Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 17-05-2011) 06-07-2011, n. 26313

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Reggio Calabria, investito ex art. 309 c.p.p. della richiesta di riesame proposta dall’indagato F.G., ha confermato l’ordinanza del Giudice delle indagini preliminari che in data 24.4.2010 aveva applicato al ricorrente la custodia cautelare in carcere per il reato di cui all’art. 416 bis c.p..

1.1. Stando all’impostazione accusatoria accolta nel provvedimento impugnato, F.G. partecipava alla ‘ndrangheta, in particolare alla ‘ndrina Ficara-Latella, operante nel territorio di Reggio Calabria frazione (OMISSIS), contribuendo alla vita del sodalizio, stringendo rapporti di alleanza (con la cosca di N. C., con la cosca De Stefano, con la cosca Pelle), ponendosi a disposizione per la realizzazione del programma comune criminale.

Il Tribunale – rigettata l’eccezione difensiva relativa al mancato rilascio di copia delle registrazioni delle intercettazioni – quanto al merito osservava che gli elementi acquisiti a carico del ricorrente erano il risultato di un’indagine su vasta scala nei confronti di presunti esponenti della cosca Pelle di San Luca, ed erano stati forniti in particolare da intercettazioni ambientali effettuate all’interno dell’abitazione di P.G. e da videoriprese registrate all’esterno della stessa abitazione, di modo che l’individuazione di colloquianti poteva dirsi certa per effetto del controllo incrociato dei dati. Nel periodo di osservazione P.G. aveva ricevuto le visite di diversi soggetti noti alle forze dell’ordine ed esponenti della criminalità locale. In particolare, nel periodo compreso tra il (OMISSIS), F.G. si era recato a fare visita a P. G. in quattro occasioni: il (OMISSIS); due volte accompagnato da B.C.C..

Dal tenore delle conversazioni tenute in dette occasioni emergeva che si era trattato di veri summit mafiosi: F. esprimeva la sua ammirazione nei confronti della famiglia Pelle (rimasta unita nel corso degli anni e divenuta una delle cosche più importanti della ‘ndrangheta); si doleva che la sua ‘ndrina, la cosca Ficara-Latella, nonostante un grande potenziale di uomini e mezzi, non era compatta;

rappresentava le vicissitudini del passato (i numerosi arresti e le varie condanne che gli esponenti della cosca Ficara-Latella avevano subito ai tempi dei processi dalla Valanidi e Olimpia a causa del collaboratore di giustizia R.G. appartenente al clan Latella) e i problemi del presente, dovuti alle ambizioni del cugino, che aveva cercato di estrometterlo dal vertice della cosca;

rappresentava per tale ragione la necessità di stringere alleanze, oltre che con la famiglia De Stefano tradizionalmente vicina ai Ficara, in particolare con la famiglia Pelle (alla quale il ricorrente riconosceva rango mafioso forse anche superiore a quello dei Ficara);

parlava del suo timore di doversi dare alla latitanza e della sua intenzione di costruire un bunker chiedendo a P.G. aiuto e consigli; discuteva con P.G. di politica e si diceva disponibile a sostenere per le elezioni regionali del 28 e 29 marzo un medico; criticando atteggiamenti non condivisi della sua famiglia, esplicitamente diceva che tutti appartenevano ad un’unica organizzazione: la ‘ndrangheta.

2. Ha proposto ricorso il F. personalmente, chiedendo l’annullamento della ordinanza impugnata.

2.1. Con il primo motivo denunzia violazione di legge (degli artt. 178, 268 e 309 c.p.p.) perchè non erano state rilasciate alla difesa le copie del file audio relativi alle intercettazioni poste a sostegno del giudizio di gravità indiziaria. Al Tribunale era stato rappresentato che in data 5 maggio 2010 era stata rivolta alla Procura della Repubblica istanza per ottenere dette copie e che alla data dell’udienza, del 27 maggio, a tale istanza non era stato dato ancora alcun riscontro, nè per autorizzare nè per negare quanto richiesto. Erroneamente il Tribunale aveva risposto che non era stata fornita la prova che le copie non erano state rilasciate, così ponendo a carico del ricorrente l’impossibile dimostrazione di un fatto negativo: in udienza, in contraddittorio, l’ufficio della Procura ben avrebbe potuto obiettare qualcosa e smentire quanto addotto la difesa, ma tanto non aveva fatto; in siffatta situazione sarebbe semmai spettato al Tribunale procedere ad accertare quanto sostenuto dalla difesa, cosa che ben poteva essere fatta senza compromettere le esigenze di celerità del procedimento. Del tutto errata era poi l’osservazione che il mancato rilascio delle copie non avrebbe comportato alcuna sostanziale lesione del diritto di difesa del ricorrente, effettuata richiamando una sentenza della cassazione del 2008, ampiamente superata dalla decisione delle Sezioni Unite in data 22 aprile 2010, n. 20308. 2.2. Con il secondo motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all’affermata sussistenza di gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato di associazione di tipo mafioso.

