Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 07-06-2011) 06-07-2011, n. 26331 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Reggio Calabria, investito ex art. 309 c.p.p. della richiesta di riesame avanzata dall’indagato N.P.A., ha confermato l’ordinanza del Giudice delle indagini preliminari che in data 16.12.2010 aveva applicato al N. la custodia cautelare in carcere per il reato di cui all’art. 416 bis c.p..

1.1. Al N. era in particolare contestato di avere fatto parte dell’associazione di tipo mafioso denominata ‘ndrangheta e di avere fornito un costante contributo alla vita del sodalizio: proponendosi quale candidato di riferimento della cosca Pelle in occasione delle elezioni per il Consiglio della Regione Calabria per l’anno 2010, seguendo le direttive impartite dal boss P.G. cl. (OMISSIS);

mettendo a disposizione della cosca le sue competenze mediche, in particolare per l’eventuale cura di latitanti, anche appartenenti a cosche amiche (Ficara-Latella); ponendosi comunque, e più in generale, a completa disposizione del sodalizio e cooperando con gli altri associati alla realizzazione del programma criminoso.

1.2. A ragione della decisione il Tribunale osservava che nell’ambito di un’indagine su vasta scala relativa alla ‘ndrangheta reggina e a presunti esponenti della cosca Pelle di San Luca, erano emersi a carico di N.P.A. elementi indiziari traibili dalle intercettazioni effettuate all’interno dell’abitazione di P. G. (figlio secondogenito di P.A., detto (OMISSIS), a cui era succeduto, anche a causa della detenzione del fratello maggiore A., quale capo dell’ominimo clan), confortati (quanto a individuazione dei colloquianti) dalle videoriprese registrate all’esterno della sua abitazione. In particolare, durante il periodo che andava dal 28 febbraio 2010 alla data del fermo, avvenuto il (OMISSIS), P.G. aveva ricevuto visite di diversi soggetti noti alle forze dell’ordine ed esponenti della criminalità locale e aveva intrattenuto una sere di contatti con esponenti politici locali, incontrando candidati alle elezioni regionali fissate per il 28 e 29 marzo 2010.

In tale contesto, lo specifico coinvolgimento di N.P. A., candidato appoggiato dai Pelle, sarebbe emerse dalle conversazioni:

– del 13 marzo 2010, tra P.G. e F.G., cui avevano partecipato anche tali Z.G. e P. F., nel corso della quale P.G. aveva raccomandato N.P. al clan Ficara, dicendo che era un "amico fidato", un medico al quale ci si poteva sempre rivolgere, anche a prescindere dalle votazioni, per ogni evenienza e per eventuali necessità di latitanti, che era personalmente a disposizione per chiunque di loro andasse e aveva un mondo di persone, di altri medici, ai quali poteva rivolgersi, e che, se la famiglia Ficara l’avesse sostenuto nelle elezioni, si sarebbe dovuto porre a disposizione del suo interlocutore; il P. aveva quindi chiesto al nipote, A., di cercare il N. perchè si presentasse a F.G., ma A. non l’aveva trovato e N. non era arrivato, sicchè P.G. aveva raccomandato a I.F. di comunicare al N., che si sarebbe dovuto tenere a disposizione – pena la rottura con lo stesso P.G. – di F.G., il quale avrebbe "lavorato" per lui interessando amici e altre famiglie (senza però "sgarrare" con quelle, importanti, che avessero propri candidati);

– del 20 marzo 2010, tra P.G., F.G. e B.C., nel corso della quale ancora si parlava dei voti da dare al N. e di come eventualmente spartire i voti in caso di altre famiglie impegnate con altri candidati;

– del 27 marzo 2010 tra P.G., V.M. e persona presentata come il genero del N., nel corso della quale gli interlocutori contavano le persone contattate e analizzavano la campagna elettorale, rimarcando la dispersione di voti; i progetti e le strategie in vista della scalata politica (nazionale) di loro candidati da rimpiazzare via via con altri a livello locale; i contatti avuti con esponenti mafiosi (tra i quali M. F., gli Iamonte); la non adeguata partecipazione, però, del candidato N. (non propenso ad andare nei piccoli centri a parlare con la gente);

– del 2 aprile 2010 (dopo che all’interno della casa di P. G. erano arrivati N.D. con la moglie M. D., N.R. e M.G.) nel corso della quale veniva analizzato l’insuccesso elettorale e P.G. parlando con il M. rimproverava a N.P. di non essersi dato abbastanza da fare e di non essere partito bene neppure a casa sua ((OMISSIS)), ricordando quanto aveva già detto in precedenza (al M. sul fatto) che il N. non sarebbe andato da nessuna parte;

– del 5 marzo, appunto, quando, visti entrare nella casa M. G. e N.R., P. aveva effettivamente esternato le sue perplessità per il candidato N., dicendo che certi non lo avrebbero proprio votato; che altri politici avevano fatto promesse (più consistenti); che a differenza di quei candidati il N. non poteva offrire aiuti che nell’ambito della sua professione medica, locale (e la gente se non andava a (OMISSIS) andava altrove), non aveva investito abbastanza denaro nella campagna ( M. confermava che altri avevano pagato per i voti); che lui ( P.) non aveva fiducia nella riuscita del N..

Emergeva da tali conversazioni, ad avviso del Tribunale, un impegno costante e generalizzato di N.P. a favore della cosca, come medico e, se fosse stato eletto, come futuro consigliere regionale; più volte P.G. ne aveva parlato come uno di "noi" e aveva decantato il suo essere comunque a disposizione, funzionale (afferma il Tribunale) alla attività dell’organizzazione mafiosa. La circostanza che il N. non fosse stato eletto non incideva, sempre secondo il Tribunale, sulla sua assoluta disponibilità a favorire la cosca Pelle e, nel futuro, le affratellate: tale atteggiamento bastando a far ritenere sussistente la partecipazione mafiosa. L’indagato aveva, per altro, ammesso di coltivare rapporti di amicizia e simpatia con P.G. e di essersi recato più volte a trovarlo per ragioni non professionali, pur conoscendo la storia familiare. Proprio il fatto poi che durante la competizione elettorale si fosse tenuto prudenzialmente "lontano" non costituiva dato a suo favore ma dimostrava al contrario una prudenza che dipendeva dalla piena consapevolezza dell’impegno che stava portando avanti per lui l’organizzazione criminale.

2. Ha proposto ricorso l’indagato a mezzo del difensore avvocato Pietro Modaffari, chiedendo l’annullamento della ordinanza impugnata.

Denunzia violazione di legge sostanziale e processuale e manifesta contraddittorietà della motivazione, osservando che in sede di riesame si era dedotto:

– da un lato che la tesi che il N. fosse il candidato di riferimento della cosca Pelle risultava smentito dall’insuccesso elettorale e dal fatto che a (OMISSIS) aveva riportato due soli voti, e che altrettanto modesti erano stati i voti nei comuni d’influenza dei Pelle; che P.G. aveva preso in giro l’avvocato I.F. e il farmacista V.M., amici di famiglia del N. che lo sostenevano da lunga data; che P. G. aveva incontrato prima di parlare a F. altri candidati ( Z.); che dalla stessa conversazione del 5 marzo 2010, precedente alle elezioni, già emergeva che i tre interlocutori sapevano che N. non sarebbe stato eletto perchè non aveva cosa dare, non faceva promesse e non comprava voti, e P.G. aveva detto che non lo avrebbe votato nessuno ( M. convenendo che avrebbe preso una "scoppola"); che dalla conversazione del 2.4.2001 emergeva poi che i "suoi" non l’avevano votato, quindi non era uomo dei Pelle;

– dall’altro che l’assunto che il N. avesse messo a disposizione per fini illeciti le sue competenze era priva di fondamento; che il N. aveva spiegato di non essere un medico ospedaliero ma di svolgere attività sul territorio come responsabile della medicina legale e aveva chiarito di avere rapporti amicali con i Pelle e di avere svolto per loro consulenze mediche di parte e di essersi adoperato per fare eseguire loro visite specialistiche; che non aveva invece mai assistito latitanti e nulla dimostrava il contrario, neppure un sospetto di favoreggiamento avendo trovato riscontro nel corso delle indagini ad ampio raggio espletate; che N. non era stato mai, inoltre, indagato in altri procedimenti;

che in nessuna delle conversazioni intercettate P.G. diceva mai, tantomeno al F., che il N. era intraneo alla cosca, indicandolo soltanto come un amico fidato; che era stato il F. a ipotizzare che un latitante ne potesse avere bisogno e P.G. s’era limitato ad assecondarlo; che l’ammonizione, tramite lo I., di essere disponibile con il F. pena la rottura dei rapporti con P., dimostrava anzi che non era un associato; che la lettura integrale delle conversazioni tra P. e F. dimostrava che alla elezione del N. era dedicato uno spazio minimo; che lo stesso N. s’era presentato dai Carabinieri non appena aveva appreso dai giornali che le indagini concernevano un medico a nome " Pi.".

Il Tribunale del riesame aveva eluso le risposte a tali rilievi, riproponendo la qualifica – errata – di medico ospedaliero del N.; enfatizzando stralci di conversazioni ma omettendo di considerarle nelle parti indicate dalla difesa (l’avvertimento di P.G., tramite I., che se non si fosse messo a disposizione di F. con lui avrebbe rotto); affermando che il P. si mostrava fiducioso della vittoria del N. e impegnato nella sua campagna elettorale ma tralasciando il dato significativo che a (OMISSIS) N. aveva riportato due soli voti;

completamente trascurando nella sostanza la conversazione del 5 marzo, che assieme ai risultati dimostrava il reale completo disinteresse dei Pelle; travisando il tenore delle conversazioni allorchè aveva sostenuto che P. aveva detto che N. era "uno di noi", cosa in verità mai detta, giacchè il P. s’era limitato invece a parlarne come di persona disponibile dal punto di vista sanitario.

I dati acquisiti non consentivano, d’altra parte, di affermare alcuna condotta di partecipazione, non risultando condotte illecite del N. e avendo lo stesso P. ammesso che si trattava di persona non utile ai suoi interessi, non emergendo che fosse affiliato nè uomo d’onore, mancando la prova di qualsivoglia contributo effettivo e non essendovi riscontro persino alla generica disponibilità riferita da P.G..

3. E’ stata quindi prodotta memoria, a nome degli avvocati Modafferi e Domenico Naccari nell’interesse del N., recante in allegato copia dei risultati elettorali per San Luca e paesi vicini, con la quale si insiste per l’accoglimento del ricorso. Con tale atto si evidenzia: che non vi erano elementi che dimostrassero che il ricorrente era soggetto sicuramente e incondizionatamente disponibile a prestare assistenza a mafiosi; che lo stesso P., indicando nel ricorrente un amico fidato, evidenziava che poteva dare aiuto soltanto ad alcune persone a livello ospedaliero locale, la gente non avendo bisogno di lui e potendo andare altrove; che contrastavano l’affermata sua incondizionata disponibilità le circostanze che, convocato, non si era presentato, che non aveva mai incontrato il F., che non si era mai dichiarato disponibile nei suoi confronti; che le frasi relative al fatto che se N. non avesse potuto aderire alle richiesta di F., lo avrebbe dovuto dire chiaramente, pena la rottura con il P., dimostravano la sua non intraneità; che i dati acquisiti mediante le conversazioni del 2 aprile e del 5 marzo 2010 dimostravano che il N. non era mai stato il candidato di riferimento dei Pelle e che il suo atteggiamento, apertamente criticato, dimostrava disinteresse; che le dichiarazioni del P. sulla disponibilità – non generale ma particolare – del N. non avevano trovato riscontro alcuno.

