Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 09-06-2011) 06-07-2011, n. 26370 Costruzioni abusive Reati edilizi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata il Tribunale di Belluno ha affermato la colpevolezza di M.G. in ordine al reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 1, lett. a), a lui ascritto perchè, in qualità di direttore dei lavori, realizzava opere difformi da quanto autorizzato con i permessi di costruire n. 418/03 del 12.12.2003, n. 8407/06 del 13.4.2006 e DIA in variante ed, in particolare, realizzava un fabbricato residenziale a schiera in località Casate Peron ad una distanza di cm. 30 circa dal fabbricato preesistente sul fondo finitimo, difformemente da quanto autorizzato (costruzione in aderenza) e, in ogni caso, a distanza inferiore ai dieci metri stabiliti dallo strumento urbanistico (art. 10 ZTOC).

Risultando incontroversi gli elementi di fatto della vicenda, il giudice di merito ha rigettato i rilievi difensivi con i quali si sosteneva che i lavori di costruzione del fabbricato non erano ancora ultimati alla data dell’accertamento. Sul punto la sentenza ha osservato che, in ogni caso, il permesso di costruire è scaduto il 27.1.2007 e che a tale data l’opera realizzata non era conforme alla normativa edilizia. La sentenza ha anche affermato che non poteva essere attribuita efficacia sanante degli interventi non conformi al permesso per il completamento dei lavori rilasciato dal Comune di Sodico in data 5.3.2008.

Con la stessa sentenza il Tribunale ha disposto la trasmissione al P.M. degli atti riguardanti tale D.D.D., computato quale legale rappresentante della ditta proprietaria dell’immobile ed esecutrice dei lavori.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore del M., che la denuncia per violazione di legge e vizi di motivazione.

Motivi della decisione

Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la violazione di norme stabilite a pena di nullità di cui agli artt. 521 e 522 c.p.p..

Si osserva che alla data dell’accertamento, differentemente da quanto indicato nel capo di imputazione, i lavori erano ancora in corso, sicchè era stato dedotto dalla difesa dell’imputato che non poteva ritenersi sussistente, allo stato, la difformità parziale dei lavori rispetto al permesso di costruire.

Il giudice di merito, pur aderendo a tale impostazione, ha ritenuto comunque sussistente il reato sotto il profilo della non conformità delle opere allo strumento urbanistico alla data del 27.1.2007, giorno nel quale sarebbe scaduto il triennio di validità del permesso di costruire. Si deduce, in contrario, che alla data del 27.1.2007 non può ritenersi sussistente la violazione contestata, in quanto i lavori non erano ultimati e solo al momento della ultimazione delle opere sarebbe stato possibile valutare un’eventuale difformità rispetto alla concessione o alla normativa urbanistica.

La data del 27.1.2007 poteva solo assumere rilievo come termine di decadenza del titolo abilitativo, così come affermato in sentenza.

Il fatto di cui alla affermazione di colpevolezza è, però, diverso da quello contestato con la conseguente nullità del provvedimento impugnato. Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia illogicità e contraddittorietà della motivazione della sentenza.

Si deduce illogicità della motivazione per aver fatto coincidere l’ultimazione dei lavori con la data di scadenza del permesso di costruire, mentre all’epoca i lavori erano ancora in corso di esecuzione. L’erroneità della valutazione di merito sul punto trova riscontro nel fatto che il Comune di Sedico ha successivamente rilasciato il permesso di costruire n. 474/2007 per l’ultimazione delle opere non ancora realizzate, ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 15, comma 3.

Con l’ultimo mezzo di annullamento si denuncia la violazione dell’art. 157 c.p., deducendosi che il reato doveva essere dichiarato prescritto.

Si deduce che l’intercapedine tra gli edifici risultava essere già stata realizzata alla data del 31.10,2005, secondo quanto risulta da una lettera inviata dal proprietario dell’immobile confinante all’Ufficio Tecnico del Comune, con la conseguenza che il termine di prescrizione del reato è di due anni ai sensi dell’art. 157 c.p. nella formulazione previgente all’entrata in vigore della L. n. 251 del 2005.

Il ricorso non è fondato.

E’ stato, di recente, definitivamente affermato da questa Suprema Corte che "In tema di correlazione tra imputazione contestata e sentenza, per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l’ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa; ne consegue che l’indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perchè, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l’imputato, attraverso l’iter" del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all’oggetto dell’imputazione" (sez. un. 15.7.2010n. 36551, Carelli, RV 248051).

Orbene, nel caso in esame, nucleo fondamentale del fatto contestato è l’esistenza della difformità della costruzione rispetto alla previsione del permesso di costruire o alle prescrizioni dello strumento urbanistico con riferimento alla distanza dell’edificio in corso di realizzazione da quello confinante, mentre la individuazione di una diversa data di commissione del fatto rispetto a quella dell’accertamento non determina alcuna variazione essenziale della contestazione e, peraltro, costituisce conseguenza delle stesse prospettazioni difensive dell’imputato.

Sicchè, non sussiste nè l’affermazione di colpevolezza per un fatto diverso rispetto a quello oggetto di imputazione, nè violazione del diritto di difesa.

Anche il secondo motivo di gravame è infondato.

L’affermazione del giudice di merito, secondo il quale, in ogni caso, la commissione del reato doveva ritenersi verificata alla data di scadenza di efficacia del permesso di costruire costituisce una deduzione logica, giuridicamente corretta, dal fatto che, pur non essendo ultimati i lavori in tale data, l’imputato non avrebbe potuto legittimamente proseguirne la esecuzione al fine di eliminare la difformità ormai definitivamente verificatasi con certezza.

Peraltro, in sentenza si afferma che anche dopo il rilascio del permesso di costruire per consentire la ultimazione delle opere non risulta essere stata eliminata la difformità.

La questione della carenza di efficacia sanante del permesso di costruire rilasciato per il completamento dei lavori non ha neppure formato oggetto di contestazione.

Non sussiste, quindi, il vizio logico dedotto con il secondo motivo di gravame, in quanto il giudice di merito non ha affatto confuso il completamento dei lavori con la scadenza di efficacia del permesso di costruire.

E’, infine, infondato l’ultimo motivo di gravame.

La deduzione secondo la quale la difformità si sarebbe già verificata alla data del 31.10.2005 è in contrasto logico con quanto sostenuto dallo stesso imputato nelle sue deduzioni difensive, secondo il quale allorchè i lavori sono in corso non può essere affermata l’esistenza di una difformità.

Deduzione fatta propria dal giudice di merito e giuridicamente corretta poichè alla data della denunzia del proprietario confinante i lavori erano legittimamente in corso, sicchè la difformità non assumeva a tale data giuridica rilevanza, potendo essere eliminata dal ricorrente.

Nè è stata dimostrata nella sede di merito e neppure dedotta dall’imputato la eventuale impossibilità di eliminarla, al fine di individuare una diversa data di decorrenza della prescrizione.

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato con le conseguenze di legge.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna ti ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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