Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 09-06-2011) 06-07-2011, n. 26289

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con sentenza, deliberata il 9 giugno 2010 e depositata il 16 giugno 2010, il Giudice di pace di Milano ha condannato alla pena dell’ammenda in euro tremilacinquecento M.M.G. A., imputato della contravvenzione di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 10-bis, motivando: ricorre l’elemento materiale e psicologico del reato; deve essere disattesa la eccezione di illegittimità costituzionale della norma incriminatrice per violazione degli artt. 2 e 3 Cost., art. 24 Cost., comma 2, art. 25 Cost., comma 2 e art. 97 Cost., comma 2; la sanzione è congruamente determinata nella misura indicata, prevedendo la legge l’ammenda "fino al limite massimo di Euro 10.000". 2. – Ricorre per cassazione l’imputato, col ministero del difensore di fiducia, avvocato Daniela Damiano, mediante atto recante la data del 29 ottobre 2010, col quale sviluppa due motivi.

2.1 – Con il primo motivo il ricorrente reitera l’eccezione di legittimità costituzionale, deducendo che norma incriminatrice contrasta con i principi della uguaglianza (per la mancata previsione della clausola del giustificato motivo), della ragionevolezza, della proporzionalità, della offensività, della responsabilità personale, della solidarietà, della conformazione alle norme del diritto internazionale in relazione alle convenzioni sull’asilo politico, sui lavoratori migranti, sui diritti del fanciullo e in relazione alla dichiarazione sui diritti dell’uomo.

2.2 – Con il secondo motivo il difensore dichiara promiscuamente di denunziare, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 10-bis, nonchè mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, deducendo che essendo il ricorrente indagato per i reati di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 6 e art. 14, comma 5-ter, ricorreva la clausola di esclusione della ritenuta contravvenzione nel concorso dei reati più gravi; censurando la omessa motivazione sulle richieste difensive di non luogo a provvedere o, quanto meno, di sospensione del giudizio e circa la dosimetria della pena, computata senza indicazione della pena base e senza che sia dato comprendere "se siano state concesse le attenuanti generiche". 3. – Il ricorso è infondato.

3.1 – La eccezione di illegittimità costituzionale riproposta dal ricorrente è manifestamente infondata, sotto tutti i profili, alla stregua dei principi di diritto affermati dal Giudice delle leggi, giusta sentenza 9 giugno 2010, n. 250, alla quale è sufficiente fare rinvio.

3.2 – L’assunto del ricorrente circa la clausola di esclusione del reato in relazione alla contravvenzione prevista dal D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 6, comma 3, e/o al delitto di cui al successivo art. 14, comma 5-ter, è privo di pregio.

Nei confronti dello straniero illegittimamente soggiornante sul territorio nazionale non è, infatti, configurabile la contravvenzione prevista dal D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 6, comma 3, come novellato dalla L. 15 luglio 2009, n. 94, art. 1, comma 22, lett. h), (Cass., Sez. Un., 24 febbraio 2011, n. 16453, Alacev).

La questione del concorso tra la contravvenzione ritenuta a carico del ricorrente e il delitto dell’art. 14, comma 5-ter, cit. (peraltro ammesso da Cass., Sez. 1^, 7 aprile 2010, n. 16297, Khan, massima n. 246663 e Cass., Sez. 1^, 8 luglio 2010, n. 34246, El Boukahri, massima n. 248342) è, ormai superata in radice, a cagione della inapplicabilità della norma incriminatrice (del delitto) in forza della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 16 dicembre 2008, 2008/115/CE, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, e alla luce del recentissimo arresto della Corte di giustizia della Unione europea, Sezione 1^, 28 aprile 2011, nel procedimento C-61/11 PPU. 3.3 – Il Giudice di pace, senza riconoscere le attenuanti generiche, ha commisurato la pena in misura inferiore al minimo edittale (pari a Euro 5.000 di ammenda) sul presupposto errato che la norma incriminatrice recasse esclusivamente la indicazione del massimo.

Ferma la dosimetria della sanzione – in difetto della impugnazione da parte dell’inerte Pubblico Ministero in base al principio del divieto della reformatio in peius – al ricorrente non può essere riconosciuto interesse giuridicamente apprezzabile a dolersi del trattamento sanzionatorio (più favorevole) illegittimamente lucrato.

3.4 – Conseguono il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *