Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 03-05-2011) 06-07-2011, n. 26362Diritti d’autore

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

In esito al giudizio di primo grado S.A. e S.D. venivano condannati dal tribunale di Catania alla pena di giustizia per il reato di cui all’art. 110 c.p. e L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, comma 1, lett. a) e d), e comma 2, lett. a) e b) per avere in concorso tra loro, al fine di porli in commercio ed a scopo di lucro, abusivamente duplicato o riprodotto circa 949 videocassette VHS e 17 DVD contenenti videogrammi di opere cinematografìche riprodotti in supporti non contrassegnati dalla Società Italiana Autori ed Editori (SIAE); nonchè per il delitto di cui all’art. 528 c.p., nell’ipotesi prevista dal comma 3 n. 1, per avere in concorso tra loro riprodotto e fatto commercio del materiale indicato a contenuto pornografico che pubblicizzavano in riviste di settore.

Il solo S.A. inoltre per il reato di cui all’art. 600 quater c.p., così diversamente definito il fatto di cui al capo A) della rubrica, per avere acquisito e fatto commercio di materiale pornografico prodotto mediante lo sfruttamento sessuale di minori.

La Corte di appello di Catania ha confermato la sentenza del Tribunale di Catania dell’08/06/2009.

Avverso la indicata sentenza propongono in questa sede ricorso i due S., deducendo:

1) Inosservanza o erronea applicazione dell’art. 526 c.p.p., in relazione all’art. 431 c.p.p., lett. c). Si rileva al riguardo che la Corte territoriale a pag. 5 della motivazione abbia tratto la prova del fatto che il materiale nella disponibilità degli imputati fosse riprodotto da quanto avrebbero riferito i testi del p.m. O. e F. in contraddizione con il contenuto delle deposizioni dagli stessi rese in udienza avendo il M.llo F. ed il M.llo O. precisato di non avere fatto personalmente l’accertamento sul computer ed il F. di poter riferire circostanze accertate da altri colleghi laddove era emerso, invece, che nessun appartenente alla polizia postale aveva effettuato controlli e che in realtà l’elemento di prova risiede nel verbale di perquisizione e sequestro fondato sull’accertamento di un consulente tecnico le cui conclusioni non potevano costituire atto irripetibile e non potevano, quindi, essere considerate processualmente.

2) Inosservanza o erronea applicazione dell’art. 192 c.p.p. non avendo il giudice di merito indicato le ragioni per le quali ha ritenuto di considerare attendibile le risultanze del verbale di sequestro, nonostante le dichiarazioni palesemente discordanti da quelle, rese in udienza dai testi, ufficiali di P.G., firmatari dello stesso verbale.

3) Travisamento della prova, per utilizzazione di un’informazione inesistente o per omissione della valutazione di una prova avendo, tra l’altro, la corte di merito ritenuto provata l’esistenza dei video a contenuto pedo-pornografico, sulla scorta della "…non contestazione della circostanza…" senza considerare che la mancata contestazione dipendeva unicamente dal fatto che l’imputato non era a conoscenza della presenza di quel file nel suo pc) ed avendo ritenuto provata la circostanza della pubblicizzazione e commercializzazione via internet dei supporti per adulti con modalità tali da consentire l’accesso a tutti e non al solo pubblico adulto, nulla emergendo al riguardo nel processo.

4) Inosservanza degli artt. 192, 526 e 533 c.p.p., art. 111 Cost. per non avere la corte di merito esplicitato in motivazione la fonte di prova da cui ha desunto l’esistenza dei video nel computer dell’imputato.

5) contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione sulla conoscenza della esistenza dei file nel proprio computer da parte dell’imputato.

6) mancanza assoluta di motivazione sulla questione dedotta nel motivo precedente con i motivi di appello.

7) Mancanza e contraddittorietà della motivazione, violazione dell’art. 360 c.p.p. non avendo la corte di merito risposto sulla "incompetenza dello S.S. – che aveva esaminato il computer sia ai fini dell’individuazione di files di natura pedopornografica, sia ai fini della riproduzione illecita di supporti da commercializzare, sia, da ultimo, ai fini di verificare la pubblicizzazione dei video pornografici, quale presupposto del reato ex art. 528 c.p..

8) Mancata assunzione di prova decisiva – perizia antropometrica -;

utilizzazione di prova inesistente sull’età delle persone riprese.

Violazione degli artt. 192 e 526 c.p.p..

9) Contraddittorietà della motivazione. Mancanza assoluta della stessa con riferimento alle due foto di H.D. ritenute dai Giudici di Merito a contenuto pedopornografico avendo la Corte d’appello rinviato alla motivazione adottata dal Tribunale specificando non trattarsi degli scatti del famoso fotografo in quanto il predetto fotografo avrebbe fotografato giovani donne e non bambine, in quanto in contraddizione con le produzioni della difesa che dimostravano come parecchi scatti del famoso fotografo ritraevano proprio bambine.

10) Utilizzazione di prova inesistente. Violazione dell’art. 526 c.p.p. Omessa motivazione. Ciò in quanto la Corte territoriale avrebbe posto tra gli elementi di prova dell’illecita riproduzione finalizzata al commercio, n. 17 DVD benchè, come emerso dal dibattimento, nessun DVD a contenuto pornografico sia stato, in effetti, rinvenuto.

11) Erronea applicazione della legge penale e contraddittorietà della motivazione in quanto il Tribunale del riesame aveva a suo tempo escluso la sussistenza del reato di cui all’art. 528 cod. pen. richiamando l’orientamento della Corte secondo cui non integra il reato di cui all’art. 528 c.p. la detenzione di materiale osceno, anche se finalizzata al commercio, se questo per le concrete modalità di riservatezza con le quali può svolgersi, non sia idoneo a realizzare alcuna offesa reale o potenziale al pubblico pudore ed aveva ritenuto che nella fattispecie in esame non esistesse alcun elemento di prova al riguardo. Ciò nonostante si rileva che nessuna prova è successivamente emersa in senso contrario mentre è emerso, invece, che la detenzione delle numerose videocassette, a contenuto (anche) pornografico rinveniva la sua giustificazione nella scorta di magazzino della videoteca "(OMISSIS)", il cui esercizio era cessato da poco tempo. Inoltre erroneamente al riguardo la Corte avrebbe fondato la propria decisione su un’asserita ammissione dello stesso S.A. secondo cui l’accesso ai prodotti per adulti pubblicizzati nel sito (OMISSIS) sarebbe stata accessibile a tutti, in quanto inesistente agli atti.

12) Erronea applicazione della legge penale non essendosi tenuto conto, nell’applicazione della pena, della normativa più favorevole per gli imputati, per quanto concerne il delitto ex art. 600-quater c.p..

Motivi della decisione

I ricorsi sono infondati e vanno, pertanto, rigettati.

Il vizio di travisamento della prova più volte dedotto con i motivi di ricorso, impone di considerare in premessa gli arresti di legittimità cui anche il Collegio ritiene di doversi conformare condividendone le motivazioni.

Si ritiene in particolare in questa sede di dover ribadire che:

a) Nell’ambito dei motivi di ricorso per cassazione, i vizi di travisamento della prova, consistenti nell’utilizzazione di un’informazione rilevante ma inesistente e nell’omessa valutazione di una prova decisiva, introdotti dalla novella codicistica della L. n. 46 del 2006, possono essere fatti valere nel caso in cui la decisione impugnata sia difforme da quella di primo grado, perchè in caso di cd. "doppia conforme" il limite del "devolutum" non può′ essere valicato, salvo il caso in cui il giudice dell’impugnazione, per superare le critiche mosse al provvedimento di primo grado, abbia individuato atti a contenuto probatorio mai prima presi in esame, ovvero dei quali abbia dato una diversa lettura. (Sez. 2 n. 38788 del 9/11/2006 RV 235509);

b) La novella dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), ad opera della L. n. 46 del 2006, che consente per la deduzione dei vizi della motivazione il riferimento, quale termine di comparazione, anche ad atti del processo a contenuto probatorio, postula che il dato probatorio, travisato o omesso, abbia il carattere della decisività nell’ambito dell’apparato motivazionale sottoposto a critica (Sez. 2 n. 19850 del 24/05/2006, RV 234163).

1) Ciò posto, in ordine al primo motivo si rileva che in ordine alla questione concernente la persona che materialmente ebbe a svolgere gli accertamenti sul computer, la corte di merito, virgolettando a pag. 3 della sentenza il contenuto della deposizione del teste F., attribuisce a quest’ultimo l’affermazione secondo cui la constatazione che il computer fosse acceso al momento dell’accesso della polizia e connesso Internet era stata fatta dall’assistente Giuffrida della polizia postale di Catania e dal consulente tecnico Scirè e, quindi, nessun fraintendimento può ritenersi insito nella motivazione circa gli autori degli accertamenti. Quanto al passaggio contenuto alla successiva pagina 5 citata dai ricorrenti, i giudici di appello correttamente si limitano a rilevare che tanto Ostili, quanto F., avevano constatato che il computer fosse acceso, e quindi in funzione e che era in atto, l’utilizzo del programma Emule.

Non ha fondamento, quindi, la doglianza, secondo cui le testimonianze in atti erroneamente sarebbero state prese in considerazione dal giudice di appello che, in realtà avrebbe utilizzato per la prova il contenuto dei verbali di perquisizione e sequestro. Va aggiunto, peraltro, che i giudici di appello avevano già correttamente risposto sulla inutilizzabilità della parte narrativa dei verbali citati citando la non decisività di tale elemento alla luce delle testimonianze acquisite, nè i ricorrenti documentano in questa sede, come sarebbe stato loro specifico onere per il principio di autosufficienza del ricorso, di essersi opposti all’acquisizione del verbale per la parte ritenuta non irripetibile.

2) Tali considerazioni valgono a ritenere assorbito, evidentemente, anche il secondo motivo di ricorso, non rinvenendosi peraltro l’elemento della decisività di eventuali discordanze.

3) In ordine al terzo motivo è appena il caso di rilevare come la corte di merito ritenga non contestato unicamente il dato che i video siano stati rinvenuti nel computer dell’imputato il che, evidentemente, non contrasta sul piano logico con la dichiarazione di quest’ultimo di non essere a conoscenza della presenza del file nel suo PC. Quanto alla pubblicizzazione sul sito internet dei supporti per adulti con modalità tali da consentire l’accesso a chiunque e non solo al pubblico, i giudici di appello correttamente ricordano che lo stesso S.A. ha ammesso che in passato il sito era destinato proprio alla funzione di pubblicizzare commercializzare le videocassette già di proprietà della videoteca (OMISSIS) di S.D., la cui attività era cessata del 2004. Appartiene alla valutazione di merito la considerazione circa la rilevanza di tale elemento rispetto alla successiva attività contestata.

4) In ordine al quarto motivo la fonte di prova circa l’esistenza dei video contestati nel computer è agevolmente riconducibile dall’esame della motivazione agli accertamenti effettuati dalla polizia giudiziaria e dal consulente; nè i ricorrenti documentano di aver mosso contestazioni specifiche sul punto nei motivi di appello.

5) La mancata ammissione dell’imputato circa l’esistenza dei file nel suo PC è elemento certamente valutabile dal giudice di merito nell’ambito del giudizio sulla tenuta del quadro probatorio, ma di per sè non da luogo ad alcun vizio di contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione, avendo i giudici di appello, con motivazione corretta ed esente da rilievi sotto il profilo logico, indicato le ragioni per le quali diversamente da quanto affermato dall’imputato, abbiano ritenuto di dover pervenire ad opposte conclusioni. Essi hanno precisato, infatti, che lo scaricamento dei files, non poteva essere in alcun modo accidentale, indicandone correttamente e logicamente le ragioni, in linea con quanto rappresentato dal consulente.

6) in relazione a quanto in precedenza affermato può ritenersi superata anche la doglianza oggetto del sesto motivo di ricorso, avendo in motivazione il giudice implicitamente disatteso la difesa dell’imputato che ha negato di essere a conoscenza dell’esistenza di files nel suo computer. E’ da escludere, pertanto, il difetto di motivazione sulla doglianza in questione.

7) In ordine al settimo motivo è agevole rilevare dal complesso della motivazione come i giudici di merito abbiano ritenuto superflua qualsiasi "indagine antropometrica" evidentemente ritenendo sufficiente la visione diretta delle immagini. Per il resto la motivazione correttamente oppone che l’accertamento disposto dal PM sul computer non era da considerare in origine irripetibile essendo l’irripetibilità dell’accertamento sopravvenuta e non preventivabile in quanto causata da un imprevedibile guasto del computer. Di conseguenza correttamente si è ritenuto non invocabile alcuna nullità in quanto quest’ultima consegue unicamente al caso in cui vi sia violazione della procedura indicata dall’art. 360 bis c.p.p.; e, cioè, nel caso in cui non sia dato avviso alla difesa dell’accertamento peritale su un bene necessariamente soggetto ad alterazione per effetto dell’esame stesso. La sopravvenuta impossibilità della ripetizione dell’atto deve essere, al pari degli altri atti compiuti nel corso delle indagini, quindi, liberamente apprezzata dal giudice e, di per se stessa non impedisce la utilizzazione dell’atto in dibattimento.

8) La necessità di un apporto tecnico scientifico invocato dal ricorrente per individuare l’età delle persone ritratte non è deducibile in questa sede in quanto, come costantemente affermato da questa Corte, è rimesso alla discrezionalità del giudice stabilire se una indagine richieda particolari cognizioni in determinate scienze ed arti e solo se ravvisi tale necessità, e non possa formarsi un convincimento ricorrendo alle proprie conoscenze, il giudice ha l’obbligo di disporre una perizia (in questo senso, ex plurimis Sez. 4, n. 14130 del 22/01/2007 Rv. 236191).

9) Il nono motivo si appalesa sostanzialmente irrilevante in quanto, pur rimandando la corte di merito sul punto alle motivazioni del tribunale, ritiene l’argomento ininfluente in quanto la prova dei reati è principalmente dedotta dall’esistenza dei due filmati a contenuto pornografico rinvenuti nel computer dell’imputato.

10) Anche sul decimo motivo i giudici di appello hanno già correttamente risposto ritenendo decisivo per la declaratoria di responsabilità l’accertamento eseguito su una parte significativa dei supporti in sequestro.

11) Attinge in realtà a profili di merito la questione posta con l’undicesimo motivo sulle ragioni della detenzione del materiale contestato.

12) Si appalesa del tutto generico, infine, l’ultimo motivo di ricorso. Peraltro la pena fa riferimento alla continuazione riconosciuta per entrambi gli imputati sul reato di cui alla L. n. 633 del 1941, art. 171 ter.

Ne consegue il rigetto del ricorso e la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese di giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *