T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 08-07-2011, n. 1024 Sanità e igiene

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1 – La società ricorrente esercita, in idonea zona D,una attività di produzione di emulsioni e di conglomerati bituminosi. Essa si lamenta, con diverse censure, dell’epigrafato atto comunale tramite il quale e pur alla stregua della nota ASL in essa richiamata, la detta attività viene qualificata come insalubre di 1° classe.

2 – Quale mezzo al fine di demolire il predetto atto vengono introdotte le seguenti lamentele:

a) violazione artt. 7 ed 8 della l. n. 241 del 1990; si assume la intervenuta mancanza di una preventiva comunicazione in ordine alle intenzioni comunali di cui è causa e di poi manifestatesi nei termini descritti;

b) violazione art. 102 del RD n. 45 del 1901 dell’art. 216 del RD 1265 del 1934 e dell’art. 3 della l. n. 241 del 1990; si sostiene che l’indicato inserimento nella detta 1° classe di insalubrità sarebbe stato prefigurato in modo del tutto apodittico alla stregua di quanto indicato in D.M. 5.9.1994 e perciò senza altrimenti verificare in concreto la consistenza effettiva della nocività e della pericolosità della attività su descritta;

c) violazione, sotto altri profili, delle citate norme di cui sub b; si afferma, in buona sostanza, che se fossero state condotte le verifiche concrete al modo già descritto sarebbe stata, conseguentemente, accertata la non necessità di tale classificazione; ciò giusta anche i pareri ed i vari nulla osta inerenti allo svolgimento della relativa attività produttiva.

3 – Si è costituito in giudizio l’intimato comune; il medesimo ha, in primo luogo, eccepito che l’atto in questione non danneggerebbe la soc. istante e che lo stesso, determinando una eventuale assenza di lesività, raffigurerebbe perciò una circostanza tale da indurre ad una declaratoria di inammissibilità del presente ricorso. Al contempo tuttavia il detto ente ha concluso per la totale infondatezza di quest’ultimo altrimenti sostenendo la natura pressoché vincolata dell’atto de quo. Sono poi state depositate memorie conclusive a sostegno delle relative posizioni di lite.

4 – All’U.P. del 8.VI.2011 la causa, dopo breve discussione, è stata spedita in decisione.

5 – Anche a tutto concedere (sub 3 1° parte) ritiene il Collegio che la soc. ricorrente possa, quantomeno, vantare un interesse morale alla definizione della vertenza in atto. In ogni caso ed inoltre è indubbio che la classificazione giuridica in discorso muta lo stesso regime giuridico inerente rendendolo ben più cautelativo e restrittivo. Senza contare quanto imponibile in termini di eventuale attività probatoria con inversione dell’onere della prova sotto l’aspetto soggettivo (v. art. 2050 e 2051 Codice Civile) pur in materia di danni extracontrattuali.

6 – Tanto premesso, si osserva che, al fine di definire la vicenda, si deve – in primo luogo – determinare la natura dell’atto in questione se cioè lo stesso sia di carattere vincolato e pressoché dovuto od altrimenti di diverso carattere e necessariamente abbisognante di un’attività tecnicoistruttoria preliminare al modo predicato sub 2c della soc. ricorrente (v. DM 5.IX.1994).

6.1 – Non fuori luogo, al riguardo, si dimostrano i relativi assunti di quest’ultima in riferimento agli interventi ASL ed ARPA; ciò non tanto e non solo per non essere altrimenti utili a definire la non ascrivibilità della descritta attività produttiva nella qui contestata classe 1°, quanto e piuttosto perché, tramite i medesimi, la stessa società non riesce ad altrimenti dimostrare che il criticato intervento comunale sarebbe inutile e/o apodittico. Infatti è evidente, per tabulas, che l’atto ASL è avulso, finalisticamente, dal "luogo giuridico" in discorso. Invero l’ASL riscontra l’attività di specie solo sotto il profilo dinamico alla luce della verifica e del controllo sull’insistenza di varie cautele che, pur anche di profilo igenicosanitario, hanno riferimenti normativi che rispondono ad altre finalità.

6.1.1 – D’altra parte l’ASL non deduce che il riscontrato rispetto delle norme, solo a quanto sopra inerenti nell’ambito della detta fase dinamica e pur di profilo igienicosanitario, possa essere preso a fondamento di una concreta giustificazione di una classificazione quantomeno diversa e meno inibitoria. Né viene esplicitato che tale riscontro serve a sanare una assenza totale di classificazione di insalubrità o che lo stesso sia tale da non rendere necessaria classificazione alcuna. Non irrilevante ai fini dimostrativi del testè dedotto è poi il fatto che l’ASL segnali al comune la quasi obbligatorietà di adottare la classificazione qui sottoposta a critica (v. atti).

6.1.2 – In ogni caso le indicazioni ASL – così come quelle dell’ARPA: anche esse prodotte per altri fini – non sono adatte nemmeno a dimostrare per quali ragioni la detta classificazione non sarebbe imponibile. Superfluo è poi l’ulteriore nulla osta comunale: altresì temporalmente postumo all’adozione dell’atto di classificazione stessa.

6.2 – Carattere conclusionale, anche di profilo statuitivo, assume così la seguente duplice osservazione:

a – la soc. non indica quale dovrebbe essere una classe alternativa a quella prescelta dal Comune;

b- la stessa non introduce proprie autonome valutazioni di carattere tecnico atte a dimostrare che l’allocazione di specie sia fuori luogo.

6.3 – Ciò porta, per il tramite una necessaria digressione rispetto al tema indicato sub 6, a respingere già il rilievo iniziale di profilo formale (sub 2a) di carattere procedimentale.

7 – Tanto annotato e concluso ed altrimenti riprendendo l’iniziale argomento di cui sub 6, non si conviene con quella affermazione secondo la quale, al fine di correttamente inserire la soc. ricorrente tra quella destinate alla 1° classe di insalubrità, il Comune avrebbe dovuto preventivamente condurre una concreta e specifica indagine tecnica e solo in caso di conferente riscontro, disporre la detta ascrizione (sub 2 b).

7.1 – A tale proposito va altrimenti riscontrato che l’interesse alla salute dei cittadini e alla conservazione di quest’ultima, anche per il tramite l’adozione di utili cautele e precauzionali, è un dato di carattere generale e di aspetto primario esplicitato in Costituzione che non può non essere protetto – almeno da una soglia minima – solo da una uniforme normativa statuale. In tale quadro – invero – le leggi regionali si pongono solo in funzione concorrente ed integrativa o di dettaglio: pur anche quelle relative alle autonomie speciali.

7.2 – Ne consegue che, data per rilevata la tipicizzazione normativa dell’attività concreta svolta, il Comune non poteva diversamente disporre, salvo dimostrazione contraria di probante profilo tecnico avanzata dalla società: giusta la originaria insistenza di una presunzione iuris tautum di insalubrità del tipo descritto inizialmente non scalfita, sotto l’aspetto probatorio, dalla società ricorrente.

7.2.1 – Del resto, diversamente opinando, potrebbe darsi il caso di due comuni limitrofi che altrimenti diversamente dispongano in ordine ad una fattispecie a contenuto uguale. Il che finirebbe coll’obliterare non solo la necessitata uniformità territoriale delle normazioni in discorso ma anche la esportabilità del relativo regime giuridico su tutto il territorio nazionale stesso. In ogni caso – pur alla stregua di datata giurisprudenza della Cassazione – nel caso non è da registrarsi altro che una attività ricognitiva tipicizzata poiché le classificazioni di specie rispondono ad un criterio di astratta potenzialità inquinante caratterizzata da pericolosi spessori, senza che tale considerazione di fondo del legislatore sia stata, nel caso stesso, obliterata con precise prove tecniche contrarie dalla soc. ricorrente.

7.2.1 – Non estraneo a tali conclusioni è il fatto che, solo allorquando si debbano adottare provvedimenti inibitori o repressivi da parte del Sindaco competente, sol prima di tale momento è necessaria una indagine preventiva sulla effettività di disagi di vario tipo o dei pericoli che, via via, sotto l’aspetto contingente, vengono in evidenza come fatti nuovi.

7.3 – Sicchè l’atto in questione – visto l’atteggiamento della società ed il nulla avanzato in opposizione dimostrativa – resta legittimamente esaustivo in relazione allo specifico caso qui all’attenzione. Infatti esso raggiunge lo scopo normalmente prefissato e cioè quello di sussumere anche la azienda in discorso tra quelle che hanno quelle stesse caratteristiche che, previste dalla legge, determinano la loro iscrizione nel novero delle industrie insalubri di 1° classe.

8 – Alla stregua del dedotto può ritenersi assorbito il terzo rilievo (sub 2c) in quanto al medesimo è stata fornita sostanziale risposta al modo conclusivo di cui sopra.

9 – Il ricorso è perciò privo di utile spessore e va respinto.

10 – Le spese di lite seguono la soccombenza e sono quantificate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima) definitivamente decidendo, respinge il presente ricorso.

Spese a carico della ricorrente società, qui soccombente, per Euro 3.750,00 (IVA e CPA esclusi).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *