Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 03-05-2011) 06-07-2011, n. 26361 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

P.F. risulta tratto a giudizio dinanzi al tribunale di Trani per rispondere del reato di cui all’art. 81 c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5 per detenzione e spaccio di circa 4 g di eroina accertato dal 26 luglio al 3 agosto 1999. L’imputato è stato condannato in primo grado, con sentenza del 12 novembre 1999, all’esito di rito abbreviato, alla pena di anni uno di reclusione e di lire 6 milioni di multa.

La corte di appello, decidendo sull’impugnazione del P., ha dichiarato estinto il reato per prescrizione ritenendo il termine decorso, con il concorso delle circostanze attenuanti generiche, alla data dell’11 novembre 2009 ed ha escluso la rilevanza quale atto o fatto interruttivo o sospensivo del termine prescrizionale il decreto di citazione a giudizio in grado di appello.

Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione il procuratore generale della Repubblica presso la corte di appello di Bari il quale fa rilevare in questa sede che in relazione alla data della pronunzia di sentenza di condanna di primo grado – 12 novembre 1999 -, la disciplina della prescrizione è regolata dalla normativa antecedente alla L. n. 251 del 2005 e che per effetto degli atti interruttivi (sentenza di primo grado e decreto di citazione per il giudizio di appello), il termine finale di prescrizione andava considerato quello del 4 agosto 2014 trattandosi di reato prescrivibile in 10 anni.

Il ricorso è fondato.

Pacifici i termini della vicenda processuale, non vi è dubbio che per il computo della prescrizione occorra fare riferimento alla disciplina previgente alla L. n. 251 del 2005 posto che l’art. 10, comma 3 della legge citata stabilisce che "3. Se, per effetto delle nuove disposizioni, i termini di prescrizione risultano più brevi, le stesse si applicano ai procedimenti e ai processi pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge, ad esclusione dei processi già pendenti in primo grado ove vi sia stata la dichiarazione di apertura del dibattimento, nonchè dei processi già pendenti in grado di appello o avanti alla Corte di cassazione".

E, dunque, ai sensi dell’art. 157 c.p., n. 3 nella previgente formulazione, il termine di prescrizione era di dieci anni trattandosi di delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore a cinque anni.

La diminuzione per le circostanze attenuanti generiche va contenuta, infatti, nel minimo ai sensi del comma successivo dell’art. 157, si ripete, nella formulazione previgente.

L’art. 160, u.c. stabiliva inoltre che "la prescrizione interrotta comincia nuovamente a decorrere dal giorno della prescrizione". Ed aggiungeva che "Se più sono gli atti interruttivi, la prescrizione decorre dall’ultimo di essi ma in nessun caso i termini stabiliti dall’art. 157 possono essere prorogati oltre la metà".

In sostanza la durata massima del termine per effetto degli atti interruttivi assomma nella specie a 15 anni.

Questi ultimi, ovviamente, sempre tenuto conto della normativa previgente alla L. n. 251 del 2005, decorrono dalla data di cessazione della continuazione e, cioè, dal 3 agosto 1999.

Rimane da verificare la data degli atti interruttivi.

In questo senso rilevano senz’altro, come afferma il PG ricorrente, la sentenza di condanna (art. 160, comma 1) ed il decreto di giudizio per l’appello (art. 160, comma 2).

Correttamente il ricorrente richiama al riguardo gli arresti di questa Corte costanti nell’affermare che il riferimento, sia pure generico, al decreto di citazione a giudizio, contenuto nell’art. 160 c.p., comma 2, consente di ricomprendere tra gli atti interruttivi del corso della prescrizione anche il decreto di citazione per il giudizio d’appello (ex plurimis Sez. 6, n. 27324 del 20/05/2008 Rv.

240525).

Poichè la sentenza di primo grado è del 12 novembre 1999, alla data del decreto di citazione per l’appello (11 novembre 2009) il termine di prescrizione non era scaduto e, di conseguenza, da questa data decorreva il nuovo termine di prescrizione vincolato, a questo punto, solo al rispetto della regola del divieto di eccedere l’ulteriore metà del termine di prescrizione, e, quindi, la durata complessiva di quindici anni dalla data di accertamento del reato.

Effettivamente, dunque, come sostenuto dal PG ricorrente, è al 4 agosto 2014 che occorre fare riferimento come termine massimo di prescrizione dei reati contestati.

La sentenza deve essere pertanto annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Bari.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Bari.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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