Cons. Stato Sez. V, Sent., 08-07-2011, n. 4093 Ricorso per l’esecuzione del giudicato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

A) – È opportuno preliminarmente riassumere la vicenda sostanziale e processuale all’origine della presente controversia.

Gli attuali appellanti impugnavano dinanzi al T.a.r. Lazio la determinazione dirigenziale n. 5/86/G del 24/2/04, con la quale era stata trasferita a M. L. B. la concessione dell’Azienda faunistica venatoria "S. S.", ricadente nel Comune di Vetralla (VT), in quanto aveva determinato l’inclusione nel perimetro dell’azienda dei terreni di loro proprietà, fino a quel momento di libero accesso.

Con successivi motivi aggiunti, gli interessati impugnavano la delib. G.p. n. 284 del 2/8/2004 e la determinazione dirigenziale del 3/8/2004, nella parte in cui avevano disposto l’inclusione di detti terreni nel perimetro dell’azienda faunistica, in applicazione dell’art. 9 del regolamento provinciale, con conseguente interdizione della caccia su di essi.

Gli appellanti impugnavano con successivi motivi aggiunti anche la determinazione dirigenziale della Provincia di Viterbo del 6/2/2007, con cui era stato disposto il rinnovo della concessione aziendale per ulteriori sette anni.

Con sentenza n. 1693 del 19/2/2009, passata in giudicato, la Sezione II del T.a.r. Lazio, accoglieva il ricorso, annullando gli atti impugnati nella parte in cui "dispongono o presuppongono l’inclusione dei terreni dei ricorrenti nell’ambito del perimetro aziendale, senza che in proposito assuma alcuna rilevanza il fatto che detti terreni si trovino o meno in una condizione di obiettiva interclusione, con impossibilità di accesso ai fini dell’esercizio venatorio, considerato che simile circostanza non assume rilievo alla stregua delle richiamate disposizioni, nel caso di terreni che vengano inclusi nell’azienda al momento del rinnovo della concessione".

Con determinazione dirigenziale n. 57/393/G del 24/6/09 il dirigente del Settore 7° agricoltura, caccia e pesca della Provincia di Viterbo, in asserita esecuzione della sentenza del T.a.r.. Lazio n. 1693/09, riduceva la superficie dell’Azienda "S. S." da ettari 519.65.45 ad ettari 499.88.25, decurtandola di ettari 19.77.20, di proprietà degli appellanti.

Gli appellanti proponevano ricorso per ottemperanza, sostenendo che la Provincia di Viterbo non avrebbe dato corretta applicazione alla sentenza, in quanto, pur avendo escluso i loro terreni da quelli appartenenti all’Azienda, nondimeno li avrebbe comunque ricompresi nel perimetro aziendale, come emergerebbe dalla planimetria allegata al provvedimento.

La mera sottrazione dei loro terreni – tenuto conto della loro specifica posizione, essendo interclusi rispetto ad altre aree ricomprese nell’azienda faunistica venatoria – non sarebbe stata idonea ad attuare il giudicato ed a tutelare la loro posizione giuridica, in base alla quale poter vedere i loro terreni espunti dal perimetro aziendale, con conseguente possibilità di piena utilizzazione delle loro aree anche ai fini della caccia libera, impossibile allo stato per carenza dei requisiti di distanze minime per l’esercizio venatorio, a tutela della pubblica incolumità e della fauna selvatica, come già chiarito dalla Provincia di Viterbo con determinazione n. 5/534/G del 26/11/2004, adottata in esecuzione dell’ordinanza cautelare.

Ritengono quindi gli appellanti che la Provincia di Viterbo, per dare corretta attuazione al giudicato, avrebbe dovuto espungere dal perimetro aziendale tutti i loro terreni, valutando se le aree residue disponessero ancora dei requisiti minimi di distanza previsti per l’esercizio dell’attività venatoria, e, ove carenti, avrebbe dovuto inibirvi l’attività venatoria, sottraendoli alla perimetrazione aziendale.

In altre parole, secondo gli originari ricorrenti, la Provincia, per dare esecuzione al giudicato, avrebbe dovuto compiere un’approfondita verifica sull’esercitabilità – tenuto conto delle distanze a tutela della incolumità pubblica – dell’attività venatoria sui soli terreni residui.

La Provincia di Viterbo si era costituita in giudizio ed aveva chiesto il rigetto del ricorso, sostenendo che con il provvedimento del 24 giugno 2009 n. 57/393/G sarebbe stata data corretta attuazione al giudicato, con pieno conseguimento del bene della vita reclamato dai ricorrenti in sede giurisdizionale, essendo state escluse le loro aree dal perimetro aziendale, come da sopralluogo effettuato dalla Polizia provinciale il giorno 15 settembre 2009, da cui sarebbe emerso che le sole aree non interessate dalla sentenza del T.a.r. sarebbero tabellate come "A.f.v. S. S.", mentre le aree dei ricorrenti non sarebbero state tabellate e sarebbero stati rimossi i cartelli con la dicitura "fondo escluso attività venatoria divieto di caccia"; le aree dei ricorrenti sarebbero state, dunque, cacciabili all’interno dell’ATC VT 1, l’accesso ad esse sarebbe stato possibile anche servendosi della strada di loro congiunzione trasversale; le aree tabellate avrebbero potuto essere attraversate dai cacciatori con il fucile scarico e con i cani legati al guinzaglio.

B) – L’oggetto proprio del giudizio per l’esecuzione del giudicato è costituito dalla verifica se la p.a. abbia o meno adempiuto all’obbligo nascente dal medesimo, attribuendo o meno all’interessato quell’utilità concreta che la sentenza abbia riconosciuto come dovuta; pertanto, tenuto presente che l’esecuzione dev’essere esatta, al pari di quanto avviene per l’obbligazione civile, il cui inesatto adempimento è sanzionato con la condanna al risarcimento del danno, il ricorso per ottemperanza è ammissibile in ogni caso, anche dopo l’adozione di atti esecutivi a contenuto discrezionale, senza necessità di operare la tradizionale dicotomia concettuale tra elusione ovvero violazione del giudicato, qualora il "petitum" sostanziale del ricorso attenga all’oggetto proprio del giudizio d’ottemperanza, miri cioè a far valere non già la difformità dell’atto sopravvenuto rispetto alla legge sostanziale (in tal caso occorrendo esperire l’ordinaria azione d’annullamento), bensì la difformità specifica dell’atto stesso rispetto all’obbligo (processuale) di attenersi esattamente all’accertamento contenuto nella sentenza da eseguire (cfr. C.S., sezione V, dec. n. 6018/2007).

Pertanto, avendo gli originari ricorrenti proposto il ricorso in ottemperanza, avrebbe dovuto verificarsi esclusivamente se la Provincia di Viterbo – con l’adozione della determinazione dirigenziale n. 57/393/G del 24/6/2009 – avesse dato corretta esecuzione al giudicato formatosi sulla cit. sentenza n. 1693/2009.

Il Tribunale amministrativo aveva accolto il ricorso, disponendo l’annullamento degli atti impugnati nella parte in cui disponevano o presupponevano l’inclusione dei discussi terreni nel perimetro dell’Azienda S. S..

Nel provvedimento della Provincia, adottato in esecuzione del giudicato, la p.a. aveva sottratto gli ettari 19.77.20 di proprietà di parte ricorrente dalla superficie aziendale, disponendo la notificazione del provvedimento al nuovo concessionario dell’azienda faunistica, affinché provvedesse alla tabellazione del perimetro aziendale, come da planimetria allegata.

Nell’originario ricorso al T.a.r. per l’esecuzione del giudicato, i ricorrenti avevano prodotto una planimetria evidenziante in giallo scuro le aree di loro proprietà che il concessionario avrebbe dovuto escludere dall’A.f.v.; in detta planimetria era, invece, segnato in giallo chiaro il perimetro dell’azienda stessa che, invece, le ricomprendeva: secondo loro, la Provincia non avrebbe dato corretta attuazione al giudicato.

Anche la Provincia aveva depositato una planimetria dei luoghi, evidenziante in colori diversi, rispettivamente verde e rosa, le aree ricomprese e quelle escluse dall’Azienda faunistica, ma in essa non risultava espressamente evidenziato il perimetro dell’azienda, come nella planimetria depositata dai ricorrenti.

Pertanto, secondo la loro planimetria le citate aree sarebbero sembrate escluse dall’azienda, ma nel contempo ricomprese nel perimetro aziendale; secondo la planimetria della Provincia, invece, le aree sarebbero apparse, invece, incontrovertibilmente escluse.

Nel ricorso giurisdizionale i ricorrenti avevano espressamente chiesto la sottrazione dei loro terreni dal perimetro aziendale e, quindi, l’esclusione dall’A.f.v. delle loro aree, la cui inclusione avrebbe comportato l’impossibilità di esercitarvi la libera caccia.

Pur avendo dedotto ulteriori questioni nel ricorso introduttivo, il giudicato si era formato esclusivamente sull’accertamento del loro diritto a rientrare nella piena disponibilità dei loro terreni e sull’obbligo della Provincia di Viterbo di escluderli definitivamente da quelli ricompresi nell’a.f.v..

La Provincia avrebbe dato, quindi, corretta attuazione al giudicato, avendo formalmente espunto i terreni dei ricorrenti dall’azienda, e si sarebbe premurata di provare in giudizio che l’attuazione del giudicato era stata realizzata non soltanto formalmente, attraverso l’adozione della determinazione dirigenziale del 24 giugno 2009, ma anche sostanzialmente, avendo il concessionario provveduto a rimuovere i vecchi cartelli, secondo cui i fondi dei ricorrenti erano esclusi dall’attività venatoria, ed avendo provveduto a tabellare con la dicitura "A.f.v. S. S." i soli fondi per i quali i proprietari avevano dato l’assenso all’inserimento nell’azienda stessa.

C) – Nella stessa relazione redatta dalla Polizia provinciale di Viterbo del 25/9/09, era stato poi precisato che le aree dei ricorrenti erano tornate nella loro piena disponibilità e che su di esse era ben possibile l’esercizio della libera caccia: il bene della vita rivendicato nel ricorso introduttivo, la cui sussistenza era stata riconosciuta dal Tribunale, era stato pienamente soddisfatto.

Le questioni dedotte nel ricorso in ottemperanza e dirette a sostenere che, dopo la sottrazione dei loro terreni, la Provincia avrebbe dovuto verificare la sussistenza dei presupposti normativi per il rilascio della concessione – considerato che le aree residue non avrebbero potuto essere computate nella perimetrazione aziendale, tenuto conto dei requisiti minimi di distanza per l’esercizio dell’attività venatoria – esulavano dall’oggetto proprio del giudizio stesso, in quanto investivano questioni non attinenti alla corretta attuazione del giudicato, tenuto conto dello specifico interesse azionato dai ricorrenti, ma riguardavano la dedotta non conformità dell’atto alla legge sostanziale: non essendovi né nel ricorso né nella sentenza passata in giudicato alcuna censura e/o conseguente statuizione in merito alla possibilità di rilasciare una concessione per l’esercizio di una A.f.v. con terreni non contigui tra loro, ma inframmezzati da aree oggetto di libera caccia, la questione avrebbe dovuto dedursi in sede di legittimità, mediante la proposizione di apposito ricorso giurisdizionale, nel quale avrebbe potuto chiedersi al T.a.r. di verificare la conformità di detta concessione alla normativa di riferimento.

Pertanto, la questione esulava dall’ambito di cognizione del giudice dell’esecuzione e non poteva che essere conseguentemente dichiarata inammissibile.

In conclusione, il ricorso veniva respinto perché infondato, a spese compensate, con sentenza poi impugnata dagli originari ricorrenti, che reiteravano le loro richieste.

In data 12 ottobre 2010, con atto notificato alle parti del presente giudizio di appello ed al Ministero delle politiche agricole, presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato, gli appellanti formulavano un’istanza di accesso, ai sensi dell’articolo 116, comma 2, c.p.a., alla "relazione e/o atto e/o nota e/o verbale, di estremi sconosciuti, ed atti ivi richiamati, con il quale il Corpo forestale dello Stato, Comando Stazione di Vetralla, ha proceduto, in data 15 aprile 2010, unitamente ai Carabinieri della Stazione di Vetralla, alla verifica relativa alla perimetrazione dell’Azienda faunistica "S. S." sita nel Comune di Vetralla, di cui all’istanza di accesso presentata dagli attuali istanti in data 19 luglio 2010."

Con tale richiesta, gli interessati espressamente impugnavano la nota a firma del Comandante provinciale di Viterbo del Corpo forestale dello Stato, prot. n. RE20100448 del 17 agosto 2010, trasmessa il 30 agosto 2010, contenente un espresso diniego opposto alla richiesta di accesso ai documenti formulata dagli interessati, dato che, in base al regolamento di cui al decreto del Ministro delle politiche agricole 5 settembre 1997 n. 392, "gli atti richiesti non possono essere forniti in quanto sono parti integranti di un procedimento amministrativo in essere e non ancora concluso". L’atto di diniego faceva salva, peraltro, "l’eventuale richiesta da parte di un’Autorità giudicante".

Gli appellanti, con la citata istanza del 12 ottobre, precisavano che la proposta domanda, ai sensi dell’art. 116, comma 2, c.p.a., era comunque "subordinata alla reiezione della richiesta vòlta all’acquisizione dei documenti in via istruttoria".

Il primo giudice rilevava come, in relazione all’interesse manifestato dalle parti appellanti ed al contenuto della determinazione adottata dal Comando provinciale del Corpo forestale, non vi fosse necessità di esaminare l’istanza proposta ai sensi dell’art. 116, comma 2, c.p.a., risultando così assorbite le controverse questioni riguardanti l’ammissibilità dello speciale procedimento di cui all’art. 116, comma 2, nel giudizio di appello ed in rapporto a documenti detenuti da amministrazioni diverse da quelle nei cui confronti fosse stato radicato il giudizio principale.

Infatti, per un verso, l’amministrazione adottante il contestato provvedimento di diniego aveva espressamente affermato la propria disponibilità ad esibire gli atti richiesti, sia pure in presenza di un espresso provvedimento del giudice; per altro verso, gli attuali appellanti avevano fatto presente di avere interesse ai documenti richiesti solo in relazione alla presente vicenda contenziosa e, quindi, per il tramite di una rituale decisione istruttoria.

Nel merito della richiesta, i provvedimenti in oggetto risultavano effettivamente rilevanti ai fini della decisione dell’appello, raccordandosi strettamente alle questioni di fatto prospettate dalle parti ed apparendo controversa, fra l’altro, la portata "materiale" dell’esecuzione della contestata perimetrazione.

D) – Pertanto, la sezione disponeva i richiesti incombenti istruttori, riservando, all’esito, ogni decisione sul merito, sul rito e sulle spese (v. ordinanza n. 1243/2011).

Conseguentemente, il Comandante provinciale del Corpo Forestale dello Stato avrebbe dovuto depositare, presso la Segreteria di questa sezione, entro il termine di trenta giorni, i documenti di cui alla richiesta definita con nota prot. n. RE20100448 del 17 agosto 2010, trasmessa il 30 agosto 2010.

Rinviava, per il prosieguo, la trattazione all’udienza del 3 maggio 2011 (alla quale data l’istruttoria non risultava concretamente adempiuta, malgrado una soprassessoria informativa depositata lo stesso giorno dalla p.a.), dopo un rinvio dalla precedente udienza del 10 dicembre 2010, in vista della quale si era costituita la Provincia di Viterbo (che depositava pure una memoria di resistenza alle istanze istruttorie poi accolte dal collegio), mentre i dieci appellanti, in apposita memoria di replica, illustravano ulteriormente le proprie argomentazioni difensive e si costituiva in giudizio anche il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, patrocinato dalla difesa erariale.

IL collegio ritiene, dunque, di dover reiterare gli incombenti (stavolta comprensivi pure di un’apposita e dettagliata relazione illustrativa), ai quali provvederà direttamente (anche mediante subdelega ad un dirigente del Corpo stesso) il Capo del Corpo forestale dello Stato, entro giorni 60 decorrenti dall’avvenuta notificazione o comunicazione della presente sentenza interlocutoria, rinviandosi l’ulteriore trattazione all’udienza in camera di consiglio del 20 dicembre 2011, ore di rito.

Spese ed onorari al definitivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione V, sospende ogni pronuncia sul ricorso in ottemperanza r.g.n. 5459/2010 e dispone i reiterati incombenti di cui in motivazione, con rinvio all’udienza in camera di consiglio del 20 dicembre 2011.

Spese ed onorari al definitivo.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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