Il Tribunale sarebbe incorso in violazioni dei criteri interpretativi (logici e normativi) in ordine agli esiti delle intercettazioni;

avrebbe omesso di verificare la veridicità di quanto riferito dai conversanti; avrebbe omesso di considerare che non emergeva alcun elemento che potesse essere inteso come una dichiarazione confessoria in relazione alla partecipazione allo specifico sodalizio oggetto di contestazione (cosca Picara – Latella); avrebbe omesso di rilevare che dalle conversazioni emergeva che il ricorrente lamentava piuttosto di esserne stato estromesso dalla sua cosca, di essersene disinteressato, di aver troncato i rapporti con i sodali decidendo di trasferirsi a (OMISSIS), di aver forti dissidi con gli esponenti della cosca e i suoi congiunti. Dalle conversazioni poteva dunque trarsi, al più, una tendenza a delinquere, che non integrava però la fattispecie associativa contestata. Era stata erroneamente pretermessa la considerazione della assoluta mancanza di elementi dimostrativi di un apporto dinamico e funzionale alla vita del sodalizio.

Motivi della decisione

1. Osserva il Collegio che il primo motivo di ricorso è fondato e assorbente. Dagli atti risulta che il difensore del F. aveva indirizzato alla Procura della Repubblica una richiesta di copie delle registrazioni delle conversazioni intercettate, depositata in data 5 maggio 2010, ma non risulta che a detta richiesta sia mai stata accolta. In particolare, in calce alla richiesta non vi è alcuna autorizzazione del Pubblico ministero e nessuna altro documento affollato agli atti consente di ritenere che il rilascio di copie sia stato autorizzato prima della data dell’udienza di riesame, del 26 maggio 2010.

Attesa la assoluta tempestività della richiesta, ha dunque formalmente ragione il ricorrente quando sostiene che erroneamente il Tribunale ha affermato che spettava a lui provare che le copie non gli erano state rilasciate, ponendo a suo carico, nell’inerte silenzio del Pubblico ministero, l’onere di una dimostrazione impossibile.

Nel caso in esame la difesa non lamentava che, nonostante l’autorizzazione del Pubblico ministero, non gli era stato possibile ottenere materialmente le copie, ipotesi questa in cui si sarebbe dovuto munire di certificazione della cancelleria o del personale delegato attestante che la richiesta autorizzata non era stata – per una qualsivoglia ragione – evasa.

Qui si discuteva della assenza in atti della prova dell’avvenuta autorizzazione. E anche per i fatti da cui dipende l’applicazione di norme processuali ( art. 191 c.p.p., comma 2) la mancanza di prova equivale, processualmente, ad assenza del fatto.

Sicchè, ove il Tribunale avesse avuto ragione di dubitare della completezza della documentazione esibita dalla difesa e trasmessa dal Pubblico ministero, ben avrebbe potuto interpellare quest’ultimo per verificare la prospettazione difensiva. Non poteva però semplicemente disattendere l’eccezione sull’assunto, indimostrato, che gli atti esibiti e trasmessi fossero incompleti.

2. Errata è quindi l’affermazione del Tribunale che, in ogni caso, la violazione del diritto del difensore ad ottenere copia delle registrazioni non comportava alcuna inutilizzabilità delle registrazioni.

Sez. U., n. 2030 del 22.4.2010, Lasala (depositata il 27.5.2010, lo stesso giorno in cui è stata emessa l’ordinanza impugnata), ha chiarito che il rifiuto o l’ingiustificato ritardo del pubblico ministero nel consentire al difensore l’accesso alle registrazioni di conversazioni intercettate poste a base di un’ordinanza di custodia cautelare, determina in sede di riesame, ove il vizio sia ritualmente dedotto, la inutilizzabilità relativa delle conversazioni stesse e, pur non inficiando l’attività di ricerca della prova e il risultato probatorio in sè, da luogo ad una nullità di ordine generale a regime intermedio, ai sensi dell’art. 178 c.p.p., lett. c), della procedura incidentale.

3. L’ordinanza impugnata va pertanto annullata con rinvio al Tribunale di Reggio Calabria, perchè proceda a nuovo esame considerando che i risultati delle intercettazioni non possono essere valutate a fini di prova se non risulta che la difesa ha avuto accesso alle registrazione e, avendone fatta tempestiva richiesta, è stata posta nelle condizioni di ottenerne copia.

Non comportando la presente decisione la rimessione in libertà del ricorrente, la cancelleria provvedere agli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Reggio Calabria.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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