Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 26-05-2011) 06-07-2011, n. 26366 Bellezze naturali e tutela paesaggistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte d’appello di Napoli, con sentenza del 4 maggio del 2009, confermava quella resa il 9 maggio del 2008 dal tribunale della medesima città, sezione distaccata di Ischia, con cui S. A. era stata condannata alla pena ritenuta di giustiziatale responsabile dei reati di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c); D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181 e D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 64, 65 e 72, per avere, in zona vincolata, ampliato un preesistente fabbricato con strutture in cemento armato senza l’autorizzazione paesaggistica, senza il permesso di costruire e senza un progetto esecutivo redatto da un tecnico. Fatto commesso in (OMISSIS).

Ricorre per cassazione l’imputata per mezzo del difensore e ripropone con il primo motivo l’eccezione d’inutilizzabilità del verbale di sequestro per la mancata audizione dei verbalizzanti e perchè esso non era stato letto o indicato al termine dell’istruttoria dibattimentale.

Con il secondo motivo si deduce la violazione del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 29 (testo unico sull’edilizia) perchè l’imputata era stata condannata solo perchè moglie del proprietario del suolo e perchè era stata nominata custode della "res" sequestrata.

Con il terzo si eccepisce la prescrizione del reato maturata prima della decisione.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile per varie ragioni.

Anzitutto per l’aspecificità dei motivi perchè si deducono censure già respinte dalla Corte senza l’indicazione dei vizi del ragionamento del giudice censurato. In secondo luogo per la manifesta infondatezza dei motivi.

Con riferimento al primo, si rileva che il verbale di sequestro compiuto dalla polizia giudiziaria, entrando a fare parte del fascicolo del dibattimento, relativamente alla descrizione della cosa sequestrata ed alla stato dei luoghi ed in genere relativamente all’attività irripetibile compiuta dalla polizia giudiziaria, può essere utilizzato anche senza sentire il verbalizzante (Cass. 6 aprile 2008, Giordano Rv. 240543; 24 maggio del 2007 De Filippo, RV. 237404).

Per quanto concerne la lettura, come già puntualizzato dalla Corte territoriale, secondo l’orientamento prevalente di questa Corte, la lettura o l’indicazione non costituisce una condizione indispensabile per l’utilizzazione probatoria. Invero l’omessa lettura o l’omessa indicazione degli atti utilizzabili non può essere considerata causa di nullità, non essendo specificamente sanzionata in tal senso nè può essere inquadrata in alcuna delle cause di nullità di cui all’art. 178 c.p.p. nè di inutilizzabilità di cui all’art. 191 c.p.p., non incidendo l’omessa lettura o l’omessa indicazione sulla legittimità dell’acquisizione delle prove documentate negli atti anzidetti. D’altra parte negli artt. 191 e 526 si fa riferimento soltanto al concetto di "acquisizione" e quindi ad un’attività che logicamente e cronologicamente precede la lettura o l’indicazione e si distingue da esse (cfr per tutte Cass 14 ottobre 2005, Safsaf, rv.

232443). Peraltro il ricorrente non ha dedotto con il ricorso di avere o di avere avuto un particolare interesse alla lettura degli atti inseriti nel fascicolo per il dibattimento e segnatamente del verbale di sequestro. Quindi anche se si volesse ritenere sussistente una nullità di tipo intermedio la stessa si sarebbe comunque sanata per carenza di interesse.

Con riferimento al secondo motivo si rileva che la Corte, con motivazione adeguata, incensurabile in questa sede perchè non contiene alcun errore giuridico o incongruenza, ha indicato le ragioni per le quali la ricorrente era corresponsabile. La Corte invero ha accertato che l’opera abusiva, realizzata su un immobile di proprietà del marito, era costituita dall’ampliamento di un appartamento destinato alle esigenze dell’intera famiglia. Quindi anche la prevenuta aveva specifico interesse alla realizzazione dell’ampliamento.

I reati si sono estinti per prescrizione maturata dopo la decisione impugnata e non prima avuto riguardo al periodo durante il quale il dibattimento è rimasto sospeso: dal 14 maggio del 2007 al 14 gennaio del 2008, per impedimento dell’imputato e dal 14 gennaio del 2008 fino al 9 maggio dello stesso anno per l’adesione del difensore all’astensione dalle udienza proclamata dalla classe forense.

L’inammissibilità del ricorso per la manifesta infondatezza dei motivi impedisce di dichiarare la prescrizione maturata dopo la decisione impugnata secondo l’orientamento espresso dalle Sezioni munite di questa Corte con la sentenza del 22 novembre del 2000, De Luca.

Dall’inammissibilità del ricorso discende l’obbligo di pagare le spese processuali e di versare una somma, che stimasi equo determinare in Euro 1000,00, in favore della Cassa delle Ammende, non sussistendo alcuna ipotesi di carenza di colpa del ricorrente nella determinazione della causa d’inammissibilità secondo l’orientamento espresso dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 186 del 2000.

P.Q.M.

La Corte letto l’art. 616 c.p.p., dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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