Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 24-06-2011) 06-07-2011, n. 26232

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1 – A.H.R., Ap.Sa., D.G.D. ricorrono per cassazione avverso la sentenza della corte di appello di Milano 30.3/8.6.2010, di conferma della decisione di primo grado, emessa dal Gup dello stesso tribunale in data 22.7.2009, per quel che in questa sede interessa, sul punto relativo alla condanna dei predetti per una serie di delitti di furto, ricettazione e falso, modificandola solo, la sentenza appellata, nella parte relativa alla pena della reclusione inflitta ad A.A.R. che riduceva da anni 13, mesi 10 ad anni nove.

2 – I giudici di secondo grado prendevano atto che il gup aveva mandato assolti tutti gli imputati dall’originaria imputazione di associazione a delinquere e procedevano ad un discorso giustificativo partitamente dedicato ai sette imputati appellanti ed ai numerosi reati di furto, di ricettazione e di falso contestati. Consideravano, richiamando la condivisa motivazione della sentenza di primo grado, il fatto che i numerosissimi reati contestati si inquadravano in un più ampio contesto criminale composto di ladri di auto, ricettatori e fiancheggiatori che rubavano o ricevevano, falsificandone le targhe ed i documenti di proprietà, vetture di grossa cilindrata destinate all’esportazione in Africa.

3 – Con motivi di ricorso redatti in via separata da due difensori, e richiamando l’art. 606 c.p.p., lett. e), nell’interesse di A. H.R. viene denunciato nell’ordine: a) carenza di motivazione per riportarsi la decisione di appello a quella di primo grado dedicando solo due pagine – 6 e 7 – alla esposizione delle ragioni della ritenuta conferma; b) carenza ancora di motivazione per il diniego della concessione delle richieste attenuanti generiche, senza per nulla aver valutato la condotta, fin dal primo interrogatorio di garanzia, di collaborazione attraverso l’ammissione delle proprie colpe. Non basterebbe secondo la difesa, per ritenere adempiuto l’obbligo di motivazione sul punto, far riferimento solo "all’entità della condotta criminis studiata ed attuata con l’ausilio di contatti criminali che fanno di lui un delinquente di non poco conto". Ed ancora il vizio denunciato verrebbe chiaramente in risalto per non aver affatto considerato i giudici di merito l’incensuratezza del prevenuto che pure il legislatore, con le recenti modifiche in punto di aggravamento della pena per il recidivo, ha inteso particolarmente valorizzare quale elemento determinante per la graduazione della pena; c) sotto altro profilo, quello del travisamento del fatto, viene valorizzato l’elemento della rivendicata collaborazione deponente ad avviso della difesa per una "totale resipiscenza e volontà di recidere ..legami con l’ambiente criminogeno" di provenienza e si allegano in proposito i verbali degli interrogatori del prevenuto.

4- Violazione delle legge penale e vizio di motivazione, tramite difensore, denuncia Ap.Sa. con riferimento ai reati di ricettazione di cui ai capi 41) e 42) e di furto di cui ai capi 50) e 56) dell’imputazione, contestando che in relazione ai predetti fatti di reato abbia potuto apportare un contributo e sul piano materiale e sul piano morale e rilevando che la semplice connivenza, la consapevolezza cioè che altre persone avrebbero commesso il reato, non è punibile. In particolare, non sarebbe possibile ravvisare un contributo effettivo alla realizzazione del furto della macchina di cui al capo 56) dell’imputazione deducendolo dalla sola presenza dell’imputato presso la concessionaria BMW il giorno in cui era arrivato il duplicato delle chiavi della vettura, tenuto conto peraltro che il furto ebbe a verificarsi circa 40 giorni dopo.

5- Con unico motivo di ricorso, e con riferimento indistinto a tutte le imputazioni per le quali ha subito condanna D.G.D. denuncia la carenza di motivazione per il diniego delle attenuanti generiche e per la determinazione degli aumenti di pena per la continuazione, rilevando che il contributo causale alla perpetrazione dei reati si era limitato alla concessione di un suo terreno per l’effettuazione di carichi di containers realizzati da terzi con la conseguente omessa considerazione giudiziale su una non rilevante intensità del dolo e sulla marginalità dell’apporto criminoso.

Parimenti carente di motivazione sarebbe la sentenza nella parte in cui determina l’aumento della continuazione senza aver considerato la regola del favor rei a cui è improntata la disciplina del reato continuato rispetto al cumulo materiale delle pene.

6- I tre ricorsi sono tutti inammissibili perchè generici o manifestamente infondati.

Inconferente il primo motivo di ricorso di A.H.R. che censura peraltro in modo generico la motivazione, in punto di colpevolezza, della sentenza , per il fatto che tale censura non costituiva motivo di gravame in sede di appello. Manifestamente infondate le censure correlate alla richiesta delle attenuanti generiche ed alla mitigazione della pena, a fronte delle articolate anche se non condivise dalla difesa, considerazioni dei giudici del merito, da un lato, sui numerosissimi reati – 28 – di ricettazione e di falso di cui è stato ritenuto colpevole il ricorrente, dall’altro, sul sottolineato ruolo determinante e di preminenza del predetto nel contesto delinquenziale in cui ha operato, dall’altro ancora, sul ridimensionamento dell’apporto collaborativo in un quadro probatorio già per altra via solidamente delineato, ed, infine, sulla pena base quantificata nella misura di appena quattro mesi superiore al minimo edittale e di anni sette e mesi otto inferiore al massimo previsto.

Invero la determinazione della misura della pena è compito esclusivamente affidato alla prudente valutazione del giudice di merito. Trattandosi di una potestà interamente affidata alla discrezionalità, il controllo sulla corretta applicazione della legge può essere esercitato esclusivamente sulla motivazione che sorregge la decisione. Poichè è peraltro inesigibile, di fronte ad una gamma di discrezionalità tanto vasta quale quella affidata al giudice di merito dal combinato disposto degli artt. 132, 133 ed 81 c.p., una motivazione che spieghi le ragioni delle differenze tra l’entità della pena concretamente prescelta ed un’altra di poco inferiore (o eventualmente superiore) l’obbligo della motivazione deve intendersi adempiuto tutte le volte che la scelta del giudice di merito venga a cadere su una pena che per la sua entità globale, non appare, sul piano della logica, manifestamente sproporzionata rispetto al fatto oggetto di sanzione. E nella specie, a fronte di una motivazione congrua ed esaustiva nella considerazione sul versante del fatto e della persona, non si vede proprio quale elemento circostanziale che non sia stato tenuto in conto dal giudice nella determinazione della pena alla stregua dei criteri di cui all’art. 133 c.p. avrebbe potuto essere posto a giustificazione delle generiche e dell’ulteriore diminuzione di pena come richieste.

I motivi di ricorso di Ap.Sa. e di D.G.D. sono inammissibili perchè omettono di affrontare i temi esposti dai giudici di merito, glissando su circostanza concrete e puntuali decisive per il giudizio: così la difesa del primo ricorrente omette di considerare le telefonate richiamate nella sentenza impugnata e dalle quali si evince, secondo i giudici di merito, il contributo causale costituito dal consenso anticipato e manifestato di compiere azioni utili alla perpetrazione del reato ed alla conservazione dei suoi effetti. Con riferimento specifico al delitto di furto di cui al capo 56) sempre la difesa dell’ Ap. omette di considerare la telefonata, pur valorizzata dai giudici, del 7.9.2007, lo stesso giorno in cui perviene alla concessionaria il duplicato delle chiavi con D.B., suo correo nella perpetrazione del reato, ed omette ancora di considerare le modalità, che si ripetono per altri furti, della condotta tradottasi, tra l’altro, nella duplicazione di chiavi di accensione tramite l’azione illecita di un impiegato infedele della concessionaria. Occorre ribadire in proposito che la frequentazione e condivisione degli interessi di un gruppo, da cui derivi la conoscenza del progetto delittuoso maturato al suo interno, integra concorso nel reato quando si traduca in un rafforzamento della volontà criminale degli altri compartecipi, nella fase preparatoria o in quella esecutiva. Si fuoriesce, dunque, dai confini della mera connivenza non punibile, pur impropriamente richiamata nella specie dall’interessato, quando vi sia stata una anticipata programmazione di attività di copertura, che abbia rafforzato il proposito criminoso degli esecutori del reato.

Parimenti le ragioni poste a sostegno del ricorso di D.G. sono inammissibili nella misura in cui svolgono censure in fatto funzionali a calibrare l’intensità del dolo e il peso del contributo causale per la perpetrazione di ben otto episodi criminosi di ricettazione ed a fronte di una pena base, particolarmente mite, di anni due e mesi sei di reclusione perchè di poco superiore a quella edittale prevista per la ricettazione. Invero se pure è vero che nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione, è anche vero che nella specie il ricorrente svolge censure di mero fatto nel tentativo di delineare un apporto causale di minima importanza ovvero un dolo di minor gravità, correlati all’aver invece decisamente contribuito all’azione delittuosa altrui con il prestare il "supporto logistico" essenziale alle condotte criminose altrui.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibili i ricorsi, gli imputati che li hanno proposti devono essere condannati al pagamento delle spese del procedimento e – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – anche al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di Euro mille ciascuno, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro mille alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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