Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 20-04-2011) 06-07-2011, n. 26230

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 21.6.2010 la Corte di appello di Milano confermava la sentenza emessa dal Tribunale di Milano in data 30.4.2009 alla pena di anni due e mesi sette di reclusione ed Euro 450,00 di multa per tentativo di estorsione.

A carico del M.A. sussistono le dichiarazioni accusatorie della parte offesa S.R., ritenuta intrinsecamente attendibile ed avvalorata dalla convergente narrazione accusatoria di C.A. e dal rinvenimento nella vettura dell’imputato, nell’immediatezza del fatto, delle borse contenenti effetti personali e telefoni sottratti allo S. ed al C..

La vicenda origina dalla decisione adottata durante il comune stato di detenzione da parte dello S. e del ricorrente di mettersi in affari e dar vita ad una società cui venivano conferite delle risorse. Nel corso del tempo sorgevano contrasti e dissidi tra lo S. e il M. circa la conduzione della detta società ed il M. otteneva la restituzione delle somme che aveva inizialmente conferito. Nonostante tale circostanza continuavano le pressioni dell’imputato, talvolta accompagnato da un certo F., per ottenere somme di denaro; in un’occasione la segretaria dello S. veniva aggredita. L'(OMISSIS) il M. accompagnato dal F. si recava nello studio dello S. per pretendere con minacce somme di denaro e il (OMISSIS), presente anche il C., la situazione degenerava; il M. ed il F. aggredivano lo S. ed il C. causando loro lesioni personali.

Il M. si impossessava di due borse dello S. e dei cellulari del C. e dello S.. Il ricorrente insisteva a pretendere l’intestazione di un bene e la consegna del relativo rogito, ma alla fine interveniva la polizia che rinveniva le due borse dello S. e i cellulari del C. nel sedile posteriore la macchina del M.. La Corte territoriale sottolineava come il racconto del M. era stato confermato da quello del C. e dalle lesioni riscontrate sullo S. e sul C.. Il M. non poteva avanzare alcuna legittima pretesa nei confronti dello S. essendogli stata già restituita la quota immessa nella società comunemente posta in essere.

Ricorre l’imputato che con il primo motivo allega la carenza motivazione del provvedimento impugnato. Le dichiarazioni rese dal C. e dallo S. non convergevano in ordine alla somma richiesta dal M.. In realtà quest’ultimo era veramente creditore dello S. in relazione alla società che avevano originariamente deciso di fondare, ma non dell’esorbitante somma di 500.000 euro come dichiarato dallo S. essere stato preteso dal ricorrente, ma di quella di Euro 50.000. Le dichiarazioni dello S. erano sommamente interessate e non erano confermate da seri riscontri, se non le vaghe propalazioni del C..

Con il secondo motivo si allega la carenza motivazionale della sentenza impugnata in ordine al ritrovamento delle due borse dello S. che non potevano essere state sottratte dall’imputato, ma erano state dimenticate dello S. stesso. Infatti è del tutto illogico presumere che l’imputato convocato, ore dopo i fatti dalla polizia, non avesse cercato di nasconderle ma si sia recato con le stesse alla stazione di polizia lasciandole in macchina.

Con il terzo motivo si rileva che l’integrale risarcimento del danno avrebbe dovuto essere preso in considerazione quanto meno al fine della concessione delle attenuanti generiche.

Con il quarto motivo si deduce che da numerose deposizioni processuali emergeva che il M. era effettivamente creditore nei confronti dello S. anche perchè aveva lavorato in cantiere per la ricordata società. Pertanto il M. aveva preteso quanto gli spettava sulla base di tale convincimento.

Motivi della decisione

Il ricorso, stante la sua manifesta infondatezza, va dichiarato inammissibile.

Circa il primo motivo si tratta di censure di fatto già esaminate nelle precedenti fasi del giudizio. La Corte territoriale ha già sottolineato come il racconto del M. sia stato confermato da quello del C. e dalle lesioni riscontrate sullo S. e sul C.; inoltre nella vettura dell’imputato sono state trovate le borse ed i cellulari sottratti alle parti offese. Il contrasto tra le due parti offese riguarda solo l’entità della somma richiesta dall’imputato, ma entrambe attestano una perentoria richiesta di una somma esorbitante da parte dell’imputato. Il M. non poteva avanzare alcuna legittima pretesa nei confronti dello S. essendogli stata già restituita la quota immessa nella società comunemente posta in essere. La prova dell’esistenza di crediti anche per lavori eseguiti per lo S. non ha trovato riscontri probatori di sorta. La motivazione appare congrua e logicamente coerente; le censure sono, come detto, di mero fatto.

Circa il secondo motivo si tratta di illazioni che non comprovano affatto l’illogicità della ricostruzione dei fatti operata in sentenza, potendosi dare alla circostanza varie spiegazioni. La tesi per cui le parti offese avessero dimenticato nella vettura del loro estorsore (tentato) le borse appare obiettivamente poco credibile. Le attenuanti generiche sono state denegate per i gravi e molteplici precedenti penali: la motivazione appare congrua e logicamente coerente, le censure sono di mero fatto. Circa il quarto motivo si è già detto supra: l’esistenza di un credito dell’imputato è stata esclusa e non emerge ex actis. Le censure sono di mero fatto e ripropongono una questione di natura fattuale già esaminata dai giudici di merito.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di Euro mille, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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