Cass. civ. Sez. II, Sent., 23-11-2011, n. 24737

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Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 27.10.1999 P.S. conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Sassari, il proprio nipote P.G., sua moglie B.S. e la Samil s.r.l., chiedendo di essere dichiarata proprietaria, per intervenuta usucapione ultraventennale, dell’appartamento sito in (OMISSIS), intestato ai convenuti.

Interveniva in giudizio la B.N.L. chiedendo il rigetto della domanda;

precisava che l’appartamento in questione,concesso in garanzia dai convenuti a diverse banche,compresa la B.N.L., a fronte di finanziamenti dalle stesse concessi, era stato aggiudicato a tale S.M.D. e che, secondo il certificato di residenza storico, l’attrice contrariamente a quanto dichiarato, aveva abitato l’appartamento de quo solo dal 25.10.1982 al 14.7.1993, vivendo, da tale ultima data, in Via (OMISSIS).

Con sentenza 31.7.2002 il Tribunale, espletata la prova testimoniale, contumaci i convenuti, rigettava la domanda, compensando fra le parti le spese di lite.

Avverso tale sentenza P.S. proponeva appello cui resisteva la B.N.L. s.p.a. mentre rimanevano, contumaci gli altri appellati.

Con sentenza 11.1.2005 la Corte di appello di Cagliari, sez. dist. di Sassari, rigettava l’appello compensando fra le parti le spese processuali del grado.

Rilevava la Corte territoriale:

dal certificato di residenza dell’attrice emergeva che la stessa già dal luglio 1993 abitava stabilmente nella casa sita in (OMISSIS), come accertato dagli incaricati del Comune; il mero fatto del pagamento, nel corso degli anni, di alcune spese relative alla manutenzione straordinaria dell’immobile sito in via (OMISSIS), non costituiva una dimostrazione sufficiente dell’esercizio su di esso, da parte dell’attrice, di un potere di fatto corrispondente al diritto di proprietà.

Propone ricorso per cassazione P.S. sulla base di quattro motivi, illustrati da meoria.

Resiste con controricorso la Banca Nazionale del Lavoro s.p.a,, mentre gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

La ricorrente deduce:

1) violazione e falsa applicazione degli artt. 2967 e 2727 c.c.; la Corte d’appello aveva conferito valenza probatoria al certificato di residenza, non considerando il valore meramente presuntivo delle risultanze anagrafiche e trascurando le altre prove acquisite, senza tener conto, peraltro, ex art. 1141 c.c., che l’animus possidendi si presume in colui che esercita il potere di fatto sulla cosa;

2) omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in relazione agli artt. 115-116 c.p.c.;

la Corte di appello, violando il principio della disponibilità delle prove e del contraddittorio, aveva fondato la decisione su fatti non dedotti dalle parti convenute, valutando erroneamente le prove, laddove era stato ritenuto che i testimoni avessero "supposto" la presenza continua della P. nell’appartamento de quo ed aveva esteso il valore presuntivo del certificato di residenza, relativo al periodo successivo al 1993, "a tutto il periodo precedente", escludendo la stabile presenza della P. nell’appartamento in oggetto;

3) omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, posto che la decisione impugnata era stata fondata su un vizio logico originario, costituito dalla ritenuta "incertezza" delle risultanze probatorie, facendone discendere conseguenze incongruamente motivate, sulla base di mere supposizioni, quali la mancata presenza della P. nell’abitazione in questione, per il periodo antecedente al 1993, desunta dal certificato di residenza, la ipotizzata "anticipazione da parte dei detentori" delle spese di manutenzione straordinaria;

4) in violazione del giudicato della sentenza di primo grado, riguardo alla circostanza non impugnata, secondo cui la P. era vissuta nell’appartamento per cui è causa dal 1965 al 2000, il giudice di appello aveva riesaminato tale fatto.

Il ricorso è infondato.

I primi tre motivi vanno esaminati congiuntamente per la loro evidente connessione; essi si risolvono in una valutazione alternativa delle prove poste a fondamento della decisione impugnata, inammissibile in sede di legittimità fronte di una motivazione sul punto esente da vizi di illogicità o contraddittorietà (Cfr. Cass. n. 23286/2005; n. 20820/04).

La Corte territoriale ha, infatti, preso in esame tutte le risultanze istruttorie, attribuendo una valenza probatoria decisiva al certificato di residenza della P., avendo ritenuto non prive di equivocità le deposizioni testimoniali, posto che dal tenore del certificato stesso emergeva, in contrasto con quanto riferito dai testi,che già dal luglio 1993 P.S. aveva abitato nella casa "attualmente occupata (ove si trova anche la sua unica utenza telefonica), sita a (OMISSIS)"; pur tenendo conto del carattere non assoluto dei dati risultanti da un certificato di residenza, i giudici di appello hanno, inoltre,evidenziato che, nel caso in esame, "appositi incaricati del Comune avevano accertato la stabile presenza dell’attrice nella casa di (OMISSIS) – significativamente già sette anni prima della data di trasferimento notata dai condomini dell’immobile di (OMISSIS)".

Il mero fatto del pagamento, da parte della ricorrente, di alcune spese relative alla manutenzione straordinaria di detto immobile è stato, peraltro, considerato inidoneo a superare detto accertamento degli incaricati del Comune, trattandosi di circostanza, di per sè, inidonea a dimostrare, in modo non equivoco, un potere di fatto sul bene corrispondente al diritto di proprietà, ai sensi dell’art. 1140 c.c..

Nè è dato ravvisare la denunciata violazione dell’art. 2697 c.c., avendo il giudice di merito dato conto di tutte le prove acquisite, con un apprezzamento divergente da quello prospettato dalla P., cui incombeva l’onere di fornire prova adeguata del proprio possesso "uti dominus" e con l’animus rem sibi habendi", ai fini della invocata usucapione.

Va rilevata, infine, la genericità della quarta doglianza che risulta, comunque, smentita dalla richiesta di totale riforma della sentenza di primo grado, sulla base di una diversa valutazione delle prove testimoniali e documentali( v. pg. 4 sent. imp.).

Il ricorso va, dunque, respinto.

Le spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali nei confronti della B.N.L., liquidate in Euro 2.400,00 oltre Euro 200,00 per spese ed oltre accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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