T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, Sent., 08-07-2011, n. 6108 Trattamento economico

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con l’atto introduttivo del presente giudizio, è stato chiesto – da parte di 52 soggetti – l’accertamento del diritto

a) a vedersi computare, nella tredicesima mensilità, il compenso relativo alle (due) ore di lavoro settimanali prestate – obbligatoriamente – ai sensi dell’art.10 della legge n.231/90 e

b) a vedersi riliquidare, nel senso da essi auspicato (e, cioè, avuto riguardo alle cennate ore di lavoro), la cosiddetta "indennità di buonuscita".

All’esito della discussione svoltasi nella pubblica udienza dell’1.6.2011, il Collegio – trattenuta la causa in decisione – constata come le pretese attoree siano intrinsecamente infondate.

Al riguardo; premesso che il lavoro straordinario – ancorché prestato in modo fisso e continuativo – non può (in assenza di un’apposita norma di legge) trasformare la natura della prestazione lavorativa (effettuata oltre il normale orario di servizio) in prestazione ordinaria, si rileva come non sia sufficiente – ai fini di una positiva valutazione delle cennate pretese – la considerazione, da un lato, dell’obbligatorietà del lavoro (propria, del resto, di ogni prestazione straordinaria richiesta al personale militare) e, dall’altro, della predeterminazione (per legge) dell’entità del compenso "de quo": dato che tali elementi (cfr., sul punto, C.d.S., IV, n.1110/2006: e giurisprudenza ivi citata) non hanno altro ruolo che quello di una preventiva autorizzazione alla fruizione, da parte dell’Amministrazione militare, delle due ore settimanali di attività lavorativa straordinaria.

Si osserva, altresì

che la predeterminazione dell’entità del compenso non significa (a ben vedere) fissità dello stesso: rimanendo (infatti) fermo il criterio generale per la determinazione della misura della retribuzione in concreto dovuta (a seconda – cioè – che la prestazione avvenga in orario diurno, notturno o in giornata festiva);

che (d’altro canto) uno dei parametri ai quali deve esser commisurato il compenso per lo "straordinario" (oltre allo stipendio e all’indennità integrativa speciale) è costituito anche dal rateo di tredicesima mensilità relativo al trattamentobase;

che ciò rende illogica l’affermazione in base alla quale il compenso in questione dovrebbe concorrere ad incrementare la stessa voce a cui deve esser parametrato;

che, alla natura straordinaria della prestazione (e tanto basta ad escludere sospetti di illegittimità costituzionale della tesi che qui si propugna), corrisponde la straordinarietà del criterio di determinazione del compenso: il cui ammontare, a parità di prestazioni (del medesimo tipo) eventualmente rese nell’orario ordinario, risulta largamente remunerativo del sacrificio imposto.

Per quel che concerne la (parimenti richiesta) riliquidazione dell’indennità di buonuscita, non si può che ribadire quanto già evidenziato in occasione della soluzione di analoghe controversie: e, cioè (cfr., "ex multis", TAR Lazio, 1^ bis, n.648/2008), che il compenso percepito per il lavoro "de quo" – non partecipando della natura propria dello stipendio tabellare – non diviene (conseguentemente) parte integrante di questo.

Ed infatti; mentre lo stipendio tabellare – lungi dall’esser volto a remunerare la sola "quantità" del lavoro – è determinato sulla base di una serie di fattori, che tengono prevalentemente conto della professionalità del dipendente (e, dunque, della "qualità" della prestazione a questi affidata), il compenso (orario) per il lavoro straordinario non è proporzionato – di regola – alla quota di stipendio corrispondente alla normale unità oraria lavorativa: e ciò (cfr., sul punto, C.d.S., VI, n.16/99), anche "per la considerazione che tale lavoro viene ad accrescersi a mano a mano in penosità e a diminuire – correlativamente – in redditività".

Orbene; la riscontrata diversità ontologica non viene meno per il carattere obbligatorio eventualmente imposto (come nella circostanza) alla prestazione straordinaria: in quanto – anche in tal caso – il relativo compenso non costituisce una semplice maggiorazione stipendiale, ma è determinato (ancora e sempre) sulla base di appositi – e distinti – parametri. (E come tale, pur presentando natura indubbiamente retributiva, non è riconducibile alla nozione di cui all’art.38 del D.P.R. 1032/73).

Non va, del resto, dimenticato (cfr., qui, C.d.S., A.p., nn.4 e 18/1996) che la natura retributiva di un emolumento non costituisce – di per sé – elemento sufficiente per ritenerne la computabilità ai fini dell’indennità di buonuscita: che ha, per i dipendenti statali, una funzione chiaramente previdenziale; e richiede che, alla prestazione finale, corrisponda una specifica contribuzione.

Conclusivamente; atteso

che la composizione della predetta indennità (da un lato) e l’entità della relativa partecipazione contributiva (dall’altro) non possono che esser rimesse (cfr. C.d.S., n. 16/99 cit.) all’esclusiva, e discrezionale, valutazione del legislatore;

che l’emolumento in questione non è, pacificamente, ricompreso tra quelli utili per il trattamento previdenziale;

che il compenso per lavoro straordinario – a qualunque titolo, questo, sia prestato – non concorre a formare la base contributiva (e non può, quindi, esser computato ai fini di cui è causa),

il ricorso in esame non può (anche sotto il secondo dei profili esaminati) che esser riconosciuto infondato: e, per ciò stesso, meritevole di reiezione.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis)

rigetta il ricorso indicato in epigrafe;

condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese di lite: che liquida: in favore delle Amministrazioni resistenti in complessivi 8000 euro.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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