrazione resistente, secondo cui al momento della presentazione della domanda (26 novembre 1993) di ammissione alla selezione interna per l’accesso alla I qualifica dirigenziale, la ricorrente non possedeva il requisito del servizio prestato per cinque anni con l’ottava qualifica funzionale; infatti, ai sensi dell’art. 46, comma 1°, della Legge 11 luglio 1980, n. 312, recante il "Nuovo assetto retributivo – funzionale del personale civile e militare dello Stato" sono inquadrati "nella settima qualifica i docenti di materie per il cui insegnamento è richiesto il diploma di laurea o il diploma di istituto superiore e i docenti equiparati ai sensi della nota 2 alla tabella C, annessa al decretolegge 30 gennaio 1976, n. 13, convertito, con modificazioni, nella legge 30 marzo 1976, n. 88 (…)".

A ciò si aggiunga che anche l’allegato A al Decreto del Presidente della Repubblica 25 giugno 1983, n. 347, che introduce le "Norme risultanti dalla disciplina prevista dall’accordo del 29 aprile 1983 per il personale dipendente dagli enti locali", – applicabile ratione temporis alla vicenda in esame -, laddove sono contenute le indicazioni di massima delle figure professionali riconducibili alla settima qualifica funzionale, inserisce espressamente i "docenti per le cui funzioni si richiede per legge il diploma di laurea".

Quanto all’assunto che vorrebbe far discendere dall’erogazione del trattamento economico ragguagliato al livello spettante all’ottava qualifica funzionale anche il corrispondente inquadramento giuridico al fine di fondare la pretesa all’ammissione al concorso di che trattasi, non se ne può che ritenere l’inconsistenza giuridica. Infatti, per principio generale, costantemente affermato dalla giurisprudenza, applicabile in ogni settore del pubblico impiego, salvo che la legge non disponga altrimenti, – condiviso dal Collegio, che non ravvisa ragioni per discostarsene riguardo al caso in esame -, le mansioni svolte di fatto, cioè senza un atto formale di incarico, superiori rispetto a quelle dovute sulla base del provvedimento di nomina e di inquadramento, sono del tutto irrilevanti, sia ai fini economici, sia ai fini della progressione di carriera. Ciò in quanto il rapporto di pubblico impiego non è assimilabile al rapporto di lavoro privato, perché gli interessi coinvolti hanno natura indisponibile ed anche perché l’attribuzione delle mansioni e del correlativo trattamento economico devono avere il loro presupposto indefettibile nel provvedimento di nomina o di inquadramento, non potendo tali elementi costituire oggetto di libere determinazioni dei funzionari amministrativi. (cfr. Cons. Stato V, 16 giugno 2009, n. 3906; V, 30 ottobre 1997; n. 1219; 17 maggio 1997, n. 515; C.G.A., 30 aprile 1997, n. 43; 27 maggio 1997, n. 197; T.A.R. Sicilia, Palermo, II, 12 marzo 1998, n. 321; 13 ottobre 1997, n. 1590; Cons. Stato, IV, 28 ottobre 1996, n. 1157; C.G.A., 25 ottobre 1996, n. 363; Cons. Stato, V, 24 ottobre 1996, n. 1282; 24 maggio 1996, n. 587; 2 febbraio 1996 n. 120).

Nel caso di specie non risulta che la ricorrente possa vantare per effetto di norma speciale, alcun riconoscimento giuridico di mansioni superiori di fatto svolte e riconducibili all’ottava qualifica funzionale.

Tantomeno un tale effetto può discendere dall’interpretazione che la ricorrente prospetta dell’art. 43 del D.P.R. 268 del 1987.

Recita il comma 1 della disposizione citata: "L’accesso alla prima qualifica dirigenziale avviene per concorso pubblico o corsoconcorso pubblico aperto ai candidati in possesso del prescritto diploma di laurea ed esperienza di servizio adeguatamente documentata di cinque anni cumulabili nella pubblica amministrazione, enti di diritto pubblico, aziende pubbliche e private, in posizioni di lavoro corrispondenti, per contenuto, alle funzioni della qualifica funzionale immediatamente inferiore al posto messo a concorso (…)".

Ad avviso del Collegio l’interpretazione corretta è quella conforme ai principi sopra ricordati, che àncorano qualunque effetto giuridico all’inquadramento formale: per cui, le posizioni corrispondenti per contenuto alle funzioni della qualifica funzionale di riferimento, intanto possono assumere rilevanza se formalmente attribuite e riconducibili alle declaratorie delle mansioni e profili professionali fondate sulla contrattazione collettiva di settore.

La ricorrente, dunque, al momento della presentazione della domanda risultava avere svolto, di diritto, esclusivamente mansioni corrispondenti, per contenuto, alle funzioni della settima qualifica funzionale piuttosto che dell’ottava, e ciò a prescindere dal trattamento economico corrispostole per il servizio prestato.

Ne sortisce l’infondatezza della censura.

1.2. Altrettanto privo di pregio è il motivo successivo con il quale si deduce che gli atti di esclusione dal concorso, data la loro manifesta illogicità e contraddittorietà, avrebbero leso l’affidamento riposto nell’aspettativa di partecipazione alla medesima selezione pubblica.

L’inconferenza della censura in esame discende, sia dalla conformità degli atti ai principi giurisprudenziali sopra ricordati al punto 1.1., siccome costantemente affermati dalla giurisprudenza richiamata, sia dalla circostanza che proprio sull’illegittimità di un eventuale riconoscimento delle mansioni superiori ai fini all’ammissione al detto concorso si era già espresso il CO.RE.CO., sez. provinciale di Palermo, con atto di controllo negativo n. 4763/25 del 9 maggio 1997, sulla deliberazione n. 106 del 25 febbraio 1997, con la quale era stata dapprima approvata la graduatoria finale di merito predisposta dalla Commissione giudicatrice (atti prodotti dalla stessa ricorrente).

Così come ha fatto presente l’Amministrazione provinciale resistente, nessun legittimo affidamento, dunque, poteva vantare, ragionevolmente, la ricorrente.

1.3. In conclusione, il ricorso è destituito di fondamento e va rigettato.

2. Le spese processuali possono essere eccezionalmente compensate tra le parti costituite tenuto conto della natura della controversia, mentre vanno dichiarate irripetibili nei confronti dei controinteressati non costituitisi in giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, Sezione terza, definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in epigrafe.

Spese compensate tra le parti costituite; irripetibili nei confronti dei controinteressati non costituiti in giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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