Cons. Stato Sez. VI, Sent., 08-07-2011, n. 4124 Casse di risparmio, cooperative di credito

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Oggetto del presente giudizio sono:

a) il provvedimento (prot. n. 0136094 del 18 agosto 2009), con il quale la Banca d’Italia, ai sensi dell’art. 19 d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385 (c.d. testo unico bancario, di seguito TUB), ha revocato nei confronti della Cassa di Risparmio di San Marino (di seguito CRSM), nonché di O. s.p.a., SIE s.p.a., E. s.p.a. e del dott. M. F., le autorizzazioni a detenere le partecipazioni dirette e indirette in D. s.p.a. – capogruppo dell’omonimo gruppo bancario – ritenute tutte riconducibili all’unico controllante CRSM, ed ha altresì disposto, ai sensi e per gli effetti dell’art. 24, comma 3, del TUB, che le medesime partecipazioni fossero alienate nel termine di tre mesi dalla comunicazione del provvedimento stesso;

b) il provvedimento del 27 maggio 2009, n. 458, con il quale il Ministero dell’economia e delle finanze, accogliendo la proposta della Banca d’Italia, di cui venivano richiamate e recepite integralmente le motivazioni, ha disposto lo scioglimento degli organi di amministrazione e controllo di D. s.p.a. e di S. s.p.a., e la sottoposizione delle stesse ad amministrazione straordinaria (ai sensi dell’art. 70, comma 1, lett. a) TUB).

2. Entrambi i provvedimenti sono stati impugnati in primo grado dalla società E. innanzi al T.a.r. del Lazio – Roma, sezione III, che, con le sentenze, rispettivamente, 21 aprile 2010, n. 7802 e 13 aprile 2010, n. 6642 ha respinto i gravami.

3. Il provvedimento sub a) (revoca dell’autorizzazione alle detenzione di partecipazioni in D. s.p.a.) è stato impugnato, fra gli altri, anche dalla società O.. Il relativo gravame è stato a sua volta respinto dal T.a.r. Lazio, Roma, sezione III con la sentenza 16 marzo 2010, n. 4109.

4. Per ottenere la riforma delle sentenze appena citate hanno proposto autonomi appelli sia la società E. (appelli n. 5071/2010 e n. 6132/2010, rispettivamente diretti ad ottenere la riforma delle sentenze del T.a.r. Lazio – Roma n. 7082/2010 e n. 6642/2010), sia la società O. (appello n. 5048/2010, diretto ad ottenere la riforma della sentenza del T.a.r. Lazio – Roma, n. 4109/2010).

5. Alla pubblica udienza del 10 maggio 2011, i ricorsi sono stati trattenuti per la decisione.

6. Occorre in primo luogo disporre la riunione degli appelli, stante l’evidente connessione oggettiva e parzialmente soggettiva.

7. Gli appelli non meritano accoglimento.

8. L’infondatezza degli appelli (proposti sia da E. sia da O.) relativi al provvedimento di revoca delle autorizzazioni a detenere partecipazioni in D. s.p.a. risulta alla stregua delle seguenti considerazioni.

9. Vanno, con riferimento a tali appelli, in primo luogo disattese le eccezioni di intervenuta cessazione della materia sollevate, sotto diversi profili, dalle società appellanti.

A sostegno della cessazione della materia del contendere, in particolare, le società appellanti deducono, in primo luogo, che la CRSM, sulla base di una presunta autorizzazione rilasciata proprio dalla Banca d’Italia, avrebbe acquistato da S. s.p.a. la partecipazione da quest’ultima detenuta nella holding D. s.p.a. (partecipazione del 15,95%).

Sostengono le appellanti che poiché la motivazione del provvedimento impugnato (la revoca delle autorizzazioni a detenere le partecipazioni in D.) si fonda sulla tesi secondo cui le partecipazioni di E. in O. e di O. in D. erano entrambe riconducibili, direttamente o indirettamente, alla CRSM, soggetto non autorizzato né autorizzabile alla loro detenzione, l’autorizzazione (in ipotesi) ora rilasciata dalla Banca d’Italia alla CRSM sarebbe senz’altro incompatibile con la motivazione del provvedimento originariamente adottato e finirebbe per far venire meno ogni preclusioni alla detenzione anche da parte di E. e di O..

9.1. L’eccezione non merita condivisione.

Le società appellanti, invero, non forniscono alcuna prova in relazione al rilascio di tale autorizzazione da parte della Banca d’Italia, la quale, anzi, nella memoria depositata in vista dell’udienza di discussione ha espressamente negato che tale circostanza fosse vera. La dichiarazione resa in sede processuale dalla Banca d’Italia rende destituita di fondamento la relativa eccezione proposta dalle società appellanti, in quanto non risulta provato il fatto su cui essa si fonda (l’avvenuta rilascio dell’autorizzazione all’acquisto).

9.2. Per la stessa ragione va respinta, l’istanza istruttoria all’uopo formulata dalle società appellanti, diretta a verificare l’esistenza di tale presunta autorizzazione, atteso che la Banca d’Italia ha già risposto negando di aver rilasciato simile provvedimento.

In ogni caso, l’esistenza, in ipotesi, di tale autorizzazione non avrebbe avuto rilevanza decisiva alla luce del fondamentale e consolidato principio secondo cui, in caso di disparità di trattamento, il destinatario di un provvedimento illegittimo non può invocare, come sintomo di eccesso di potere, il provvedimento più favorevole illegittimamente adottato nei confronti di un terzo che si trovi in analoga situazione.

9.3. Ugualmente non merita accoglimento l’altra eccezione di cessazione della materia del contendere, motivata facendo riferimento alla circostanza che il provvedimento impugnato avrebbe esaurito i suoi effetti, essendo decorso il termine entro il quale le partecipazioni avrebbero dovuto essere alienate.

E’ evidente che la scadenza di tale termine non fa venire meno la vigenza del contenuto precettivo del provvedimento (la revoca dell’autorizzazione e l’ordine di alienazione delle partecipazioni), rappresentando una mera situazione di fatto che attesta semplicemente che ancora le società appellanti non vi hanno dato esecuzione.

Accogliendo l’eccezione in esame si arriverebbe, del resto, alla paradossale conclusione, secondo cui gli effetti di un ordine impartito dall’autorità amministrativa vengono meno per il solo fatto che il destinatario dell’ordine non riesce ad adempiere al medesimo nel termine fissato dall’autorità amministrativa.

Non vi è dubbio, quindi, che, a differenza di quanto sostengono le appellanti, il provvedimento impugnato è ancora pienamente efficace, nonostante sia scaduto il termine per l’alienazione delle azioni.

10. Venendo ai motivi di ricorso, essi non sono meritevoli di accoglimento alla luce delle considerazioni che seguono.

10.1. Il provvedimento è stato legittimamente adottato dal vice Direttore generale della Banca d’Italia in via d’urgenza ai sensi dell’art. 22, ultimo comma, dello statuto della Banca d’Italia.

Tale norma prevede che "nei casi di necessità ed urgenza i provvedimenti di cui all’art. 21 (cioè quelli di competenza del Direttorio in seduta collegiale) possono essere presi dal Governatore, ovvero da uno degli altri membri secondo criteri di surroga di cui agli artt. 25 e 26. Tali provvedimenti vengono sottoposti alla ratifica del Direttorio nella prima riunione utile".

A loro volta gli artt. 25 e 26 del citato statuto prevedono che la firma del Direttore generale fa piena prova dell’assenza o dell’impedimento del Governatore e la firma di uno dei vice Direttori generali fa piena prova dell’assenza o dell’impedimento del Governatore e del Direttore generale.

Nel caso di specie, l’urgenza, come emerge chiaramente dalla delibera assunta dal Direttorio in seduta collegiale alla prima riunione successiva (e precisamente in data 1° settembre 2009), è giustificata "stante l’impossibilità di convocare una riunione collegiale prima della scadenza del termine per la conclusione del procedimento, fissato in 120 giorni dalla comunicazione di avvio del procedimento dalla comunicazione di avvio".

A differenza di quanto deducono le appellanti, l’impossibilità di provvedere collegialmente nel termine rappresenta certamente un motivo di urgenza idoneo a giustificare la deroga temporanea (fino appunto alla ratifica del Direttorio puntualmente intervenuta) della competenza collegiale a favore dell’organo monocratico.

Il rimedio in esame (adozione dell’atto in via monocratica e successiva ratifica collegiale, in deroga all’ordine delle competenza) è infatti primariamente volto proprio a superare le difficoltà organizzative, specie per quanto riguarda la necessità di conciliare le garanzie e i tempi del procedimento collegiale con la necessità di rispettare i termini di conclusioni dei procedimenti di competenza della Banca d’Italia.

E’, quindi, certamente in linea con la ratio della norma ammettere che la deroga operi in presenza di situazioni organizzative che, considerata anche la complessità del procedimento e il periodo in cui i termini vengono a scadere (nel caso di specie, nel mese di agosto), rendono di fatto impossibile o particolarmente difficile la convocazione del direttorio prima della scadenza del termine per provvedere.

10.2. Non ha pregio neanche la censura con cui si deduce la nullità (o la radicale inefficacia) della ratifica a causa della sua mancata comunicazione.

La comunicazione del provvedimento non è, infatti, elemento essenziale la cui mancanza possa determinare la nullità del provvedimento. Semmai, ai sensi dell’art. 21bis, l. 7 agosto 1990, n. 241 (introdotto dall’articolo 14, comma 1, della l. 11 febbraio 2005, n. 15), essa rileva come mera condizione di efficacia del provvedimento, nel senso che in base alla norma appena citata "il provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati acquista efficacia nei confronti di ciascun destinatario con la comunicazione allo stesso effettuata anche nelle forme stabilite per la notifica agli irreperibili nei casi previsti dal codice di procedura civile".

Nel caso di specie, tuttavia, il provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati non è la ratifica (che è un atto con rilevanza essenzialmente interna diretto a sanare il vizio di incompetenza da cui è affetto il "provvedimento limitativo" adottato in sede monocratica), ma il provvedimento inizialmente adottato dal vice Direttore Generale della Banca d’Italia, il quale, peraltro, essendo un provvedimento adottato in via d’urgenza, non può nemmeno considerarsi provvedimento recettizio, alla luce dell’ultimo periodo dell’art. 21bis cit., secondo cui "i provvedimenti limitativi della sfera giuridica dei privati aventi carattere cautelare ed urgente sono immediatamente efficaci".

11. Non sono fondati nemmeno i motivi di appello con i quali si contestano le argomentazioni addotte da Banca d’Italia a sostegno della tesi principale su cui si fonda l’intero provvedimento impugnato, ovvero che CRSM esercitasse attraverso il controllo di soggetti interposti come O., un controllo di fatto sulla capogruppo D..

11.1. Occorre premettere che l’esistenza di un controllo di fatto da parte di CRSM sul Gruppo D. rappresenta un presupposto del provvedimento impugnato, il cui accertamento implica da parte dell’Autorità di vigilanza l’utilizzo di regole tecniche c.d. elastiche, caratterizzate cioè da un risultato applicativo non univoco e certo, ma fisiologicamente opinabile, secondo lo schema tipico delle valutazioni amministrative connotate da discrezionalità tecnica.

Il sindacato giurisdizionale esercitabile nei confronti di tali valutazioni, pur essendo intrinseco (nel senso che il giudice può impiegare le stesse regole tecniche utilizzate dall’Autorità) è però necessariamente non sostitutivo, non potendo, appunto, il giudice amministrativo sostituire la propria valutazione a quella dell’Amministrazione, ma solo vagliare l’attendibilità intrinseca ed estrinseca del giudizio tecnico formulato.

Nel caso di specie, la Banca d’Italia ha evidenziato l’esistenza di una serie assai significativa di elementi sintomatici che, pur nella fisiologica opinabilità che caratterizza la valutazione tecnica oggetto di contestazione, confermano l’assoluta attendibilità delle conclusioni cui giunge il provvedimento impugnato.

11.2. In particolare, all’esito dell’ispezione di vigilanza effettuata dalla Banca d’Italia è emerso un quadro caratterizzato da intense relazioni economiche, finanziarie e gestionali, tali da evidenziare una piena integrazione tra CSRM e D..

Come si legge nel provvedimento impugnato (pag. 4), "tali relazioni, complessivamente considerate, costituiscono un insieme di elementi univocamente sintomatici della determinante influenza della cassa sammarinese sul gruppo bancario. Singoli elementi o circostanze, anche ove eventualmente già noti in precedenza a questa Autorità di vigilanza, acquisiscono valenza nuova proprio alla luce del quadro complessivo emerso in sede ispettiva".

11.3. Non è quindi il singolo elemento ad assumere rilievo determinante, ma il quadro d’insieme, che è la risultante di tutti gli elementi raccolti ed evidenziati.

Già sotto questo profilo, gli appelli evidenziano un’intrinseca debolezza nella misura in cui si indirizzano a contestare aspetti parziali e di per sé non determinanti, che riguardano singoli episodi o singoli rapporti di finanziamento tra le società.

Ad esempio, le appellanti si soffermano su una particolare operazioni – il mandato a vendere la partecipazione in O., conferito da E. a CRSM per il caso di mancata restituzione di un finanziamento – prospettandone una lettura diversa rispetto a quella data dall’Autorità di vigilanza.

Secondo l’appellante, infatti, il finanziamento concesso da CRSM a O. per aumentare il capitale di D. e per acquistate una parte delle azioni di Banco popolare determinava un portage temporaneo di azioni, che non conferiva né avrebbe potuto conferire alcun effetto controllante al finanziatore CRSM anche perché al termine dell’operazioni, fissato per il 30 novembre 2010, la partecipazione sarebbe stata alienata a terzi.

In realtà, tale operazione, per quanto significativa, non va considerata isolatamente, ma, come si è detto, nel quadro delle complessive relazioni esistenti tra le società sopra menzionate.

Da una visione di insieme emerge, come il provvedimento evidenzia, "che i finanziamenti concessi da CRSM direttamente a O. per un ammontare complessivo di circa Euro 170 mln, sono stati erogati anche nell’interesse di E., la quale, infatti, si è posta come garante del finanziamento di Euro 147,5 mln concesso da CRSM a O. e da quest’ultima utilizzato per sottoscrivere la quota di propria competenza dell’aumento di capitale di D. s.p.a perfezionato alla fine del 2007".

Pertanto, prosegue il provvedimento, "la CRSM ha effettivamente concesso, sia pure indirettamente, un rilevante sostegno finanziario a E., solo in virtù del quale la stessa E. ha potuto mantenere formalmente il possesso della partecipazione del 73,53% in O. in occasione dell’ultima ripatrimonializzazione di D. s.p.a., a fronte peraltro del conferimento a CRSM del mandato a vendere la propria quota di partecipazione in O. in caso di inadempimento di quest’ultima nella restituzione del finanziamento".

Dal passaggio motivazionale trascritto emerge chiaramente che ciò che è stato ritenuto rilevante non è tanto il "portage temporaneo di azioni", ma il particolare sostegno finanziario concesso in un dato contesto e con peculiari modalità dalla CRSM a O. e ad E..

Tale sostegno è certamente un dato a forte valenza sintomatica, specie insieme agli altri elementi di cui il provvedimento dà atto, il cui valore non è certo smentito né dalla temporaneità del portage azionario né dl mandato a vendere che garantiva la restituzione degli importi oggetto del finanziamento.

11.4. Ciò che rileva ai fini dell’accertamento della situazione di controllo è, dunque, la circostanza, non seriamente dubitabile alla luce degli elementi raccolti in sede ispettiva, che il sostegno finanziario di CRSM abbia consentito a O. s.p.a. di sottoscrivere la quota di propria competenza dell’aumento di capitale di D. s.p.a. e che detto sostegno sia comunque andato anche a beneficio di E. s.p.a., consentendole di "mantenere", nell’interesse di CRSM, la partecipazione del 73,53% in O. s.p.a.

11.5. Ancora, assume un ruolo centrale nella motivazione del provvedimento impugnato l’intensità dei rapporti finanziari tra CRSM e il gruppo D.. Per quest’ultimo, si legge nel provvedimento, il sostegno ricevuto dalla Cassa sanmarinese, considerando anche il supporto indiretto per il tramite di garanzie e di lettere di patronage, si è attestato intorno al 35% del complessivo indebitamente bancario.

L’entità del sostegno concesso è risultata estremamente significativa anche per la stessa CRSM. Come ancora il provvedimento evidenzia chiaramente, in base ai dati di bilancio di quest’ultima al 31.12.2007, la complessiva esposizione verso il gruppo D. (diretta e indiretta per la sottoscrizione dell’aumento di capitale e comprensiva dell’acquisto di crediti, delle garanzie rilasciate e delle partecipazione detenuta per il tramite di SIE) si attestava intorno al 40% dell’attivo di bilancio della cassa.

L’entità del finanziamento, la varietà delle sue forme e le modalità attraverso le quali tale supporto è stato concesso sono senz’altro indicative di un coinvolgimento giustificabile solo in un ambito di integrazione operativa tipico di un unico gruppo bancario.

