T.A.R. Toscana Firenze Sez. II, Sent., 07-07-2011, n. 1165 Farmacia

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L’associazione ricorrente, Federfarma Arezzo, è organismo esponenziale degli interessi dei titolari di farmacie private della pianta organica di Arezzo. I ricorrenti L.B., S.B., S.B., A.N., R.D.G. e G.N., dal canto loro, sono dottori farmacisti non titolari, che aspirano a conseguire mediante concorso pubblico l’assegnazione della sede n. 25 del Comune di Arezzo.

I ricorrenti espongono che con deliberazione del Consiglio Comunale di Arezzo n. 304 del 21 luglio 2000 veniva costituita, tramite trasformazione della preesistente azienda speciale, la società A.F.M. (Azienda Farmaceutica Municipalizzata) S.p.A., che con deliberazione del Consiglio Comunale n. 153 del 1° giugno 2001 era trasformata in società mista senza vincolo della partecipazione pubblica maggioritaria, in base all’art. 116 del d.lgs. n. 267/2000 (T.U.E.L.), nel testo allora vigente. A detta società fu affidato dal Comune di Arezzo il servizio farmaceutico (per la durata complessiva di anni venticinque), mentre nel contempo veniva attivata la procedura di evidenza pubblica per individuare i soci privati ai quali cedere la quota maggioritaria della predetta società affidataria, pari all’80% del capitale sociale di questa. La gara fu aggiudicata al raggruppamento di imprese "F.R. S.p.A.", che acquistò il pacchetto azionario con contratto stipulato il 4 luglio 2002.

Con deliberazione della Giunta n. 65 del 2 aprile 2009, la Regione Toscana procedeva alla revisione della pianta organica delle farmacie dei Comuni della Provincia di Arezzo: in tale occasione veniva prevista, per il Comune di Arezzo, l’istituzione di una nuova sede farmaceutica, la n. 25, ubicata nel centro commerciale della frazione di Case Nuove di Ceciliano. In attuazione di detta deliberazione, il decreto a firma del dirigente del Settore Farmaceutica della Regione Toscana n. 1509 del 6 aprile 2009 offriva in prelazione ex art. 9 della l. n. 475/1968, al Comune di Arezzo, la sede farmaceutica di nuova istituzione. Dal canto suo, con deliberazione della Giunta Municipale n. 366 del 17 giugno 2009, il Comune di Arezzo decideva di esercitare il succitato diritto di prelazione. Il decreto a firma del dirigente del Settore Farmaceutica della Regione Toscana n. 3734 del 29 luglio 2009 assegnava, pertanto, al Comune di Arezzo la sede farmaceutica n. 25.

Avverso i decreti dirigenziali della Regione Toscana nn. 1509 e 3734 citt., nonché la deliberazione della Giunta Municipale di Arezzo n. 366/2009, sono insorti gli esponenti, impugnandoli attraverso ricorso straordinario al Presidente della Repubblica. La Regione Toscana, però, ai sensi dell’art. 10 del d.P.R. n. 1199/1971, notificava atto di opposizione. Pertanto, con il ricorso indicato in epigrafe gli esponenti hanno trasposto il ricorso in sede giurisdizionale, domandando l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione, degli atti impugnati e deducendo, a supporto del gravame, le seguenti censure:

– violazione e falsa applicazione degli artt. 9 e 10 della l. n. 475/1968 ed eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, nonché per errore o travisamento dei fatti, poiché, secondo la regola dell’alternanza di cui all’art. 9 della l. n. 475/1968, la sede farmaceutica n. 25 avrebbe dovuto non già essere offerta in prelazione al Comune di Arezzo, ma messa a concorso per l’esercizio privato;

– violazione degli artt. 1 e 3 della l. n. 241/1990, dell’art. 10 della l. n. 475/1968, dell’art. 19 della l. Reg. Toscana n. 16/2000 ed ulteriore eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, in quanto il Comune di Arezzo sarebbe in ogni caso decaduto dal diritto di prelazione, non avendolo esercitato nel termine decadenziale di sessanta giorni ex art. 19 della l.r. n. 16/2000;

– ulteriore violazione degli artt. 1 e 3 della l. n. 241/1990, nonché violazione dell’art. 23bis del d.l. n. 112/2008 (come introdotto dalla legge di conversione n. 133/2008), ed ulteriore eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, difetto del presupposto e carenza di motivazione, perché: a) le giustificazioni addotte dal Comune per l’esercizio della prelazione sarebbero insufficienti, atteso che esse non riguarderebbero benefici ottenibili soltanto con l’esercizio pubblico della farmacia; b) sarebbe violato il principio di proporzionalità, per l’ingiustificato sacrificio delle aspettative degli odierni ricorrenti a che la gestione della nuova sede farmaceutica sia attribuita mediante pubblico concorso; c) sarebbero state violate le regole procedimentale e la sostanza dell’art. 23bis cit., non avendo la P.A. effettuato l’analisi del mercato prevista da detta norma, né trasmesso i relativi esiti all’Antitrust per il parere di competenza, né, comunque, svolto l’istruttoria di cui al medesimo art. 23bis;

– violazione dei principi desumibili dagli artt. 81 e 86 del Trattato CE e dell’art. 117, primo comma, Cost., ulteriore violazione dell’art. 23bis del d.l. n. 112/2008 (come introdotto dalla l. n. 133/2008) e degli artt. 9 e 10 della l. n. 475/1968, violazione dell’art. 113 del d.lgs. n. 267/2000, ulteriore violazione degli artt. 9 e 10 della l. n. 475/1968 ed ulteriore eccesso di potere per sviamento, in quanto, nel caso di specie, con la prelazione il Comune avrebbe inteso aumentare il numero di farmacie gestite dalla società a partecipazione pubblica minoritaria ex art. 116 del d.lgs. n. 267/2000, in base ad un modello, tuttavia, non utilizzabile per la gestione di un servizio pubblico locale a rilevanza economica; né potrebbe invocarsi il modello dell’affidamento in house.

Si è costituita in giudizio la Regione Toscana, depositando una memoria integrativa, con allegata documentazione, e chiedendo la reiezione del ricorso, previa reiezione dell’istanza cautelare.

Si è costituito in giudizio, altresì, il Comune di Arezzo, depositando a sua volta una memoria con documentazione allegata e concludendo per la reiezione del ricorso, previa reiezione della domanda di sospensione.

Nella Camera di consiglio del 5 novembre 2009 il Collegio, ritenuto ad un primo sommario esame che il ricorso non presentasse profili di merito suscettibili di valutazione favorevole, con ordinanza n. 845/2009 ha respinto l’istanza cautelare.

Con motivi aggiunti depositati in data 21 gennaio 2010 – e proposti anche come ricorso autonomo, rubricato al. n. 93/2010 del Registro Generale – i ricorrenti hanno chiesto l’annullamento, previa sospensione, della deliberazione del Consiglio Comunale di Arezzo n. 191 del 26 novembre 2009, con cui è stato disposto l’affidamento in gestione della nuova sede farmaceutica alla società mista pubblicoprivata A.F.M. S.p.A., nonché di tutti i suoi allegati, ivi compreso il contratto di servizio stipulato tra il Comune di Arezzo e la predetta società.

Dopo aver ripercorso i punti salienti della vicenda (sopra illustrati), hanno dedotto, a supporto dei motivi aggiunti, le seguenti doglianze:

– violazione degli artt. 113 e 116 del d.lgs. n. 267/2000, dell’art. 23bis del d.l. n. 112/2008 (conv. con l. n. 133/2008), come modificato dall’art. 15 del d.l. n. 135/2009, convertito con l. n. 166/2009, nonché eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, difetto del presupposto e carenza di motivazione, giacché il Comune avrebbe erroneamente invocato l’art. 116 del d.lgs. n. 267/2000 al fine di giustificare le proprie scelte, senza considerare che il servizio farmaceutico è un servizio pubblico locale con rilevanza economica ex art. 113 del d.lgs. n. 267 cit.; inoltre, avrebbe violato il nuovo testo dell’art. 23bis cit. (come modificato dal d.l. n. 135/2009), entrato in vigore prima della deliberazione impugnata e che per la gestione delle farmacie comunali ha fatto salva l’applicazione della l. n. 475/1968, non conformandosi ai modelli gestionali previsti dalla l. n. 475 cit. (in specie, a quello della società da costituire tra il Comune ed i farmacisti in servizio presso le farmacie di cui il Comune stesso avesse la titolarità), ma individuando un regime gestionale (affidamento senza gara a società mista pubblicoprivata) del tutto incompatibile con siffatti modelli;

– in subordine, ulteriore violazione dell’art. 23bis del d.l. n. 112/2008, come modificato dall’art. 15 del d.l. n. 135/2009, convertito con l. n. 166/2009, ed ulteriore eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, difetto del presupposto e carenza di motivazione, perché l’affidamento senza gara della gestione della nuova sede farmaceutica all’A.F.M. S.p.A. si porrebbe in grave contrasto con la disciplina sull’affidamento dei servizi pubblici locali ex art. 23bis cit.;

– in via ulteriormente subordinata, violazione dell’art. 23bis, comma 8, del d.l. n. 112/2008, come modificato dall’art. 15 del d.l. n. 135/2009, convertito con l. n. 166/2009, perché l’affidamento del servizio farmaceutico all’A.F.M. S.p.A. ha una durata di venticinque anni a decorrere dal 20 luglio 2001, in contrasto con i termini di scadenza del regime transitorio degli affidamenti dettati dall’art. 23bis, comma 8, cit..

La Regione Toscana ed il Comune di Arezzo si sono costituiti nel giudizio instaurato con il ricorso autonomo (recante riproposizione dei motivi aggiunti) R.G. n. 93/2010. In particolare, il Comune ha depositato un’ulteriore memoria, con documentazione allegata, opponendosi alla concessione della richiesta tutela cautelare ed insistendo per la reiezione del ricorso.

Si è costituita in giudizio, altresì, l’A.F.O. (A.F.M.) S.p.A., depositando una memoria con cui ha eccepito, in via preliminare, l’inammissibilità del gravame per carenza di interesse a ricorrere in capo agli odierni ricorrenti. Ha inoltre eccepito nel merito l’infondatezza del gravame, chiedendone la reiezione, previo rigetto dell’istanza cautelare.

Nella Camera di consiglio del 4 febbraio 2010 i ricorrenti hanno rinunciato alla sospensiva.

Con successiva ordinanza presidenziale n. 2/2010 del 19 marzo 2010, in accoglimento dell’istanza istruttoria depositata dai ricorrenti in data 18 marzo 2010, è stato disposto incombente istruttorio, ordinandosi alla Regione Toscana ed al Comune di Arezzo il deposito della documentazione idonea a comprovare l’esercizio, da parte del Comune, della prelazione circa la sede farmaceutica n. 1, ed in particolare dell’atto di offerta in prelazione della suddetta sede al Comune, e della deliberazione del Consiglio Comunale di Arezzo 28 febbraio 1977, n. 156.

Il Comune di Arezzo e la Regione Toscana hanno ottemperato con depositi, rispettivamente, del 1° e del 13 aprile 2010.

In data 24 maggio 2010 i ricorrenti hanno depositato ulteriore ricorso per motivi aggiunti, recante impugnazione dei documenti depositati dalla Regione e dal Comune in ottemperanza all’istruttoria e, specificamente, della nota del medico provinciale di Arezzo prot. n. R/54 del 10 gennaio 1976 e della deliberazione del Consiglio Comunale di Arezzo 28 febbraio 1977, n. 156.

Osservato di aver avuto conoscenza di tali atti solo a seguito del deposito eseguito dalle controparti e ripercorsi gli antefatti della controversia, i ricorrenti hanno dedotto a supporto dei motivi aggiunti le seguenti censure:

– violazione del d.P.R. n. 4/1972, degli artt. 1, 3 e 4 della l.r. n. 11/1972 e della tabella A), allegata alla l.r. n. 55/1973, incompetenza assoluta del medico provinciale di Arezzo, in quanto l’impugnata nota del medico provinciale sarebbe illegittima, spettando la competenza per l’offerta in prelazione delle sedi farmaceutiche di nuova istituzione, alla Giunta Regionale (o al Presidente della Regione, in esecuzione degli atti della Giunta), e non al medico provinciale;

– violazione degli artt. 1 e ss. della l.r. n. 79/1975, inesistenza della prelazione prevista dagli artt. 9 e 10 della l. n. 475/1968, in quanto la deliberazione del Consiglio Comunale n. 156 del 1977 sarebbe illegittima sia perché adottata a compimento di un procedimento attivato da organo incompetente (il medico provinciale), sia perché la sede farmaceutica n. 1 sarebbe stata trasferita ex lege – e non per effetto di prelazione – nella titolarità definitiva del Comune di Arezzo.

I ricorrenti hanno poi riproposto le censure basate sulla violazione, ad opera dell’atto di affidamento della sede farmaceutica n. 25 all’A.F.M. S.p.A., dell’art. 23bis del d.l. n. 112/2008 (convertito con l. n. 133/2008), già formulate con i precedenti motivi aggiunti.

In vista dell’udienza pubblica del 4 giugno 2010, la Regione Toscana ed il Comune di Arezzo – che avevano depositato memorie – hanno presentato istanza di rinvio della trattazione, per consentire il rispetto dei termini a difesa in seguito al deposito di nuovi motivi aggiunti. L’istanza è stata accolta e, per l’effetto, l’udienza è stata rinviata.

In prossimità della nuova udienza, tutte le parti hanno depositato memorie (nonché la Regione dei documenti ed il Comune un’ulteriore replica), insistendo nelle rispettive conclusioni.

All’udienza pubblica del 20 gennaio 2011 ambedue i ricorsi sono stati trattenuti in decisione.

Motivi della decisione

Con i ricorsi in epigrafe indicati i ricorrenti lamentano, in sintesi, che illegittimamente la Regione Toscana ed il Comune di Arezzo avrebbero sottratto all’assegnazione mediante pubblico concorso la sede farmaceutica n. 25 del territorio di Arezzo – di nuova istituzione – consentendo al predetto Comune di esercitare per detta sede la prelazione prevista dall’art. 9 della l. n. 475/1968. Dal canto suo, il Comune avrebbe poi proceduto all’affidamento diretto della gestione della sede farmaceutica in discorso all’A.F.M. S.p.A., in violazione dei modelli gestionali ex art. 9 cit., nonché delle regole procedurali e sostanziali desumibili dall’art. 23bis della l. n. 133/2008, nel testo modificato dalla l. n. 166/2009, applicabile ratione temporis agli atti del Comune oggetto di impugnazione.

In via preliminare, si dispone la riunione dei predetti ricorsi, attese le palesi connessioni soggettive ed oggettive esistenti tra gli stessi.

Va, anzitutto, scrutinato il ricorso originario rubricato al n. 1617/2009 del R.G., con cui si contesta la legittimità dell’esercizio della prelazione sulla sede farmaceutica n. 25 da parte del Comune di Arezzo, sia perché, secondo la regola dell’alternanza ex art. 9 cit., siffatta sede non avrebbe dovuto esser offerta in prelazione, ma messa a concorso (primo motivo), sia perché, comunque, la predetta prelazione sarebbe stata tardivamente esercitata (secondo motivo), sia, ancora, perché la prelazione sarebbe insufficientemente motivata e violativa del principio di proporzionalità e dei principi di cui all’art. 23bis del d.l. n. 112/2008, conv. con l. n. 133/2008 (terzo e quarto motivo).

In ordine a tali doglianze, non possono sussistere quei dubbi di ammissibilità che formano, invece, oggetto di apposita eccezione avanzata dall’A.F.M. S.p.A. in relazione ai motivi aggiunti depositati il 21 gennaio 2010 (riproposti anche come ricorso autonomo rubricato al n. 93/2010 del R.G.). Non può sussistere, infatti, alcun dubbio circa l’interesse dei ricorrenti a contestare il legittimo esercizio della prelazione da parte del Comune di Arezzo, in favore di una soluzione che implicasse, invece, la messa a concorso della sede farmaceutica per cui è causa. Peraltro, la trattazione di tali doglianze non può essere disgiunta, sul piano logicogiuridico, da quella dei motivi aggiunti depositati in data 24 maggio 2010, nella parte in cui (primo e secondo motivo aggiunto) si impugnano con essi la nota del medico provinciale di Arezzo prot. n. R/54 del 10 gennaio 1976 e la deliberazione del Consiglio Comunale di Arezzo 28 febbraio 1977, n. 156: anche questi ultimi sono, infatti, per quanto si vedrà subito, atti che concernono la correttezza e la legittimità dell’esercizio della prelazione per la nuova sede farmaceutica da parte del Comune di Arezzo, quale momento che precede, sotto i profili logico e giuridico, l’affidamento all’A.F.M. S.p.A. della gestione della sede stessa.

Sul punto, i ricorrenti effettuano un’ampia ricostruzione della vicenda, muovendo dall’assunto per cui, nel caso di specie, la regola dell’alternanza ex art. 9, terzo comma, della l. n. 475/1968 sarebbe stata applicata illegittimamente. Prima di esaminare nel dettaglio la doglianza, è, perciò, necessario richiamare la norma in esame, che, in combinato disposto con gli altri commi del medesimo art. 9, detta la disciplina da seguire per l’assegnazione delle farmacie che si rendono vacanti e di quelle di nuova istituzione a seguito della revisione della pianta organica delle farmacie stesse. Stabilisce, in particolare, l’art. 9, primo comma, cit. che la titolarità delle suindicate farmacie (vacanti, o di nuova istituzione) può essere assunta per metà dal Comune; il terzo comma, dal canto suo, stabilisce che, quando la farmacia sia unica, la prelazione si esercita alternativamente al concorso, tenendo presenti le prelazioni previste nei commi precedenti (primo e secondo) per fissare l’inizio dell’alternanza. Il che vuol dire – in disparte l’irrilevanza, nella vicenda in esame, della prelazione prevista dall’art. 9, secondo comma, della l. n. 475 cit. – che la titolarità di metà delle farmacie può essere assunta dal Comune tramite prelazione, mentre l’altra metà è disponibile per l’esercizio privato, calcolandosi la metà stessa sul flusso delle farmacie che si rendono vacanti e di nuova istituzione. Pertanto, in base al criterio dell’alternanza, dall’art. 9, terzo comma, cit., si desume che, ove la sede da assegnare sia unica, si partirà dalla prelazione, cui farà poi seguito il concorso, proseguendo nell’alternanza tra le due modalità di assegnazione. Se, poi, le sedi da assegnare siano più di una e siano dispari, il quarto comma dell’art. 9 precisa che l’unità eccedente spetterà al Comune.

Orbene, secondo la ricostruzione dei ricorrenti, la prima occasione in cui sarebbe stata applicata la regola dell’alternanza nel senso poc’anzi esposto, cioè dell’inizio dell’alternanza inteso come prima disponibilità di una sede da offrire, ex art. 9 cit., in prelazione al Comune di Arezzo, si ebbe con la deliberazione del Consiglio Regionale della Toscana n. 546 del 21 settembre 1976, che avrebbe reso disponibile, quale unica sede farmaceutica, la sede n. 23: in relazione a questa sede, pertanto, per la prima volta si sarebbe applicata la regola della previa offerta in prelazione al Comune di Arezzo (ai sensi dello schema dell’inizio dell’alternanza sopra ricordato), anche se poi nel concreto il Comune non avrebbe esercitato la prelazione, con il corollario che la sede venne messa a concorso. In epoca successiva furono poi assegnate due sedi, la n. 14 e la n. 24 (di cui una in prelazione e l’altra tramite concorso), sicché, quando si è posta l’esigenza di assegnare la titolarità della sede n. 25, si sarebbe trattato – ad avviso dei ricorrenti – della seconda volta (dopo quella del 1976) in cui si prospettava l’assegnazione di un’unica farmacia di nuova istituzione (e senza altre vacanti): ne deriverebbe, in base alla regola dell’alternanza, che questa volta la sede farmaceutica avrebbe dovuto essere messa a concorso per l’esercizio privato (e non offerta in prelazione al Comune di Arezzo) e ciò, tanto più che il predetto Comune, avendo esercitato la prelazione già per sede n. 24, non avrebbe potuto pure esercitarla per quella immediatamente successiva, in palese violazione della regola dell’alternanza sopra enunciata.

Nelle successive memorie e nei motivi aggiunti (in particolare, quelli depositati il 24 maggio 2010) i ricorrenti tornano sull’argomento, per contestare gli assunti difensivi formulati in proposito dalle controparti. Eccepiscono queste ultime, infatti, che nel 1976 si sarebbe proceduto all’assegnazione non di una, ma di due sedi farmaceutiche, la n. 1 e la n. 23 – oggetto, rispettivamente, di prelazione da parte del Comune di Arezzo e di assegnazione tramite concorso – sicché, in realtà, è in occasione dell’assegnazione della sede n. 25 che per la prima volta si sarebbe determinata la situazione di una sola sede disponibile da assegnare e, di conseguenza, si sarebbe dato inizio all’alternanza seguendo il criterio ex art. 9 cit., che prescrive di partire dall’offerta in prelazione al Comune. In tutte le altre occasioni, invece – ed in particolare nel 1976 – le sedi da assegnare sarebbero state due, tanto che i ricorrenti sarebbero incorsi in un grosso equivoco nel ritenere che il Comune di Arezzo non avesse esercitato la prelazione sulla sede n. 23, che solo in conseguenza di tale rinuncia sarebbe stata messa a concorso: in realtà – eccepiscono le controparti ed in particolare la Regione – è proprio perché il Comune di Arezzo ebbe a esercitare la prelazione sulla sede n. 1, che la sede n. 23 venne assegnata tramite concorso, senza che per tale sede vi fosse mai stata alcuna rinunzia alla prelazione da parte del medesimo Comune. A detta obiezione i ricorrenti replicano che, in realtà, il Comune di Arezzo avrebbe acquisito la titolarità della sede farmaceutica n. 1 al di fuori della prelazione ex art. 9 della l. n. 475 cit., con trasferimento ex lege della titolarità al Comune stesso dopo un periodo di gestione provvisoria, in applicazione dell’art. 2 della l.r. n. 79/1975: la sede n. 1, infatti, corrisponderebbe ad una farmacia esterna ad Ente ospedaliero (l’Ospedale generale provinciale S. Maria sopra i Ponti di Arezzo) e quindi rientrerebbe tra le farmacie per le quali era previsto il trasferimento ex lege della titolarità alle Amministrazioni comunali, senza che queste ultime avessero alcuna facoltà di scelta in ordine all’opportunità o meno di acquisirle.

Le argomentazioni dei ricorrenti non possono essere condivise.

Ed invero, a supporto delle proprie tesi i ricorrenti invocano la deliberazione della Giunta Regionale della Toscana n. 8804 del 10 settembre 1980, che dispose il trasferimento ai Comuni della titolarità e della gestione delle farmacie esterne (aperte al pubblico) di cui erano titolari gli Enti ospedalieri, in concomitanza con la devoluzione delle funzioni dei predetti Enti alle costituende Unità Sanitarie Locali: si tratta, tuttavia, di un richiamo palesemente inconferente, giacché l’acquisto della titolarità della sede farmaceutica n. 1 – sia avvenuto al di fuori (come sostengono i ricorrenti) o nell’esercizio (come replica la Regione) della prelazione ex art. 9 della l. n. 475/1968 – si è, comunque, verificato in epoca ben anteriore alla suddetta deliberazione della Giunta Regionale del 1980. Infatti l’elenco, che fa quest’ultima, delle farmacie trasferite ope legis ai Comuni non reca nessuna menzione della sede n. 1 di Arezzo (v. doc. 1 depositato dalla Regione il 10 dicembre 2010).

