T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 08-07-2011, n. 1850 Contratti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La ricorrente con il ricorso principale impugna, in qualità di seconda classificata in una gara a procedura negoziata per la fornitura del manto di una pista d’atletica, gli atti della gara aggiudicata secondo il criterio del massimo ribasso e chiede l’inefficacia del contratto ed il subentro o, in subordine l’applicazione delle sanzioni previste dall’art. 123 del Cod. proc. amm., oltre al risarcimento dei danni, affidandosi al seguente motivo di ricorso.

I) Violazione degli artt. 2, 42 e 48 del D. Lgs. 163/2006 e 38 del DPR n. 445/2000, eccesso di potere e violazione del principio di imparzialità in quanto l’aggiudicataria è stata ammessa alla gara senza che avesse il fatturato richiesto dalla lettera d’invito. Infatti due delle quattro forniture dichiarate non sarebbero regolari. In particolare la fornitura al Comune di Torino risulterebbe realizzata dalla ricorrente e non dalla controinteressata mentre quella effettuata al Comune di Desenzano sarebbe estranea al periodo richiesto dalla lettera d’invito (ultimi tre esercizi finanziari). In secondo luogo il riferimento agli ultimi tre esercizi finanziari sarebbe illegittimo per contrasto con l’art. 42 c. 1 del Codice.

Prima dell’udienza cautelare del 28.03.2011, la stazione appaltante ha sospeso in data 24.03.2011, su richiesta della controinteressata, l’ammissione alla gara della ricorrente con contestuale comunicazione di avvio del procedimento di revoca dell’ammissione della ricorrente.

La difesa dell’ente pubblico afferma l’inammissibilità o improcedibilità del ricorso e della domanda cautelare per l’avvenuta sospensione dell’ammissione che toglierebbe alla ricorrente la legittimazione processuale.

Chiede quindi l’inammissibilità del ricorso per abuso di posizione dominante da parte della ricorrente.

Ritiene infondato il ricorso perché il certificato di regolare esecuzione emanato dal Comune di Torino conterrebbe il riferimento alla ditta dei cui requisiti tecnici la controinteressata si avvale (Flooring s.r.l.). In secondo luogo l’indicazione, contenuta nella domanda di partecipazione, della fornitura al Comune di Desenzano come effettuata nel 2007 invece che nel 2006 sarebbe un mero errore materiale.

La stazione appaltante ritiene quindi legittimo il riferimento del requisito di fatturato a tre esercizi finanziari approvati invece che a tre esercizi, come prevede l’art. 42 del Codice in quanto si tratterebbe di gara sottosoglia o cottimo fiduciario per la quale l’art. 125 del Codice permette alla stazione appaltante di determinare i requisiti di partecipazione autonomamente.

La controinteressata ha chiesto la reiezione del ricorso affermando che anche senza le forniture contestate la ricorrente avrebbe i requisiti per partecipare alla gara.

2. Con successivi atti la stazione appaltante ha confermato l’aggiudicazione alla controinteressata nonostante la sospensione della stessa da parte del Tribunale ed ha escluso dalla gara la ricorrente.

Contro tali atti e contro l’aggiudicazione definitiva, per la prima volta conosciuta in forma integrale, la ricorrente solleva, con il ricorso per motivi aggiunti, i seguenti motivi di ricorso.

II) Illegittimità dell’aggiudicazione per violazione di legge in quanto l’aggiudicataria non avrebbe raggiunto il requisito del fatturato minimo.

III) Illegittimità della comunicazione di avvio del procedimento di esclusione della ricorrente dalla gara e contestuale sospensione della partecipazione in quanto l’atto non perseguirebbe l’interesse pubblico ma solo il fine di far dichiarare inammissibile il ricorso per carenza sopravvenuta di interesse a ricorrere. In secondo luogo vi sarebbe disparità di trattamento in quanto la stazione appaltante avrebbe violato espressamente l’ordinanza di sospensione dell’aggiudicazione ed invece di utilizzare il potere di autotutela per riesaminare tutte le offerte ha ignorato la decisione giurisdizionale e rivisto la sola posizione della ricorrente.

Ha quindi chiesto il risarcimento del danno nella misura del 10 % dell’offerta presentata oltre al danno curriculare.

La difesa della stazione appaltante ritiene legittima l’esclusione della ricorrente e la nuova aggiudicazione a favore della controinteressata e della società Arcadia Costruzioni Sportive s.r.l., già terza classificata.

La difesa della controinteressata sostiene la legittimità degli atti di ritiro parziale della graduatoria della gara.

Agli atti è stata depositata dichiarazione della stazione appaltante che la fornitura sarebbe stata eseguita mentre il contratto non sarebbe ancora stata stipulato.

Alla camera di consiglio del 7 giugno 2011 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione previo avviso alle parti.

3. In primo luogo occorre affrontare l’eccezione di difetto di legittimazione passiva della ricorrente a seguito della sospensione dell’ammissione alla gara e della successiva esclusione dalla graduatoria.

