Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 17-05-2011) 06-07-2011, n. 26318 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Bari, investito ex art. 309 c.p.p. della richiesta di riesame proposta dall’indagato D. R.G.D., ha dichiarato la nullità dell’ordinanza del Giudice delle indagini preliminari che in data 3.12.2010 aveva applicato al D.R. la custodia cautelare in carcere per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 e per altri singoli reati contestati ai sensi dell’art. 73.

A ragione della decisione il Tribunale osservava che il Giudice per le indagini preliminari s’era limitato a riprodurre o a richiamare gli atti di polizia, già ripresi dalla richiesta del Pubblico ministero, senza esprimere alcuna autonoma valutazione su di essi e senza alcuna delibazione in ordine alla gravità degli indizi. In particolare, a p. 99 della "motivazione", a proposito dei singoli reati fine il G.i.p. s’era limitato ad affermare che si richiamavano le "schede reato". Di seguito era passato all’ipotesi associativa e qui aveva riprodotto lo schema del capo d’imputazione e le conversazioni intercettate tra alcuni indagati, ancora una volta rimandando alle schede personali e alle schede reato per le singole posizioni. Aveva poi enunciato principi astratti (riportando massime di legittimità) senza dar conto delle ragioni della applicabilità di tali principi ai fatti concreti.

La totale assenza di autonomo apprezzamento era ancor più evidente a fronte del tenore oggettivo dei dialoghi, per nulla auto evidenti (la terminologia "ittica", affermata di più facile lettura, era in realtà usata solo da due dei presunti sodali), e nelle quali gli interlocutori si limitavano per lo più a prendere accordi per successivi incontri (e nei casi in cui erano seguiti interventi di P.g., tali incontri neppure erano risultati concernere cessioni di stupefacenti).

Mancava insomma, in tema di gravità indiziaria, proprio "l’intervento giurisdizionale", che era per intero sostituito dalla riproduzione della ricostruzione della Polizia giudiziaria.

L’ordinanza era dunque nulla ai sensi dell’art. 292 c.p.p., comma 2, lett. b) e c).

Nè v’erano gli estremi per l’integrazione di una motivazione in realtà del tutto mancante.

Analoghi rilievi andavano fatti – ad avviso del Tribunale – con riferimento alle esigenze cautelari. Nessuna considerazione era stata riservata per le specifiche posizioni dei singoli indagati. I rilievi sulla pericolosità erano del tutto astratti, anche perchè si riferivano a fatti che andavano dalla seconda metà del 2006 a ottobre 2007. Era praticamente assente la considerazione del tempo trascorso, salvo il richiamo a successive frequentazioni di alcuni indagati con soggetti pregiudicati, che non risultavano però avere alcun contenuto illecito.

2. Ha proposto ricorso il Pubblico ministero denunziando violazione di legge.

Afferma che la motivazione per relationem è ammessa in via generale, e che ad essa può fare ricorso anche l’ordinanza cautelare; che le schede cui s’era riferita l’ordinanza del G.i.p. non erano state redatte dalla polizia ma dal P.m.; che l’ordinanza del Gip non era affatto mancante di motivazione ma semmai soltanto carente, e andava perciò necessariamente integrata dal Tribunale, che non poteva dichiararne la nullità. E a dimostrazione di tali assunti riporta testualmente la motivazione del provvedimento del G.i.p..

Motivi della decisione

1. Il Collegio ritiene che il ricorso sia fondato.

Il riesame è un gravame puro (non è vincolato ai motivi), a devoluzione totale, e ciò comporta l’estrema ampiezza dell’eventuale giudizio rescissorio. Il tribunale del riesame, nell’ambito dei poteri di integrazione e di rettifica attribuitigli dall’art. 309 c.p.p., può e deve, dunque, porre rimedio alla carenza di motivazione dell’ordinanza che dispone la misura cautelare.

E se è vero che tale potere integrativo s’arresta di fronte alla mancanza, grafica, di motivazione, ovvero alla mera apparenza della stessa (tale dovendosi intendere la motivazione del tutto priva di costrutto, priva di basi fattuali, basata su soltanto affermazioni apodittiche), codesta situazione non ricorre – secondo il Collegio – nel caso in esame, in cui il difetto del provvedimento del G.i.p. non consisteva nè nella mancanza fisica di motivazione nè nella sua assoluta incoerenza, ma (come finisce per riconoscere lo stesso provvedimento impugnato) in una supina riproduzione degli elementi e degli argomenti del Pubblico ministero, priva di (adeguato) vaglio critico e di analisi differenziata.

2. L’ordinanza impugnata deve per conseguenza essere annullata con rinvio al Tribunale di Bari, perchè proceda ad esame del merito.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Bari.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *