Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 07-06-2011) 06-07-2011, n. 26284

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La Corte d’appello dell’Aquila confermava la sentenza di condanna nei confronti di E.M. per il delitto di incendio doloso, osservando che gli elementi di prova raccolti erano idonei a supportare il giudizio di colpevolezza. Il fatto risaliva al 2003 e il teste principale, P.S., aveva riferito cha la propria vicina di casa lo aveva avvertito che il figlio stava per dare fuoco a delle palme sulla strada e quindi che portasse via l’auto. Aveva cercato di dissuadere il giovane dal fare una cosa simile, ma non vi era riuscito e, dopo circa mezz’ora, si era sviluppato un incendio che aveva coinvolto anche due auto e una parte della sua abitazione. Non aveva raccontato subito quanto sapeva ai carabinieri ma solo il 25 agosto successivo, dopo aver avuto un contrasto con la sorella dell’imputato. Il suo racconto era sempre stato univoco ed anche in dibattimento aveva risposto a tutte le contestazioni della difesa senza cadere in contraddizione. La sua attendibilità non era in discussione solo perchè aveva tardato a denunciare il fatto, visto che non aveva vantaggi da perseguire.

Inoltre vi erano significativi riscontri alla sua denuncia, visto che i vigili del fuoco avevano confermato la natura dolosa dell’atto e soprattutto il teste D.C. aveva riferito che quel giorno l’imputato si era presentato al suo distributore con un motorino per acquistare 3 litri di benzina che metteva in due contenitori di plastica. La circostanza che vi fosse una descrizione diversa tra i due testi dei contenitori utilizzati era del tutto irrilevante, così come l’orario diverso indicato in dibattimento da parte del P. non rilevava ai fini della sua attendibilità. In dibattimento aveva poi ammesso di aver deciso di raccontare i fatti ai carabinieri dopo la lite con la sorella dell’imputato, ma anche tale fatto secondo la corte non minava l’attendibilità del racconto.

La sentenza concludeva nel senso che, al di là del particolare che la denuncia era intervenuta solo dopo la lite con la sorella, l’attendibilità di quanto riferito era ampiamente dimostrata dai riscontri individualizzanti emersi nel processo, non sussistendo alcuna ragione per cui sia il P., sia il teste indifferente D.C. avessero dovuto accusare l’imputato pur sapendolo innocente. Infatti, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa non vi erano motivi di rancore diretti con l’imputato, e i contrasti con la sorella erano rientrati, visto che si era addivenuti ad una remissione di querela.

La determinazione della pena era equa vista la gravita del fatto, i precedenti penali e la fissazione in un limite di poco al di sopra del minimo edittale.

Avverso la decisione presentava ricorso l’imputato e deduceva – Mancanza di motivazione in relazione alle numerose contraddizioni rilevate nel corso della deposizione dibattimentale da parte del teste P. soprattutto sull’orario del fatto e su particolari riferiti per la prima volta in dibattimento a distanza di molti anni dall’evento; difetto di motivazione in relazione al colore della taniche della benzina non coincidenti con quanto riferito dall’altro testimone; reticenza per non aver riferito di aver raccontato il fatto solo dopo aver avuto un contrasto con la sorella dell’imputato, in conseguenza del quale vi era stata una denuncia per lesioni; il teste in tale occasione aveva minacciato di mandare in galera il fratello; difetto di motivazione sul rancore dimostrato nei confronti dell’imputato, sulla anomalia del comportamento di non aver denunciato subito il vicino se effettivamente lo avesse visto fare una cosa simile; difetto di motivazione sul contrasto insanabile sul tipo di lattine utilizzate per trasportare la benzina; omessa risposta a tutte le deduzioni difensive sulle menzogne profferite dal P. e sui motivi di astio che aveva nei confronti del vicino;

mancanza di motivazione sul dubbio esistente sull’origine dell’incendio visto che non era stata fatta alcuna perizia e che non era sufficiente l’opinione di coloro che l’avevano spento;

– Mancanza di motivazione sull’omessa concessione delle attenuanti generiche pur ricorrendone tutti i presupposti visto che il fatto non era grave, non vi erano stati danni a cose o persone e l’imputato era gravato da precedenti penali lievi e lontani nel tempo;

– Mancanza di motivazione sul diniego dell’applicazione dell’indulto visto che la sentenza era stata pronunciata dopo la promulgazione della legge e che quindi non doveva aspettarsi l’intervento del giudice dell’esecuzione.

La Corte ritiene che il ricorso sia inammissibile in quanto ha ad oggetto una mera rivisitazione dei fatti pretendendo di svolgere un terzo grado di giudizio, operazione inammissibile in sede di legittimità. Il difetto di motivazione denunciato è in realtà una richiesta di valutare in modo diverso l’attendibilità del denunciante nonostante che la corte territoriale avesse preso in considerazione tutte le deduzioni della difesa per disattenderle. I motivi di ricorso ripercorrono tutte le discrasie del racconto del P., ma dimenticano che, indipendentemente dai motivi che lo avevano indotto a denunciare il fatto, l’accusa rivolta nei confronti dell’imputato ha dei riscontri oggettivi e indiscussi che quindi rendono del tutto irrilevanti le marginali contraddizioni del suo racconto, come la deposizione del benzinaio che lo aveva individuato come colui che quel giorno aveva acquistato la benzina e l’accertamento dei vigili del fuoco che avevano verificato l’origine dolosa dell’incendio. Il trattamento punitivo è del tutto adeguato alla gravita del fatto che non può certo essere sminuita, tenuto conto del luogo in cui si è verificato l’incendio e dei danni provocati, nonchè tenuto conto della personalità del prevenuto gravato da precedenti.

Non sussiste alcuna nullità della decisione per omessa applicazione dell’indulto che deve essere richiesta al giudice dell’esecuzione proprio per evitare che l’indulto possa essere applicato al di fuori dei limiti consentiti; la giurisprudenza di legittimità ha sempre affermato che il ricorso per cassazione per tale motivo è consentito solo se il giudice di merito ha escluso l’applicazione dell’indulto (Sez. 5^ 22 ottobre 2009 n. 43262, rv. 245106).

Il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 alla cassa delle ammende.

P.Q.M.

solo se il giudice di merito ha escluso l’applicazione dell’indulto (Sez. 5^ 22 ottobre 2009 n. 43262, rv. 245106).

Il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 alla cassa delle ammende.

P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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