Cons. Stato Sez. VI, Sent., 08-07-2011, n. 4105 Rapporto di pubblico impiego

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per la Toscana n. 2127/2005 la T. s.p.a.impugnava il provvedimento del Dipartimento della prevenzione dell’AUSL n. 4 di Prato del 23 novembre 2005, recante "Verbale di prescrizione in materia di sicurezza del lavoro". Oggetto del verbale era l’ordine di "rimuovere il dispositivo VACMA" nonché tutti i dispositivi analoghi "installati sui locomotori in transito nel territorio di competenza" della menzionata Azienda sanitaria.

Il dispositivo, affermava la ricorrente, consiste in un’apparecchiatura installata nella cabina di guida dei locomotori e che richiede, da parte del guidatore, la pressione di un pedale ed il suo rilascio momentaneo e periodico in prefissati intervalli temporali, al fine di garantire lo stato di vigilanza del conduttore.

1.1 Il Tribunale amministrativo per la Toscana, con sentenza 20 gennaio 2006, n. 162, dichiarava inammissibile il ricorso per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

Riteneva infatti il TAR che, anche a prescindere dal nomen iuris attribuito all’atto dall’organo ispettivo che lo aveva redatto, l’atto impugnato conteneva gli elementi tipici dell’all’art. 20, comma 1, del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, idonei a caratterizzarlo come "atto di prescrizione". Ne conseguiva che i reati contravvenzionali contestati sono quelli indicati nel paragrafo 2 dell’atto impugnato, vale a dire la violazione dell’art. 35, comma 1, d.lgs 19 settembre 1994, n. 626, nonché la violazione dell’art. 4, comma 5, lettera b) del medesimo decreto legislativo, sommariamente descritti quanto ai presupposti di fatto che concretizzano la rilevanza penale delle contestate attività poste in essere dalla ricorrente. Ciò comportava che l’atto impugnato avrebbe accertato la violazione di una contravvenzione caratterizzata dalla circostanza che il contenuto del precetto, alla stregua di una norma penale in bianco, può essere rimesso alla definizione con il contributo di fonti anche di livello secondario o di natura formalmente amministrativa.

Di conseguenza, dato che il provvedimento impugnato era qualificabile come atto di "prescrizione" ai sensi della normativa surrichiamata, non era annoverabile tra i provvedimenti amministrativi, dovendoglisi attribuire, invece, natura di atto di polizia giudiziaria, rispetto al quale il giudice amministrativo difetta di giurisdizione.

2. Contro tale sentenza che negava la la giurisdizione del giudice amministrativo e dichiarava inammissibile il ricorso, ricorreva in appello T. s.p.a..

La causa veniva assunta in decisione alla pubblica udienza del 31 maggio 2011.

2.1 Nell’atto di appello, dopo una descrizione tecnica del dispositivo VACMA in questione, T. s.p.a. ha ricostruito il quadro normativo comunitario e nazionale che aveva portato all’istituzione del Gestore dell’infrastruttura ed alla devoluzione al medesimo della normativa tecnica inerente l’obbligatoria adozione del dispositivo in esame.

Veniva negato che il provvedimento adottato dall’USL n. 4 di Prato ricadesse nell’ambito della materia "sicurezza del lavoro", rinvenendosi invece in esso "unicamente profili tecnici inerenti all’efficacia del VACMA in relazione alla sicurezza della circolazione ferroviaria".

Era quindi erronea l’autoqualificazione dell’atto impugnato quale "verbale di prescrizione in materia di sicurezza sul lavoro", dal che discendeva l’erroneità della qualificazione come elemento rilevante per affermare la carenza di giurisdizione del giudice amministrativo. Invece l’Amministrazione ha esercitato un "potere di disposizione", discrezionale e ricadente nella giurisdizione amministrativa. Non si tratta di un atto da qualificarsi realmente come "diffida con prescrizione, che rappresenta un potere fondato su norme a struttura rigida, analitiche e tassative nel prevedere le misure di prevenzione e gli adempimenti posti a carico del datore di lavoro.

3. Il ricorso in appello va respinto, perché bene ha deciso il primo giudice ritenendo che sul tema sussiste la giurisdizione ordinaria. Invero è stato chiarito dal giudice della giurisdizione (Cass., SS.UU., 4 marzo 2009, n. 5163) che compete al giudice ordinario la controversia instaurata da dipendenti di T., e dal rappresentante per la sicurezza dei lavoratori ai sensi del d.lgs. 19 settembre 1994, n. 626, per l’inibizione di modalità di lavoro implicanti una situazione di pericolo per l’integrità fisica dei lavoratori (conduzione dei treni con agente unico in mancanza dei requisiti di sicurezza e con l’impiego del dispositivo di vigilanza automatica privo di adeguata valutazione del rischio), trattandosi di materia riguardante l’adempimento datoriale dell’obbligo di sicurezza della prestazione di lavoro e risultando irrilevante, ai fini della giurisdizione, l’eventuale interferenza della pronuncia del giudice sulle disposizioni impartite (nella specie, mediante direttiva generale) dalla rete ferroviaria italiana, gestore delle infrastrutture ferroviarie..

È stato ivi chiarito che l’azione non ha ad oggetto provvedimenti amministrativi di organizzazione del servizio, ma la rimozione di una situazione di pericolo, insorta nell’ambito di un rapporto di lavoro privatistico; la controversia, dunque, non implica l’impugnazione di atti amministrativi, per quanto di modificazione dell’organizzazione del lavoro, ma la situazione di rischio oggettivo delle condizioni lavorative dei dipendenti conseguente alla modifica delle modalità di svolgimento della prestazione. Dunque la posizione soggettiva dedotta in giudizio è un diritto soggettivo.

Alla stregua di tale principio, il ricorso va rigettato e va dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario (cfr. anche Cass., SS.UU., 4 marzo 2009, n. 5163).

4. Corretta è dunque la valutazione in punto di giurisdizione del giudice di primo grado nel dichiarare inammissibile il ricorso proposto da T. s.p.a..

L’atto impugnato in realtà corrisponde al nomen iuris attribuitogli dall’organo ispettivo di vigilanza, quale provvedimento iniziale della procedura dell’articolo 20 d.lgs. 19 dicembre 1994, n. 758 (recante disposizioni sulle modalità di estinzione delle contravvenzioni in materia di sicurezza e di igiene del lavoro).La conferma dell’appellata sentenza comporta dunque la conferma della dichiarazione di inammissibilità del ricorso originario.

Le spese possono essere compensate in ragione della complessità della causa.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge, confermando la sentenza di primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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