Ben consapevoli di ciò, i ricorrenti obiettano che, in realtà, nel caso di specie si sarebbe trattato di un provvedimento anticipatorio della deliberazione n. 8804/1980 cit., adottato in applicazione della l.r. n. 79/1975 e resosi necessario per evitare interruzioni del servizio farmaceutico, o rinunce alla sua effettuazione da parte degli Enti ospedalieri. Tale intervento anticipatorio – come già accennato – si sarebbe risolto nella previsione (con deliberazione della Giunta Regionale n. 3744 del 15 aprile 1976) di una gestione provvisoria della sede farmaceutica n. 1 da parte del Comune di Arezzo, cui sarebbe seguito il conferimento, con deliberazione della Giunta Regionale n. 9906 del 16 novembre 1977, della titolarità definitiva della predetta sede al Comune, secondo lo schema del trasferimento ope legis, anticipatorio (si ribadisce) della deliberazione della Giunta n. 8804/1980. L’obiezione è, tuttavia, smentita per tabulas dalla stessa documentazione invocata dai ricorrenti, in particolare dalla citata deliberazione della Giunta Regionale n. 9906 del 16 novembre 1977 (v. doc. 20, depositato il 18 marzo 2010): quest’ultima, infatti, richiama espressamente nelle sue premesse la deliberazione del Consiglio Comunale di Arezzo n. 156 del 28 febbraio 1977 "con la quale è stato esercitato per la predetta sede" – e cioè la sede farmaceutica n. 1 – "il diritto di prelazione previsto dagli artt. 9 e 10 della legge 2.4.1968, n. 475". In base al medesimo documento che i ricorrenti pretendono di addurre a fondamento delle proprie tesi, non possono, perciò, esservi dubbi sul fatto che l’acquisto, da parte del Comune di Arezzo, della titolarità della sede farmaceutica n. 1 è avvenuto secondo la disciplina dell’art. 9 della l. n. 475 cit. e, quindi, con l’esercizio del diritto di prelazione ivi previsto; in nessun modo si può, invece, ritenere che detto trasferimento sia avvenuto sulla base di ipotetici e del tutto inverosimili provvedimenti anticipatori di una deliberazione della Giunta Regionale (la n. 8804 del 1980) che sarebbe sopraggiunta circa tre anni dopo. Di tali provvedimenti anticipatori, del resto, – come giustamente osserva la Regione Toscana nelle sue difese – non si rinviene alcuna traccia negli atti di causa.

Certo, si potrebbe obiettare che altrettanta chiarezza non è rinvenibile nella già citata deliberazione n. 3744 del 15 aprile 1976, che affidò al Comune di Arezzo la gestione provvisoria della sede n. 1, senza specificare quale sarebbe stato il contesto normativo, in base al quale si sarebbe poi proceduto al "definitivo trapasso dell’esercizio farmaceutico in parola" al Comune stesso. A ben vedere, però, la deliberazione in esame è atto estraneo al vero e proprio procedimento che ha portato al "trapasso" della sede farmaceutica n. 1 in capo al Comune di Arezzo: gli atti di tale procedimento, invece, non lasciano dubbi sul fatto che il "trapasso" (id est l’acquisto della titolarità) sia avvenuto in base alla l. n. 475/1968. In questo senso depongono gli atti richiamati dalla Regione nelle sue ultime difese e precisamente:

– la deliberazione del Consiglio Regionale n. 546 del 21 settembre 1976, recante la revisione della pianta organica delle farmacie del Comune di Arezzo;

– la deliberazione della Giunta Regionale n. 13402 del 15 dicembre 1976, con cui furono dichiarate vacanti o di nuova istituzione "a norma dell’art. 10 della legge 2.4.1968, n. 475", tra le altre, le sedi farmaceutiche nn. 1 e 23 del Comune di Arezzo;

– la nota del Medico Provinciale di Arezzo prot. n. R/54 del 10 gennaio 1977, con cui il Comune di Arezzo veniva informato della possibilità di esercitare la prelazione ex art. 9 della l. n. 475/1968 in ordine alle sedi in discorso: nota, il cui carattere meramente esecutivo di precedenti determinazioni regionali emerge con palmare evidenza dalla sua semplice lettura;

– la deliberazione del Consiglio Comunale di Arezzo n. 156 del 28 febbraio 1977, che non può dar luogo a nessun equivoco sul significato da attribuirle quale atto di esercizio della prelazione ex art. 9 cit. relativamente alle sede farmaceutica n. 1;

– la già vista e decisiva deliberazione della Giunta Regionale n. 9906/1977, quale provvedimento di presa d’atto dell’esercizio della prelazione e conseguente autorizzazione del Comune di Arezzo ad esercitare in via definitiva la farmacia oggetto della prelazione stessa.