Ancora esemplificativo è, al riguardo, il riferimento operato nella relazione ispettiva alle dilazioni concesse da CRSM alle società del gruppo D. per il versamento degli incassi, da queste ricevuti nello svolgimento dell’attività di servicer dei crediti ceduti alla stessa CRSM; tali dilazioni sono state consentite per tempi via via più prolungati (sino ad oltre 5 mesi) e per importi crescenti, che hanno raggiunto da ultimo l’importo di Euro 95 mln.

11.6. Ulteriore elemento sintomatico, puntualmente indicato nel provvedimento impugnato, si ricava dalle numerose "sovrapposizioni" tra gli organi della CSRM e quelli delle società del gruppo D., indicativa di una interscambiabilità di ruoli nell’ambito di CRSM, di O. di D. e delle società da questa controllate.

Non rileva in senso contrario la circostanza, richiamata negli appelli, che la nomina degli amministratori di pertinenza di O. nel consiglio di amministrazione della holding D. derivasse da un patto parasociale, con l’altro socio, CRSM, ritualmente depositato e perciò ben noto all’Autorità di vigilanza anche prima dell’ispezione.

Ed invero, come spiega il provvedimento della Banca d’Italia e come si è già evidenziato, i vari elementi sintomatici vanno considerati non singolarmente, ma complessivamente; ed è proprio tale valutazione complessiva che consente di attribuire un significato nuovo anche a circostanze già note in precedenza all’Autorità di vigilanza.

11.7. Ancora significativi elementi sintomatici si desumono dai rapporti di outsourcing esistenti tra E. e D.. Ed invero, dagli accertamenti ispettivi è emerso che le somme retrocesse da D. s.p.a. a E. per l’attività prestata dai soci di quest’ultima in qualità di manager prescindevano dall’effettiva retribuzione corrisposta agli interessati, con la conseguenza che la differenza tra quanto annualmente erogato da D. e quanto effettivamente versato da E. è stato ragionevolmente ritenuto un ulteriore strumento di sostegno finanziario a favore di E..

Il fatto, lamentato dalle appellanti, che tale sostegno finanziario indiretto fosse stato attivato anteriormente al muto erogato da CRSM a O. in occasione dell’operazione sul capitale di D. del 2007 è un dato che non toglie valore all’elemento in questione. Il provvedimento impugnato, infatti, non ha affermato che tale differenziale costituisse lo strumento di finanziamento volto a consentire a E. s.p.a l’integrale restituzione del mutuo di 170 mln di euro erogato da CRSM a O. s.p.a. in occasione dell’operazione sul capitale di D. s.p.a. del 2007, bensì soltanto che tale meccanismo costituiva un mezzo per dotare E. di risorse finanziarie.

Sostiene l’appellante che detto meccanismo di sostegno finanziario non avrebbe avuto alcuna utilità per CRSM e che dimostrerebbe semmai l’esistenza di controllo sostanziale di E. su D., e questo varrebbe proprio a smentire la tesi dell’esistenza di un controllo esclusivo esercitato da CRSM su D..

In realtà, appare plausibile ritenere che CRSM avesse interesse ad attuare tale forma di anomala remunerazione dei servizi prestati dai soci/manager di E., in quanto in tal modo rendeva E. finanziariamente dipendente e, al tempo stesso, creava l’apparenza di un controllo di E. sulla società D..

11.8. Ancora assumono rilevanza i rapporti assolutamente anomali tra CRSM e il Gruppo D. con particolare riferimento alla banca a valle del gruppo, S. s.p.a. Tali rapporti appaiono anch’essi difficilmente riconducibili ad un normale rapporto tra banca finanziatrice e soggetti finanziati e si spiegano solo nel contesto di un controllo, per effetto del quale CRSM, da un lato assicurava sostegno finanziario in ogni modo possibile alle società del Gruppo D., e dall’altro, esercitava di fatto attività bancaria in Italia attraverso la controllata S. s.p.a.

In particolare, l’indagine ispettiva ha evidenziato l’esistenza di affidamenti richiesti a CRSM ed erogati da S. con istruttoria e valutazioni peritali curate esclusivamente dalla CRSM; l’utilizzo del conto corrente intrattenuto da CRSM presso S., che ha presentato uno scoperto di 135 milioni di euro tra la fine del 2007 e l’inizio del 2008, in assenza di autorizzazione da parte degli organi della banca.

12. Alla luce delle considerazioni che precedono e di tutti gli elementi evidenziati nel provvedimento (e qui esemplificativamente richiamati), la conclusione cui giunge la Banca d’Italia circa l’esistenza di un controllo di fatto esercitato da CSRM (attraverso O. ed E.) sulla holding D. s.p.a. sfugge alle censure proposte negli appelli.

Si tratta, invero, di una valutazione attendibile e ragionevole, ampiamente supportata dagli elementi raccolti in sede ispettiva e ampiamente riportati nel provvedimento impugnato.

13. Non merita condivisione nemmeno il motivo di appello con cui si sostiene che l’ordine di alienazione nei confronti di O. avrebbe comunque dovuto riguardare non l’intera partecipazione azionaria, ma soltanto la partecipazione conseguente all’aumento di capitale e all’acquisto di una parte delle azioni del Banco popolare. Secondo l’appellante, in particolare, una parte della partecipazione di O. in D., quella anteriore all’aumento del capitale, non sarebbe riconducibile a CSRM, donde la discrasia quantitativa nel provvedimento impugnato che invece ordina la vendita dell’intera partecipazione.

La censura non ha pregio, in quanto, appurato che la CRSM esercita un controllo non autorizzato sul Gruppo D. anche attraverso la partecipazione in D. della società O., il provvedimento di revoca, avendo di mira l’intera partecipazione riconducibile alla CRSM, non poteva che riguardare l’intere partecipazione in D. s.p.a. di O..

15. Non merita accoglimento neanche l’appello proposto da E. per ottenere la riforma della sentenza del T.a.r. Lazio, Roma, sez. III, 13 aprile 2010, n. 6642, concernente il provvedimento del 27 maggio 2009 con il quale il Ministero dell’Economia e delle Finanze, accogliendo la proposta della Banca d’Italia, ha disposto lo scioglimento degli organi di amministrazione e controllo di D. s.p.a. e di S. s.p.a. e la sottoposizione delle stesse ad amministrazione straordinaria, ai sensi dell’art. 70, comma 1, lett. a) TUB.

15.1. Non è fondato il motivo con cui si lamenta la mancata comunicazione di avvio del procedimento si scioglimento degli organi di amministrazione e controllo. Con riferimento al procedimento in esame, invero, l’art. 7 l. n. 241/1990 è specificamente derogata dall’art. 70, comma 3, TUB, il quale, ispirandosi ad evidenti ragioni di riservatezza a tutela del pubblico risparmio, sottrae alla regola della partecipazione procedimentale, sia il decreto di scioglimento del Ministero dell’Economia e delle Finanze sia la proposta formulata dalla Banca d’Italia: né l’uno né l’altra possono essere comunicati agli interessati prima della consegna dell’azienda ai commissari straordinari.

15.2. Per quanto riguarda i motivi con cui si contesta l’esistenza dei presupposti per l’adozione del provvedimento, è sufficiente rilevare che esso è stato adottato sulla base di tre motivi autonomi: 1) l’esistenza di un controllo di fatto che CSRM esercitava sulla holding D.; 2) l’esistenza di irregolarità gestionali della società D. e di S. risultanti da un’ispezione della Banca d’Italia; 3) i provvedimenti di limitazione della libertà personale che hanno colpito alcuni amministratori di D. e Sedici Banca a seguito di un procedimento penale.

Si tratta di autonomi presupposti, ciascuno dei quali è in grado di giustificare l’adozione del provvedimento contestato. Le considerazioni svolte in precedenza confermano certamente la sussistenza del presupposto sub 1) – ovvero di una situazione di dominanza esercitata dalla CRSM sulla capogruppo D., in assenza della prescritta autorizzazione -, il che è sufficiente per respingere anche il presente appello, con assorbimento degli ulteriori motivi volti a contestare i presupposti sub 2) e sub 3).

Trattandosi, come si è detto, di presupposti autonomi, ciascuno dei quali è in grado di giustificare da solo l’emanazione del provvedimento in questione, gli ulteriori motivi possono essere legittimamente assorbiti, atteso che un loro eventuale accoglimento non darebbe alcuna utilità al ricorrente, che non vedrebbe comunque annullato il provvedimento impugnato, perché appunto sorretto da una motivazione per altri versi autonoma e sufficiente.

16. Alla luce delle considerazioni che precedono, tutti gli appelli devono pertanto essere respinti.

La complessità della questioni esaminate giustifica la compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, ne dispone la riunione e li respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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