A tal fine occorre anticipare l’esame del ricorso per motivi aggiunti.

Il ricorso merita accoglimento e, di conseguenza, l’eccezione processuale è infondata.

La giurisprudenza è unanime nell’affermare che la stazione appaltante ha il potere di annullare l’aggiudicazione di un appalto pubblico anche dopo l’aggiudicazione definitiva e la stipulazione del contratto qualora sussistano i presupposti del ricorso alla cd. "autotutela", comunemente ravvisati nella illegittimità dell’atto annullato, nella sussistenza di un interesse pubblico da compararsi con quello del privato che abbia riposto un legittimo affidamento sulla stabilità dei suoi effetti oltre ad un’adeguata istruttoria (Tar Lombardia, Milano, III 29 dicembre 2008 n. 6171; CdS VI 4/12/1998 n. 1668; T.A.R. Lazio, Roma, I bis 23 ottobre 2006 n. 10900; Cons. Stato Sez. V, 03 febbraio 2000, n. 661).

Nel caso in questione l’annullamento è stato disposto senza la valutazione dell’interesse pubblico e senza un’adeguata istruttoria.

La stazione appaltante non ha effettuato un’adeguata istruttoria in quanto ha esercitato il potere di autotutela senza tenere in alcun conto la sospensione del provvedimento di aggiudicazione disposta dal Tribunale, ma, anzi, disponendo la conferma dell’aggiudicazione in contrasto con il provvedimento giurisdizionale. Tale conferma è stata poi disposta senza lo scopo, proprio degli atti di conservazione, di emendare atti precedenti dai vizi, ma appellandosi esclusivamente alla discrezionalità del potere di ritiro degli atti dell’amministrazione che, a detta del direttore generale della stazione appaltante, giustificherebbe addirittura di non prendere in considerazione l’atto giurisdizionale, per altro verso non impugnato.

In secondo luogo l’esercizio dell’autotutela è avvenuto in spregio alla regola secondo la quale tale potere dev’essere esercitato solo in presenza di un interesse pubblico, concreto e attuale, che giustifichi il ritiro stesso.

Infatti la stazione appaltante ha esercitato tale potere al solo scopo di escludere dalla gara un concorrente in precedenza ammesso, confermando l’aggiudicazione già disposta. La conferma del precedente aggiudicatario ad esecuzione della prestazione già avvenuta, come risulta dagli atti, rende privo di interesse pubblico tale nuovo procedimento in quanto non modifica le scelte già effettuate dalla stazione appaltante in merito alle modalità con le quale garantirsi la fornitura della pista d’atletica. E’ chiaro quindi che l’amministrazione ha esercitato tale potere al solo scopo di incidere sulla legittimazione processuale della ricorrente e, quindi, su un piano che non ha nulla a che fare con la soddisfazione dell’interesse pubblico affidato all’amministrazione.

Né tantomeno l’interesse economico dell’amministrazione può valere a supportare un procedimento sotto altri versi illegittimo.

A ciò si aggiunge che la stazione appaltante ha violato, nell’esercizio del potere di autotutela, il principio della par condicio tra i concorrenti (Cons. Stato, IV, 7 settembre 2001 n. 4722) in quanto la riapertura della gara a seguito dell’annullamento di alcuni atti non può operare solo nei confronti di uno solo dei concorrenti ma occorre che l’amministrazione riprenda il procedimento dal punto in cui ritiene sussistano dei vizi, nei confronti di tutti i concorrenti. Così nel caso in questione avrebbe dovuto riaprire la fase di ammissione alla gara per tutti i concorrenti e non solo nei confronti di uno di essi.

A maggior ragione la sospensione dell’ammissione disposta in fase di apertura del procedimento di autotutela è illegittima in quanto non sussiste un interesse pubblico concreto ed attuale alla sospensione dell’ammissione di un’impresa alla gara quando questa è già stata aggiudicata.

Lo strumento predisposto dall’ordinamento che permette di incidere sugli atti di ammissione di imprese alla gara è il ricorso incidentale che è finalizzato alla soddisfazione di un interesse processuale del controinteressato e tale strumento non può essere sostituito dall’esercizio del potere di autotutela, che persegue il diverso scopo di riaprire in tutto od in parte la procedura di gara, al fine di emendarla dai vizi procedimentali o sostanziali che la inficiano, al solo scopo di soddisfare un interesse pubblico concreto ed attuale, nel rispetto del principio della par condicio tra i partecipanti.

In definitiva quindi gli atti di annullamento e sospensione dell’ammissione e della graduatoria nella parte in cui era riferita alla ricorrente debbono essere annullati, con la conseguenza che sussiste l’interesse processuale della medesima ad impugnare gli atti di gara.

