Cass. civ. Sez. II, Sent., 23-11-2011, n. 24728 Divisione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 5-1-1994 S.M. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Savona la s.r.l. GABRIO chiedendo disporsi lo scioglimento della comunione dell’immobile sito in (OMISSIS) appartenente all’attrice ed alla convenuta in comproprietà indivisa in ragione di metà per ciascuna di esse e procedere successivamente a norma dell’art. 576 c.p.c., e segg..

Si costituiva in giudizio la convenuta dichiarando di non opporsi alla divisione, chiedendo l’assegnazione della quota di comproprietà spettante all’attrice e dichiarandosi disposta al pagamento del relativo conguaglio.

Con memoria del 9-5-1996 la S. dichiarava di chiedere "formalmente l’attribuzione a sè dell’intero alloggio".

Dopo che entrambe le parti in sede di precisazioni delle conclusioni avevano chiesto lo scioglimento della suddetta comunione, disponendosi la vendita dell’immobile comune ai sensi dell’art. 576 c.p.c. e segg., la S. nella comparsa conclusionale dichiarava che "ancor oggi richiede l’assegnazione dell’alloggio" richiamando la pregressa memoria del 9-5-1996.

Il Tribunale adito con sentenza del 14-12-2000 assegnava alla S. in proprietà esclusiva l’immobile per cui è causa – ponendo a suo carico un conguaglio in favore della convenuta di L. 118.135.200 oltre interessi legali.

Proposta impugnazione da parte della s.r.l. GABERSET (secondo la nuova denominazione della GABRIO), cui resisteva la S., la Corte di Appello di Genova con sentenza del 21-12-2004, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha disposto procedersi alla vendita dell’immobile predetto delegando per le operazioni divisionali ulteriori un notaio.

Per la cassazione di tale sentenza la S. ha proposto un ricorso affidato a quattro motivi cui la GABERSET ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso la S., deducendo errata o falsa applicazione dell’art. 1350 c.c., assume che la sentenza impugnata, avendo basato il proprio convincimento sul fatto che le parti in sede di precisazione delle conclusioni avevano entrambe chiesto di procedersi alla vendita dell’immobile oggetto tra di loro di comproprietà, e che tale formulazione della volontà della S. aveva superato la sua pregressa difforme dichiarazione di intenti, non ha tenuto conto che l’istanza di assegnazione dell’immobile suddetto doveva essere formulata per iscritto, come l’esponente aveva fatto sottoscrivendo la memoria del 9-5-1996, e che quindi anche una condotta contraria a quella in tal modo esternata avrebbe richiesto la stessa forma scritta ai sensi dell’art. 1350 c.c.; pertanto, in assenza di una rinuncia della S. alla predetta assegnazione nella forma scritta, il giudice di appello avrebbe dovuto ritenere valida ed efficace l’istanza espressa nella menzionata memoria.

Con il secondo motivo la ricorrente, deducendo erronea e/o falsa applicazione dell’art. 720 c.c., sostiene che comunque erroneamente la Corte territoriale ha attribuito valore di rinuncia implicita all’istanza di assegnazione dell’immobile comune di cui alla predetta memoria alle conclusioni definitive di primo grado assunte dal difensore della S., atteso che costui era privo del potere di rinunciare alle istanze di parte di natura negoziale, quale quella in esame.

Con il terzo motivo la S., denunciando erronea e/o falsa applicazione dell’art. 720 c.c. ed omessa valutazione di un punto decisivo della controversia, rileva che, mentre la domanda di assegnazione svolta dalla GABERSET era stata pacificamente abbandonata, l’esponente non aveva revocato l’istanza di assegnazione formulata nella memoria del 9-5-1996, da ritenersi una eccezione;

ebbene il giudice di appello ha trascurato la natura di mera eccezione di tale istanza e la sua mancata revoca, nonostante che tale istanza era stata poi illustrata nella comparsa conclusionale di primo grado, e non ha considerato che nelle conclusioni definitive devono essere espresse le domande, e non le eccezioni che fanno già parte del giudizio.

Con il quarto motivo la ricorrente, deducendo erronea e falsa applicazione dell’art. 720 c.p.c. ed omessa valutazione su un altro aspetto decisivo della controversia, rileva che la Corte territoriale, nel ritenere che il Tribunale non aveva tenuto conto che entrambe le parti avevano chiesto di procedere alla vendita dell’immobile per cui è causa, non ha considerato che l’apparente contrasto tra le conclusioni assunte in primo grado e l’istanza di assegnazione del bene era superato dalla trattazione svolta in comparsa conclusionale, dove il difensore della S. aveva chiarito la portata delle sue conclusioni, dirette alla divisione mediante assegnazione dell’intero bene indivisibile.

Le enunciate censure, da esaminare congiuntamente per ragioni di connessione, sono infondate.

La Corte territoriale ha ritenuto che erroneamente il giudice di primo grado aveva assegnato l’immobile oggetto di comunione tra le parti alla S., atteso che entrambe le condividenti in sede di precisazione delle conclusioni definitive avevano chiesto di procedersi alla vendita del bene, che la formulazione in tal senso della volontà della S. rendeva irrilevante la sua pregressa dichiarazione di intenti articolata nella memoria del 9-5-1996, e che, per altro verso, tale volontà non poteva essere modificata negli scritti conclusionali, attesa la funzione di questi limitata alla illustrazione delle conclusioni già assunte; ha poi evidenziato che la S. in sede di precisazione delle conclusioni aveva in tal modo modificato la sua volontà con riferimento alle modalità di attuazione della divisione abbandonando implicitamente le precedenti impostazioni incompatibili con quelle successive.

Tale convincimento è pienamente condivisibile ed è immune dalle censure sollevate dalla ricorrente.

Al riguardo occorre anzitutto osservare, con riferimento all’assunto secondo cui l’istanza di assegnazione di un immobile oggetto di un giudizio di divisione deve essere formulata per iscritto dalla parte ai sensi dell’art. 1350 c.c. – con la conseguenza nella specie che l’istanza avanzata dalla S. nella memoria del 9-5-1996, mai seguita da una revoca nella stessa forma scritta, avrebbe dovuto essere ritenuta valida ed efficace – che in realtà la domanda di attribuzione di un immobile indivisibile, lungi dal rivestire natura negoziale, secondo l’orientamento costante di questa Corte, costituisce una modalità attuativa della divisione e si risolve nella mera specificazione della pretesa introduttiva dei processo rivolta a porre fine allo stato di comunione, come tale invero formulabile anche in appello (Cass. 2-6-1999 n. 5392; Cass. 14-5-2008 n. 12119).

Deve poi evidenziarsi l’infondatezza dell’ulteriore rilievo della ricorrente che, muovendo dalla premessa che l’istanza di assegnazione di un immobile indivisibile si configura come una eccezione e non come una domanda, assume che essa non era stata revocata in sede di precisazione delle conclusioni, dove devono essere espresse soltanto le domande e non le eccezioni che già fanno parte del giudizio; è infatti agevole replicare che la mancata riproposizione in sede di precisazione delle conclusioni definitive, soprattutto allorchè queste siano prospettate in modo specifico, di domande o eccezioni precedentemente formulate, implica normalmente una presunzione di abbandono o di rinuncia alle stesse (Cass. 26-1-2007 n. 1754), come del resto affermato da questa Corte proprio con espresso riferimento alla rinuncia anche tacita alla attribuzione di un immobile indivisibile (intesa appunto come una eccezione); quando, proposta una prima volta, risulti superata da successive richieste incompatibili della stessa parte (Cass. 1-3-1995 n. 2335).

Correttamente quindi il giudice di appello, nell’ambito dei suoi poteri di interpretazione della volontà delle parti, ha ritenuto tacitamente abbandonata la precedente istanza della S. di assegnazione dell’immobile per cui è causa alla luce della precisazione delle conclusioni definitive formulate con una richiesta del tutto antitetica alla precedente; nè d’altra parte tale convincimento poteva essere superato dalla riproposizione dell’istanza di assegnazione dell’immobile riproposta dalla S. nella comparsa conclusionale, attesa che tale atto, come puntualmente rilevato dalla Corte territoriale, è finalizzato alla illustrazione di conclusioni già assunte.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato; le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento di Euro 200,00 per spese e di Euro 2500,00 per onorari di avvocato.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *