Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 17-06-2011) 06-07-2011, n. 26231 Determinazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza del 24 settembre 2010, la Corte di appello di Bari, in riforma della sentenza emessa il 7 gennaio 2010 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale della medesima città, ha, per quel che qui rileva, ridotto la pena inflitta a M.G. ad anni tre di reclusione, quella inflitta a M.M.S. e ad A.D. ad anni cinque di reclusione ed Euro 1.400 di multa ciascuno, ed ha infine ridotto la pena inflitta a MA. O. ad anni quattro e mesi quattro di reclusione ed Euro 1.400 di multa in ordine ai reati di associazione per delinquere, rapina e detenzione e porto di armi loro rispettivamente ascritti.

Avverso la sentenza di appello tutti gli imputati suddetti hanno proposto ricorso per cassazione. Nel ricorso proposto da M. G. si lamenta vizio di motivazione in ordine alla doglianza avanzata in sede di appello circa la erronea revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena, trattandosi di precedente condanna divenuta irrevocabile circa otto anni prima, e non essendo stato il relativo motivo rinunciato. Nel ricorso proposto nell’interesse di MA.Or. si lamenta vizio di motivazione in punto di responsabilità in ordine ai reati ascrittigli, essendo state ignorate le critiche difensive, nonchè in ordine al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche. Nel ricorso proposto nell’interesse di M.M.S. si denuncia erroneità nel calcolo della diminuente del rito, che doveva condurre ad anni quattro e mesi sei di reclusione, e non ad anni cinque di reclusione come risulta nel dispositivo. Si lamenta, poi, che sia stata ritenuta l’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 7, mai contestata in fatto.

Anche nel ricorso proposto da A.D. si formulano censure sulla determinazione della pena, in quanto il giudice di appello, a proposito della continuazione, mentre ha ridotto la pena detentiva di soli tre mesi, ha addirittura aumentato di Euro 50 la pena pecuniaria, contro il divieto di reformatio inpeius.

Il ricorso di M.G. è fondato, in quanto, malgrado la richiesta di riforma della sentenza di primo grado nella parte in cui ha disposto la revoca della sospensione condizionale concessa con precedente sentenza, e pur trattandosi di motivo non rinunciato, il giudice dell’appello ha omesso di fornire qualsiasi motivazione sul punto. La sentenza deve quindi essere annullata con rinvio n parte qua. E’ fondata pure la doglianza formulata da M.M. S. in ordine alla determinazione della pena, giacchè secondo il calcolo che compare in motivazione la pena dovrebbe essere effettivamente pari ad anni quattro e mesi sei di reclusione e non di anni cinque, come riportato in dispositivo. Tale motivo si estende anche ad A.D., in quanto l’erroneo calcolo è comune anche alla sua posizione. Sussiste, dunque, un evidente vizio di motivazione, in quanto i parametri enunciati in parte motiva non corrispondono al trattamento sanzionatorio finale stabilito nel dispositivo. E’ invece inammissibile il motivo di ricorso di M.M.S. in riferimento alla aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 7, trattandosi di motivo non riguardante la pena, e, dunque, rinunciato. Del pari inammissibile è la doglianza avanzata dall’ A. in riferimento alla determinazione della pena detentiva in continuazione, posto che la Corte ha correttamente statuito sul punto, mentre è fondata la censura relativa alla pena pecuniaria che nella specie risulta effettivamente aumentata di Euro 50 contra ius. Anche in riferimento agli enunciati vizi la sentenza impugnata deve essere dunque annullata con rinvio.

Il ricorso proposto nell’interesse di MA.Or. deve invece essere dichiarato inammissibile, in quanto i relativi motivi si limitano a prospettare assertive e scarne censure, prive di effettiva puntualizzazione rispetto ai temi solo labilmente coinvolti dalle doglianze, per di più a tratti coinvolgenti deduzioni di merito, inconferenti rispetto alla presente sede di legittimità. I motivi posti a basa del ricorso, infatti, non vanno oltre una prospettazione meramente assertiva di criteri di ordine generale, senza alcuna correlazione con gli argomenti puntualmente evocati a sostegno della decisione impugnata, la quale, al contrario, appare dotata di un corredo motivazionale del tutto congruo ed esente da censure sul piano della coerenza logico argomentativa. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che si stima equo determinare in Euro 1.000,00 alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata nei confronti di M.M. S. e A.D. limitatamente al trattamento sanzionatorio e nei confronti di M.G. limitatamente alla omessa pronuncia sulla richiesta concernente la revoca della sospensione condizionale della pena, rinviando per nuovo giudizio sui rispettivi punti ad altra sezione della Corte di appello di Bari.

Dichiara inammissibili nel resto i ricorsi di M.M.S. e A.D.. Dichiara inammissibile il ricorso di MA. O. che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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