Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 01-06-2011) 06-07-2011, n. 26260

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

P.G. ricorre avverso la sentenza 10.6.10 della Corte di appello di Catania con la quale, in riforma di quella assolutoria pronunciata il 9.6.09 dal Tribunale di Catania-sezione distaccata di Mascalucia, è stato condannato alla pena di anni tre, mesi quattro di reclusione ed Euro 1.000,00 di multa per il reato di furto aggravato di un portafogli, commesso all’interno dell’abitazione della coniuge legalmente separata, M.R.T., in danno di un’amica di costei, U.L., che ivi era ospitata.

Deduce il ricorrente, con il primo motivo, violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) per avere la Corte di appello, nell’affermare la responsabilità dell’imputato ricostruito diversamente gli accadimenti, in modo suggestivo – e senza fornire alcuna spiegazione sulla scorta di quali dati probatori – rispetto alla sentenza assolutoria di primo grado, affermando che il P. era stato visto dalla p.o. fuggire dalla stanza per il balcone, mentre in primo grado si era affermato che il medesimo "usciva" dalla stanza, senza ulteriore specificazione.

Inoltre – prosegue il ricorrente – i giudici di secondo grado non avevano preso in considerazione, al fine di confutarle, le circostanze apprezzate dal giudice di primo grado, secondo cui non era rimasto accertato il momento in cui l’imputato avrebbe potuto nascondere il portafogli; il medesimo non era stato sorpreso con in mano il portafogli; la stanza in cui lo stesso era stato rinvenuto non era di uso esclusivo dell’imputato; l’appartamento era frequentato anche da altre persone, in particolare dalla collaboratrice domestica della proprietaria, la quale ultima aveva affermato trattarsi di persona che già aveva rubato presso la sua abitazione.

Con il secondo motivo si lamenta la mancata sussunzione del fatto sotto la previsione di cui agli artt. 56 e 624 c.p., non essendo il reato giunto alla soglia della consumazione per non avere l’imputato mai acquisito sulla res un personale potere di signoria.

Con il terzo motivo si lamenta violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e) con riferimento al trattamento sanzionatorio, sia per la sproporzione rispetto al reale disvalore del fatto contestato, apoditticamente essendo stato ritenuto dimostrativo di marcato allarme nella collettività, sia per avere erroneamente la Corte di appello considerato come pena base quella di cui al comma 2 dell’art. 625 c.p., aumentata per la contestata recidiva, pur non emergendo dal capo d’imputazione alcuna delle circostanze aggravanti previste dalla predetta norma.

Con il quarto motivo si deduce ancora violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e) per non avere la Corte di merito ritenuto l’attenuante ex art. 62 c.p., n. 4, ammontando il denaro contenuto nel portafogli ad Euro 165,00, per cui il danno era da considerarsi di speciale tenuità, nè le attenuanti generiche, non essendo al riguardo decisivi i precedenti penali dell’imputato.

Osserva la Corte che i primi due motivi di ricorso sono infondati.

Invero, i giudici di secondo grado, con motivazione esaustiva ed immune da vizi logico-giuridici, hanno ritenuto la responsabilità del P. in ordine al furto ascrittogli sulla base di circostanze di fatto oggettivamente acclarate, l’essere stato cioè l’imputato sorpreso dalla parte offesa mentre si stava allontanando dalla stanza in cui la stessa era ospitata, constatando nell’immediatezza che dalla propria borsa, in quella stessa stanza riposta, era scomparso il portafogli.

L’immediato intervento delle Forze dell’ordine aveva consentito di rinvenire prontamente il portafogli nascosto al di sopra dell’armadio della stanza del P. – adiacente a quella della p.o. e con la medesima collegata attraverso il balcone per il quale l’imputato si era allontanato (circostanza risultante anche dalla sentenza di primo grado) – e pertanto, hanno del tutto logicamente concluso i giudici di appello, non vi erano dubbi che a commettere il furto del portafogli era stato P.G. il quale, sorpreso in flagranza, era riuscito ad allontanarsi dalla stanza, a far rientro nella propria e ad occultare il maltolto al di sopra dell’armadio, conseguendo così, sia pure per un tempo limitato, il possesso della ras sottratta e realizzando quindi gli estremi del reato di furto consumato.

Fondato è invece il terzo motivo di gravame, con efficacia assorbente anche dell’ultimo, dal momento che l’imputazione elevata al P. prevede espressamente l’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 11, contestata anche in fatto per avere egli agito con abuso di relazioni di ospitalità, ma non una aggravante riferibile all’art. 625 c.p., essendo tale norma solo genericamente indicata nel capo d’imputazione, senza alcuna contestazione specifica – neanche in fatto – di alcuna delle circostanze aggravanti del fiuto in essa previste.

La sentenza impugnata va pertanto annullata con riferimento al trattamento sanzionatorio nel suo complesso, essendo stata determinata una pena base (anni tre di reclusione ed Euro 800,00 di multa) illegittima in presenza della sola circostanza aggravante del furto di cui all’art. 61 c.p., n. 11.

P.Q.M.

La Corte annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Catania per nuovo esame. Rigetta nel resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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