Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 09-06-2011) 06-07-2011, n. 26337

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ordinanza in data 01.09.2010 il Tribunale monocratico di Bassano del Grappa, in funzione di giudice dell’esecuzione, applicava a T.E. la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per anni cinque in relazione alla condanna di cui alla sentenza 10.06.2010 (a pena detentiva di anni 4 e mesi 4 di reclusione), rilevata l’obbligatorietà di tale pena accessoria e la mancata pronuncia di essa in detta sentenza. Con successiva ordinanza in data 23.11.2010 lo stesso Tribunale, adito in opposizione, confermava tale pronuncia.

2. Avverso tale ultimo provvedimento proponeva ricorso per cassazione l’anzidetto condannato che motivava l’impugnazione deducendo: essendo la sentenza passata in giudicato non era più possibile pronunciare in merito alla pena accessoria.

3. Il Procuratore generale presso questa Corte depositava quindi requisitoria con la quale richiedeva declaratoria di inammissibilità del ricorso.

4. Il ricorso, manifestamente infondato, deve essere dichiarato inammissibile con ogni dovuta conseguenza di legge.

Ed invero è del tutto pacifico, nella giurisprudenza di questa Corte di legittimità, che la pena accessoria che non sia stata disposta nella sentenza ben possa essere applicata in sede esecutiva qualora si tratti di pena accessoria obbligatoria per legge e predeterminata per specie e durata (cfr., ex pluribus, Cass. Pen. Sez. 1, n. 45381 in data 10.11.2004, Rv. 230129, P.G. in proc. Tinnirello; ec).

Tale procedura è correttamente praticata, peraltro, anche nel caso – come il presente – di sentenza emessa a seguito del c.d. patteggiamento allargato, in tal caso non vigendo il divieto di cui all’art. 445 c.p.p., comma 1, (cfr., in termini, Cass. Pen. Sez. 6, n. 16034 in data 26.03.2009, Rv. 243527, P.G. in proc. Binaj).

L’applicazione in sede esecutiva dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici, pena accessoria obbligatoria e predeterminata per legge in specie e durata, è pertanto del tutto legittima.

In definitiva il ricorso, palesemente infondato, risulta inammissibile, ex art. 591 c.p.p. e art. 606 c.p.p., comma 3.

Alla declaratoria d’inammissibilità consegue per legge, in forza del disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al versamento della somma, tale ritenuta congrua, di Euro 1.000,00 (mille) in favore della Cassa delle Ammende, non esulando profili di colpa nel ricorso proposto in termini palesemente infondati (v. sentenza Corte Cost. n. 186/2000).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente T. E. al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1.000,00 (mille) in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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