Si rimarca quindi che non sussistevano gli estremi della partecipazione mafiosa, non risultando in alcun modo dimostrata l’affectio societatis, anzi non risultando neppure una condotta idonea a delineare il concorso esterno o la corruzione elettorale: a maggior ragione dovendo perciò escludersi una condotta associativa.

Motivi della decisione

1. Osserva il Collegio che il ricorso appare fondato.

In diritto, è appena il caso di ricordare che la nozione di associazione punibile a titolo di delitto contro l’ordine pubblico implica un’unione permanente e volontaria, finalizzata a conseguire scopi illeciti comuni con volontà e attività collettive. A corollario del principio di necessaria offensività discende che l’accordo può dirsi seriamente contratto solo ove ne risulti l’idoneità a porre in pericolo l’ordine pubblico, ovverosia a realizzare i fini illeciti perseguiti. Per conseguenza, l’adesione all’associazione in tanto può dirsi provata in quanto venga dimostrata la consapevolezza e la volontà di ciascun associato di far parte del sodalizio e di partecipare con contributo causale "dinamico e funzionale" (Sez. u, sent. n. 33748 del 12/07/2005, Mannino) alla realizzazione del programma criminale comune, in ciò consistendo l’affectio societatis.

Tale partecipazione ben può, dunque, esprimersi con la "messa a disposizione" dell’organizzazione criminale, purchè sia ben chiaro che codesta messa a disposizione deve rivolgersi incondizionatamente al sodalizio ed essere di natura ed ampiezza tale da dimostrare l’adesione permanente e volontaria ad esso per ogni fine illecito suo proprio. La "messa a disposizione" rilevante ai fini della prova dell’adesione all’associazione mafiosa non può risolversi perciò nella mera disponibilità eventualmente manifestata nei confronti di singoli associati, a servizio di loro interessi particolari, nè con la promessa, e neppure con la prestazione, di contributi a specifiche attività, che, pur indirettamente funzionali alla vita dell’associazione, si risolvano in apporti delimitati, nel tempo e quanto a soggetti e oggetto cui sono rivolti.

E’ d’altra parte principio consolidato che eventuali condotte d’ausilio al sodalizio realizzate da colui che non è stabilmente inserito nella struttura associativa, sono semmai punibili a titolo di concorso esterno, sempre però che esplichino un’effettiva rilevanza causale per la conservazione o il rafforzamento delle capacità operative dell’associazione.

Quello che certamente non può ammettersi è dunque che la mera promessa di contributi esterni sia ricondotta, mancando la prova della loro rilevanza causale, ad un’ipotesi di partecipazione, surrogandosi il difetto di prova all’affectio societatis con l’equivoca evocazione di una manifestata disponibilità verso taluni associati, seppure di livello apicale.

2. Nel caso in esame, secondo la contestazione la partecipazione all’associazione di stampo mafioso era realizzata dal N.: (a) "proponendosi come candidato di riferimento della cosca Pelle e seguendo pedissequamente le disposizioni impartite dal boss P. G."; (b) "mettendo a completa disposizione della cosca Pelle le sue competenze in materia medica, in particolare per l’eventuale cura di latitanti, anche appartenenti a consorterie paritetiche legate alla cosca di San Luca (cosca Ficara-Latella)"; (c) "più in generale, mettendosi a completa disposizione degli interessi del sodalizio, cooperando con gli altri associati nella realizzazione del programma criminoso". 2.1. Ora però, quanto al primo aspetto (relativo al fatto che il ricorrente si sarebbe presentato alle elezioni regionali quale candidato di riferimento della cosca Pelle), il Tribunale ha omesso di rispondere adeguatamente alle corpose deduzioni difensive con le quali, per nulla a sproposito, si evidenziava come i risultati elettorali dimostrassero che proprio a San Luca e nei paesi "dominati" dalla famiglia Pelle, il N. aveva avuto una manciata di voti così esigua da far escludere persino che lo avessero votato gli stessi congiunti di P.G., men che meno tutti gli adepti della "famiglia" mafiosa Pelle.

L’osservazione del provvedimento impugnato – secondo cui la circostanza che proprio a San Luca il N. aveva avuto solo due voti costituiva dato irrilevante perchè quello che occorreva stabilire non era se l’appoggio offerto avesse dato i risultati sperati ma se tale appoggio vi era stato e se le ragioni di tale appoggio potevano essere rinvenute nella offerta disponibilità del candidato per il suo futuro impegno politico – è elusiva e inadeguata, giacchè le deduzioni difensive miravano in effetti a confutare che – al di là delle chiacchiere del P. con il F. – l’appoggio vi fosse effettivamente stato, e che il N. in vista di esso avesse effettivamente siglato un accordo con i Pelle.

La difesa aveva inoltre puntualmente evidenziato che già dalla conversazione del 5.3.2010 emergeva che P.G. non riponeva alcuna fiducia nel candidato N.. Il Tribunale ha sostanzialmente omesso di rispondere spostando, neppure troppo abilmente, la considerazione di tale conversazione alla fine di quelle analizzate, come se fosse anch’essa riferibile, contrariamente a quanto risulta dalla stessa sequenza temporale, a mere riflessioni post-fattuali.

Per contraddire le deduzioni difensive il provvedimento impugnato enfaticamente sottolinea invece più volte l’uso del pronome "noi", adoperato dal P., ma, estrapolendolo completamente dal contesto, omette di spiegare perchè era da intendere riferito ai Pelle e al N. anzichè allo schieramento "politico-elettorale" nel quale il P. mostrava di riconoscersi (non risultando dai brani riportati alcun testuale e diretto riferimento al N.).

Resta, dunque, che già nella conversazione del 5 marzo P. G. manifestava al M. la convinzione che N. non ce la poteva fare, e della compatibilità di detta conversazione con l’affermazione che il N. era il candidato di riferimento, sponsorizzato in via esclusiva dalla cosca Pelle, non viene data spiegazione. Della conversazione del 13.3.2003, dalla quale si prende le mosse per sostenere che il N. era il candidato dei Pelle perchè nel corso della stessa il P. lo proponeva al F., non si riportano gli antefatti, pure necessari a comprendere cosa chiedesse il F. e quale fosse il senso delle risposte del P.. La circostanza che il N. avesse pedissequamente seguito le direttive di P.G. non risulta comprovata da alcun elemento e anzi risulta obiettivamente contraddetta dai ripetuti rimproveri di scarso impegno e di "disobbedienza" alle sollecitazioni a girare per paesi, mossi nei suoi confronti, dei quali riferisce lo stesso provvedimento impugnato.

2.2. Quanto al secondo aspetto (relativo alla "messa a disposizione" delle competenze in materia medica, in particolare per l’eventuale cura di latitanti"), gli stessi elementi evidenziati dal provvedimento impugnato consentono di dubitare della esistenza di una disponibilità riconducibile alla nozione di partecipazione mafiosa.

Secondo lo stesso Tribunale, P.G. parla del N. come di un "amico fidato", e mai, a quanto è riportato, come di un adepto. Non risultano d’altro canto riferiti o accennati rapporti del N. con altri partecipi al sodalizio, al di fuori dei componenti la famiglia naturale di P.G..

E’ ancora P.G. che fa intendere, stando al provvedimento impugnato, che il N. aveva sempre mostrato la sua disponibilità in campo sanitario nei suoi confronti e nei confronti dei suoi, e sul punto l’interpretazione che il P. intendesse riferirsi alla disponibilità di N. ad aiutare, se richiesto, qualunque appartenente alla famiglia Pelle non è implausibile. Non vi è traccia tuttavia nel provvedimento impugnato di parole del P. che lascino effettivamente intendere l’esistenza di una generica messa a disposizione nei confronti della cosca, ovverosia di qualsivoglia sua adepto, senza bisogno di preventivo singolare interpello e intervento di P.G. ogni volta (la frase "c’è un latitante, lo porto da lui, è un amico fidato" prestandosi anzi a far ritenere l’opposto), nè della effettiva assunzione di un’analoga generica disponibilità anche nei confronti di tutti gli adepti alla cosca Ficara-Latella, o del solo F..

Nell’ambiguo contesto ricavabile dalla conversazioni riportate, non potevano tenersi, per altro, in nessun conto le osservazioni difensive sul fatto che, convocato, il N. non s’era presentato e che il P. aveva riferito al F. di avere detto al N.: "tu devi parlare chiaro … con questi che ti dico io, poi con gli altri fai quello che vuoi, … però con gli amici miei devi parlare chiaro, perchè se no rompi con me …", tanto dimostrando a chiare lettere l’esistenza di rapporti esclusivamente personali.

E’ vero che la mancata presentazione poteva essere ambigua; ma il dubbio sul significato di un fatto non può essere risolto dal giudice del merito in senso sfavorevole all’imputato salvo che non fornisca puntuale giustificazione dell’impossibilità di seguire una spiegazione alternativa a lui favorevole alla luce dell’univoco tenore di tutti gli ulteriori elementi acquisiti.

Mentre nessuna spiegazione risulta data alla evidente peculiarità della posizione del N. che emerge dalla frase richiamata dalla difesa (e riportata nel provvedimento impugnato) in base alla quale costui avrebbe potuto permettersi di disobbedire al capo del sodalizio senz’altra punizione che la rottura del personale rapporto intrattenuto con lui.

2.3. Nessun altro elemento sostiene quindi la contestazione che N. si sarebbe messo "a completa disposizione degli interessi del sodalizio, cooperando con gli altri associati nella realizzazione del programma criminoso".

Nulla, in particolare, dimostra un impegno, per il passato, del N. alla realizzazione del programma del sodalizio mafioso, e neppure risultano pregressi suoi collegamenti di sorta con altri associati, diversi da P.G.. Le frasi cui l’ordinanza impugnata riconnette la dimostrazione della generica disponibilità del N. per il futuro (pp. 22-23) appaiono quindi – secondo quanto riportato (pp. 6-7) – pronunziate dal P. all’atto di assicurare "a F. che avrebbe parlato con il candidato N. per fargli ben comprendere che avrebbe dovuto essere disposizione":

che P.G. le abbia dette al N. e, soprattutto, che questi abbia stretto un accordo in tal senso, non emerge da nessuno dei dati richiamati.

L’affermazione che vi era stata, da parte del N., quella "manifestazione d’impegno con cui l’affiliato mette a disposizione del sodalizio le proprie energie", risulta perciò priva di base fattuale.

3. In conclusione, il Tribunale non ha fornito giustificazione adeguata della ritenuta condotta di partecipazione del N. al sodalizio mafioso; non ha evidenziato suoi comportamenti sicuramente sintomatici di una generica e incondizionata messa a disposizione del sodalizio mafioso per la realizzazione del comune progetto criminoso;

non ha risposto esaurientemente alle censure difensive in tema di patente inverosimiglianza e smentita della tesi del candidato di riferimento prono ai voleri della cosca.

Il provvedimento impugnato deve per conseguenza essere annullato con rinvio al Tribunale di Reggio Calabria perchè proceda a nuovo esame attenendosi ai principi all’inizio evocati.

Non comportando la presente decisione la rimessione in libertà del ricorrente, la cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Reggio Calabria.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Così deciso in Roma, il 7 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2011

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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