I ricorrenti cercano di contestare la sequenza procedimentale ora delineata, evidenziando le carenze da cui sarebbe affetta la deliberazione del Consiglio Comunale di Arezzo n. 156/1977: questa non potrebbe valere quale atto di esercizio della prelazione ex art. 9 cit., per non avere essa indicato gli oneri ricadenti sul Comune in caso di esercizio della prelazione stessa, ai sensi dell’art. 110 del r.d. n. 1265/1934, e per aver essa richiamato la deliberazione della Giunta Regionale n. 13402/1976, la quale, però, non indicherebbe né le sedi offerte in prelazione, né il loro numero. Quest’ultimo punto è, tuttavia, pacificamente smentito dalla semplice lettura della deliberazione n. 13402 cit. (v. doc. 21 dei ricorrenti), che, come già esposto, al punto 1) dichiara vacanti o di nuova istituzione l’elenco di farmacie riportato nell’allegato alla deliberazione stessa, costituente parte integrante di essa: orbene tale elenco si apre proprio con le farmacie del Comune di Arezzo, cioè la n. 1 e la n. 23. Quanto poi alla mancata indicazione degli oneri ex art. 110 del r.d. n. 1265/1934, si tratta, al più, di un vizio da cui è affetta la deliberazione del Consiglio Comunale n. 156 cit., e non certo di una carenza tale da far escludere che la deliberazione stessa sia l’atto di esercizio della prelazione, come invece indica, in termini assolutamente inequivoci, la sua lettura. In ogni caso, le doglianze ora viste, nonché tutte le altre doglianze formulate dai ricorrenti nei riguardi della predetta deliberazione, così come quelle formulate avverso la citata nota del medico provinciale del 10 gennaio 1977 (in specie, la doglianza di incompetenza) sono certamente inammissibili, in quanto rivolte avverso atti endoprocedimentali, di per sé non immediatamente lesivi, senza che, però, sia mai stato impugnato l’atto conclusivo del relativo procedimento e cioè – come già detto – la deliberazione della Giunta Regionale n. 9906 del 16 novembre 1977.

Sul punto, si rammenta il costante insegnamento giurisprudenziale (cfr. da ultimo T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, 2 luglio 2010, n. 16547) secondo cui i vizi degli atti endoprocedimentali, non dotati di autonoma lesività, possono essere fatti valere solo in via derivata, impugnando il provvedimento finale, nonché l’ulteriore insegnamento, secondo cui la mancata od invalida impugnazione dell’atto conclusivo del procedimento, così come la reiezione dell’impugnazione stessa, rende improcedibile il ricorso avverso gli atti precedentemente gravati (cfr. T.A.R. Sardegna, Sez. II, 14 luglio 2007, n. 1637; nel caso ora in esame, peraltro, si deve parlare di inammissibilità, essendo l’atto conclusivo del procedimento – la deliberazione n. 9906 cit. – ben anteriore al momento della proposizione dei ricorsi).

Il profilo di inammissibilità appena illustrato è dirimente e consentirebbe di prescindere dall’esame dell’ulteriore e concorrente profilo della tardività delle doglianze stesse. Nondimeno, anche questo ulteriore profilo sembra del pari sussistente, quantomeno per l’impugnazione con i motivi aggiunti della deliberazione del Consiglio Comunale di Arezzo n. 156/1977: quest’ultimo era, infatti, un atto soggetto a regime di pubblicità legale, come si evince dalla circostanza che in ambedue le copie di esso depositate (rispettivamente, dal Comune di Arezzo e dalla Regione), si intravede, anche se solo in minima parte, il timbro concernente la pubblicazione della deliberazione stessa, presumibilmente mediante affissione all’Albo Pretorio comunale. Vero è che, non potendosi leggere su nessuna delle due copie l’intera formula apposta con timbro, quella della pubblicazione della deliberazione de qua mediante affissione all’Albo pretorio comunale resta un’ipotesi: la sua verosimiglianza, tuttavia, ad avviso del Collegio è sufficiente ad escludere che, nel caso di specie, vi siano gli estremi dell’errore scusabile, vanamente invocato dai ricorrenti, nella loro memoria finale, per fronteggiare l’eccezione di tardività sul punto formulata dal Comune e dalla Regione.

Provando a tirar le somme di quanto finora esposto, si deve, dunque, concludere per l’infondatezza del primo motivo del ricorso originario rubricato al n. 1617/2009 di R.G.: se, infatti, il Comune di Arezzo ebbe ad esercitare, nel procedimento più sopra ampiamente illustrato, la prelazione ex art. 9 della l. n. 475/1968 per la sede farmaceutica n. 1, ne discende che è in occasione dell’assegnazione della sede farmaceutica per cui è causa – la n. 25 di Arezzo – che per la prima volta si è determinata quella la situazione (una sola sede disponibile da assegnare), in presenza della quale scatta il criterio dell’alternanza secondo il metodo dell’art. 9 cit., il quale impone di partire dall’offerta in prelazione all’Amministrazione comunale. Conseguentemente, è destituita di qualunque fondamento la tesi dei ricorrenti secondo cui la sede in questione non avrebbe dovuto esser offerta in prelazione, ma messa a concorso per l’esercizio privato: per questo aspetto, al contrario, l’esercizio della prelazione per la sede farmaceutica n. 25 da parte del Comune di Arezzo appare immune da censure.

È parimenti infondato il secondo motivo del ricorso originario rubricato al n. 1617/209 di R.G., che, anzi, risulta completamente pretestuoso. Ed invero, secondo i ricorrenti, l’esercizio della prelazione per la sede farmaceutica n. 25 da parte del Comune di Arezzo sarebbe tardivo perché effettuato oltre il termine di sessanta giorni all’uopo previsto dall’art. 19 della l.r. n. 16/2000, con il corollario che il Comune sarebbe comunque decaduto dalla suddetta prelazione. I ricorrenti, tuttavia, non forniscono alcun principio di prova a sostegno delle proprie affermazioni: essi si limitano ad invocare la prassi dell’utilizzo del fax da parte della P.A., per dedurne – a titolo, però, di mera illazione – che in data 14 aprile 2009 la Regione Toscana avrebbe anticipato via fax il decreto regionale n. 1509/2009, con cui si offriva in prelazione al Comune di Arezzo la sede farmaceutica n. 25, con il corollario che il termine per l’esercizio della prelazione stessa sarebbe scaduto il 13 giugno 2009, mentre il Comune l’ha esercitata con deliberazione del 17 giugno 2009. L’illazione de qua, tuttavia – va ribadito – non risulta assistita dal benché minimo supporto probatorio, neppure, ad es., per effetto di una specifica istanza di accesso agli atti: è, dunque, agevole per le controparti (ed in particolare per il Comune di Arezzo) replicare che, nel caso di specie, non si è verificata alcuna decadenza e che l’esercizio della prelazione è stato tempestivo, in quanto intervenuto nei sessanta giorni dalla ricezione – il 20 aprile 2009 – della nota regionale che recava il citato decreto n. 1509/2009 (cfr. doc. 1bis del Comune di Arezzo). Donde l’infondatezza della censura.

Da ultimo, sono infondati il terzo ed il quarto motivo del ricorso originario, atteso che:

– anche a prescindere dal richiamo, effettuato dalla Regione, a quella giurisprudenza che esclude la necessità di una motivazione espressa per l’esercizio della prelazione, nella fattispecie ora in esame il predetto esercizio da parte del Comune di Arezzo (tramite la deliberazione della Giunta Comunale n. 366 del 17 giugno 2009) risulta adeguatamente motivato. La deliberazione n. 366 cit., infatti, reca un’ampia indicazione delle ragioni per cui, ad avviso del Comune, si rende necessaria ed opportuna la gestione della nuova sede a mezzo della titolarità comunale e non per esercizio privato; in specie, essa elenca i servizi e le prestazioni che la titolarità comunale dell’autorizzazione farmaceutica può assicurare, sotto i profili dell’assistenza farmaceutica e della prevenzione ed educazione sanitaria, in aggiunta rispetto all’attività di normale erogazione dei farmaci svolta dalla generalità delle farmacie (per es., svolgimento volontario e per tutto l’anno del servizio notturno; promozione ed adesione ai progetti di consegna dei farmaci a domicilio, in favore di cittadini disagiati, senza oneri diretti per il paziente). Proprio in relazione a tali servizi aggiuntivi, risulta, perciò, del tutto infondata la censura, dedotta con il terzo motivo dell’atto introduttivo, per cui non sarebbero indicate le ragioni di ordine sociale che rendono preferibile la gestione comunale;

– inconferente è il richiamo, del pari contenuto nel terzo motivo, al principio di proporzionalità, in quanto l’attribuzione del diritto potestativo di prelazione al Comune è un’opzione del Legislatore, il quale ha, del resto, attraverso il già delineato meccanismo dell’alternanza, tenuto conto anche delle aspettative dei privati all’assegnazione delle sedi farmaceutiche vacanti o di nuova istituzione con pubblico concorso. Pertanto, il problema si riduce, al più, ad una questione di motivazione adeguata della scelta del Comune di esercitare o no la prelazione, con il ché non resta che rimandare a quanto già detto al punto precedente;

– con riferimento, infine, alle censure di violazione dell’art. 23bis del d.l. n. 112/2008 e dei principi comunitari di concorrenza, dedotte sia con il terzo, sia con il quarto motivo, deve rilevarsi che esse sono il frutto di un equivoco, in quanto spostano sul distinto procedimento per l’esercizio del diritto di prelazione doglianze da formulare, casomai, avverso il successivo ed autonomo procedimento di affidamento della gestione della sede n. 25 ad opera del Comune di Arezzo. Si è già detto, infatti – e deve qui ribadirsi, in accordo con le osservazioni esposte sul punto dalla difesa comunale – che una cosa è la titolarità dell’autorizzazione farmaceutica, rilasciata dalla Regione competente per effetto del perfezionamento delle condizioni di cui alla l. n. 475/1968, altra cosa è la gestione della relativa azienda. A dimostrazione di ciò, si osserva che è lo stesso art. 9, primo comma, della l. n. 475/1968 a distinguere tra titolarità delle farmacie che si rendono vacanti, o sono istituite ex novo a seguito di revisione della pianta organica, e gestione delle farmacie stesse, che può avvenire in base ad uno dei modelli elencati dal predetto art. 9, primo comma (la cui applicazione alle farmacie comunali è fatta salva dall’art. 23bis, comma 1, del d.l. n. 112/2008, nel testo risultante dalle modifiche apportatevi con l. n. 166/2009). Donde l’infondatezza anche di queste altre censure e, con esse, del complessivo ricorso originario rubricato al n. 1617/2009 del Registro Generale.

Venendo ora, per le ragioni di connessione logicogiuridica più sopra esposte, a trarre le conclusioni dalle considerazioni finora illustrate in riferimento ai motivi aggiunti depositati il 24 maggio 2010, il Collegio non può che richiamarsi alla constatazione, prima riportata, che, ad oggi, i ricorrenti non risultano avere impugnato l’atto conclusivo del procedimento di esercizio della prelazione, da parte del Comune di Arezzo, per la sede farmaceutica n. 1 (e cioè la deliberazione della Giunta Regionale n. 9906/1977). Detta constatazione conduce inevitabilmente all’inammissibilità dei succitati motivi aggiunti, nella parte in cui vengono con essi impugnate la nota del medico provinciale prot. n. R/54 del 10 gennaio 1977 e la deliberazione del Consiglio Comunale di Arezzo n. 156/1977: ciò, senza peraltro dimenticare che l’impugnazione di tale deliberazione sarebbe comunque irricevibile, perché ingiustificatamente tardiva.

Così delineata la legittimità dell’esercizio, da parte del Comune di Arezzo, dell’esercizio del diritto di prelazione ex art. 9 della l. n. 468/1975 per la sede farmaceutica n. 25, di nuova istituzione, deve ora passarsi all’esame delle censure volte a contestare un profilo dell’operato della P.A. distinto dal primo e posteriore ad esso: quello dell’affidamento, da parte del citato Comune, della gestione della suindicata sede farmaceutica all’A.F.M. S.p.A., quale società mista già individuata come affidataria della gestione del servizio farmaceutico espletato attraverso le farmacie comunali nel territorio del Comune di Arezzo. Si tratta, in altre parole, delle doglianze dedotte con i motivi aggiunti depositati il 21 gennaio 2010 – proposti anche come autonomo ricorso, rubricato al n. 93/2010 di R.G. – e con l’ultimo motivo aggiunto (lett. C) depositato il 24 maggio 2010.

In proposito, il Collegio ritiene di dover condividere l’eccezione di inammissibilità formulata dalla difesa dell’A.F.M. S.p.A., da articolare e precisare nei termini di seguito esposti.

In estrema sintesi, i ricorrenti contestano la scelta del Comune, di affidare (anche) la gestione della sede farmaceutica n. 25, di nuova istituzione, alla predetta società mista, in quanto si tratterebbe di scelta: a) non rispettosa dell’art. 9 della l. n. 475/1968, in quanto difforme dai modelli gestionali ivi elencati ed ammessi; b) illegittima, in quanto frutto di un equivoco nella configurazione del servizio farmaceutico quale servizio ricompreso nell’art. 116 del d.lgs. n. 267/2000, anziché quale servizio a rilevanza economica; c) non rispettosa delle regole procedimentali stabilite dall’art. 23bis cit., e dei principi (sostanziali) sottesi a siffatte regole; c) in ogni caso, non conforme ai principi comunitari in materia di concorrenza e mercato. Ciò, partendo dall’assunto che nel caso di specie, per conformarsi ai principi e regole ora indicati, il Comune di Arezzo non avrebbe potuto far altro che scegliere, tra i modelli gestionali ex art. 9, primo comma, della l. n. 475/1968, quello elencato alla lett. d), e cioè la società di capitali costituita tra il Comune ed i farmacisti che, al momento della costituzione della società stessa, prestino servizio in farmacie di cui il Comune abbia la titolarità.

Sul punto, deve però evidenziarsi che, una volta che il Comune di Arezzo, tramite l’esercizio della prelazione ex art. 9 cit., ha legittimamente sottratto la nuova sede farmaceutica all’esercizio privato, nessun interesse dei ricorrenti è ravvisabile circa la scelta, ad opera del predetto Comune, dell’uno o dell’altro modello gestionale. Come rileva del tutto condivisibilmente la difesa dell’A.F.M. S.p.A., anche se la deliberazione comunale di affidamento alla stessa società della gestione della sede n. 25 si rivelasse illegittima, la predetta sede resterebbe nella titolarità del Comune, il quale dovrebbe solo determinarsi diversamente nella scelta del modello di gestione di essa, pervenendo ad una soluzione gestionale differente da quella fatta propria con la deliberazione gravata, ma che, in ogni caso, tenga ferma l’esclusione dell’esercizio privato. Risulta, perciò, altrettanto condivisibile la conclusione cui perviene la medesima difesa, lì dove eccepisce la carenza di interesse ad agire dei ricorrenti, i quali non ricaverebbero alcun beneficio dall’annullamento dell’impugnata deliberazione di affidamento. A ben guardare, peraltro, i ricorrenti sono sprovvisti, sul punto, anche della legittimazione ad agire, giacché, secondo un condivisibile orientamento giurisprudenziale (cfr. T.A.R. Sardegna, Sez. II, 18 maggio 2007, n. 971; T.A.R. Abruzzo, Pescara, 7 dicembre 2001, n. 1149; T.A.R. Marche, 21 aprile 2000, n. 679), i titolari delle farmacie esistenti hanno un interesse di mero fatto, giuridicamente non tutelato, ad impugnare i provvedimenti con i quali il Comune, dopo essere divenuto titolare di una farmacia di nuova istituzione per effetto dell’esercizio del diritto di prelazione, attivi le procedure finalizzate alla sua gestione. Donde l’inammissibilità delle doglianze volte a contestare le modalità di affidamento della gestione della sede farmaceutica di nuova istituzione, una volta legittimamente esercitata su di essa la prelazione ad opera del Comune resistente.

Nemmeno potrebbe replicarsi invocando il modello gestionale ex art. 9, primo comma, lett. d), della l. n. 475/1968, sopra ricordato. Si tratta, infatti, di modello gestionale che presuppone un rapporto di dipendenza tra Amministrazione comunale e farmacista, cui risultano estranei i farmacisti ricorrenti e che sembra incompatibile con la sfera di interessi collettivi alla cui tutela è preposta l’associazione ricorrente. In ogni caso, il Comune di Arezzo ha eccepito in proposito che il modello gestionale ex art. 9, primo comma, lett. d), della l. n. 475 cit. presuppone una pregressa situazione di gestione in economia della farmacia comunale: gestione in economia che, sebbene possibile in base alla lett. a) del medesimo primo comma, non è stata mai praticata dal Comune. In altri termini, il modello ex art. 9, primo comma, lett. d), cit., comporta che vi sia stata una gestione in economia delle farmacie comunali (o della farmacie comunale) e che da essa si passi alla gestione tramite la succitata società di capitali. La difesa comunale eccepisce, però – senza incontrare in proposito contestazione alcuna da parte dei ricorrenti (art. 64, comma 2, del d.lgs. n. 104/2010) – che nel caso di specie una simile soluzione non è praticabile, non avendo mai il Comune di Arezzo gestito alcuna farmacia comunale sulla base del modello della gestione in economia, ma essendo passato dall’azienda municipalizzata, alla società interamente pubblica, alla società mista. A tale impraticabilità consegue, in conclusione, un ulteriore profilo di inammissibilità delle doglianze in esame.

In definitiva, con riferimento al ricorso rubricato al n. 1617/2009 di R.G., mentre l’atto introduttivo del giudizio è infondato e deve essere interamente respinto, i motivi aggiunti (sia quelli depositati il 21 gennaio 2010, sia quelli depositati il 24 maggio 2010) risultano, per distinti profili, inammissibili nel loro complesso. Quanto al ricorso rubricato al n. 93/2010 di R.G. – come detto, riproduttivo dei motivi aggiunti depositati il 21 gennaio 2010 – al pari di questi ultimi deve essere dichiarato nel suo complesso inammissibile.

Sussistono, comunque, giusti motivi per disporre la compensazione delle spese, in virtù dell’elevata complessità delle questioni trattate.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana – Sezione Seconda – così definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti, previa riunione degli stessi:

a) quanto al ricorso R.G. n. 1617/2009, respinge il ricorso originario, dichiarando inammissibili tutti i gruppi di motivi aggiunti, per le ragioni specificate in motivazione;

b) quanto al ricorso R.G. n. 93/2010, lo dichiara inammissibile.

Compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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