4. Venendo ora al ricorso principale esso è fondato con riferimento alla domanda di annullamento degli atti di gara e la conseguente domanda risarcitoria per equivalente, mentre non sussiste interesse alle domande di esecuzione del contratto e di applicazione delle sanzioni sostitutive in quanto questo non è stato stipulato e la prestazione è stata eseguita, come risulta dal provvedimento della stazione appaltante in data 20.05.2011.

In merito sussiste violazione dell’art. 48 del Codice laddove stabilisce che quando la prova del possesso dei requisiti di capacità economicofinanziaria e tecnicoorganizzativa non sia fornita, ovvero l’offerente non confermi le dichiarazioni contenute nella domanda di partecipazione o nell’offerta, le stazioni appaltanti procedono all’esclusione del concorrente dalla gara, all’escussione della relativa cauzione provvisoria e alla segnalazione del fatto all’Autorità.

In merito la stazione appaltante, nella determinazione in ordine all’informativa dell’intenzione di proporre ricorso giurisdizionale del 20.02.2011, afferma che l’offerta della controinteressata è stata ritenuta conforme al bando per quanto riguarda il requisito del fatturato richiesto (cioè quello relativo a forniture analoghe a quelle della procedura in oggetto prestate negli ultimi tre esercizi finanziari approvati per un importo complessivo non inferiore a euro 572.358,00) in quanto a seguito dei chiarimenti inviati dall’aggiudicataria sono state confermate le forniture prestate al Comune di Gaglianico, Desenzano e Santhià con la specificazione, per quanto riguarda la fornitura al Comune di Desenzano, che tale fornitura rientrerebbe nel novero di quelle computabili ai fini della gara, anche se realizzata nel 2006, in quanto l’aggiudicataria si è avvalsa della cessione del ramo d’azienda di altra società in stato fallimentare (la Flooring s.r.l.), che nel 2010 non avrebbe approvato alcun bilancio. Da ciò conseguirebbe che per l’aggiudicataria, a differenza che per le altre imprese partecipanti, sarebbe legittimo valutare le forniture effettuate nel triennio 20062009 in quanto questi sarebbero gli ultimi tre esercizi finanziari approvati, secondo quanto stabilito dal bando.

Tuttavia tale valutazione è errata e quindi l’ammissione dell’aggiudicataria è illegittima.

Dagli atti della gara risulta che l’aggiudicataria si è avvalsa dei requisiti tecnici e di fatturato di altra impresa.

In primo luogo occorre rilevare che nella risposta dalla dall’aggiudicataria alla Commissione di gara in data 03.11.2010 risulta che al momento della scadenza del termine per la presentazione delle domande di partecipazione alla gara (13.10.2010) era in corso un affitto di ramo d’azienda tra Unieco s.p.a. e l’aggiudicataria dal 20.09.2010 al 30.11.2010. Ne consegue che era irrilevante che la società Flooring s.r.l. non avesse approvato il bilancio nel 2009, trattandosi di soggetto diverso che aveva affittato il ramo d’azienda all’aggiudicataria solo fino al 20.09.2010.

In secondo luogo, al fine di dare certezza ai requisiti oggetto di avvilimento, l’art. 49 del Codice stabilisce che il ricorrente fornisce una serie di documenti il cui scopo è quello di attestare esattamente di che cosa egli si avvale e della serietà dell’avvalimento, comprovata anche da dichiarazioni provenienti dall’impresa dei cui requisiti ci si avvale. In particolare occorre: a) una dichiarazione del partecipante alla gara verificabile ai sensi dell’articolo 48, attestante l’avvalimento dei requisiti necessari per la partecipazione alla gara, con specifica indicazione dei requisiti stessi e dell’impresa ausiliaria; d) una dichiarazione sottoscritta dall’impresa ausiliaria con cui quest’ultima si obbliga verso il concorrente e verso la stazione appaltante a mettere a disposizione per tutta la durata dell’appalto le risorse necessarie di cui è carente il concorrente.

Di questi e degli altri documenti relativi all’avvalimento, con l’eccezione dei contratti con i terzi via via presentati dall’aggiudicataria, non vi è traccia agli atti della gara, per ammissione concorde delle parti.

Ne consegue che l’aggiudicataria avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara ai sensi dell’art. 48 del Codice e quindi l’aggiudicazione della gara a suo favore dev’essere annullata.

L’accoglimento di tale motivo di ricorso permette di assorbire l’ulteriore motivo connesso alla legittimità del criterio degli ultimi tre esercizi finanziari approvati, stabilito dalla lettera d’invito e valorizzato in sede cautelare.

Venendo ora all’azione risarcitoria, il ricorrente con il ricorso per motivi aggiunti chiede il riconoscimento del lucro cessante nella misura del 10 % dell’importo del contratto ed il danno curriculare.

Per quanto concerne la prova dell’elemento soggettivo il Collegio si conforma all’orientamento prevalente (Consiglio di Stato, VI, 11 gennaio 2010 n. 14) secondo il quale non è comunque richiesto al privato danneggiato da un provvedimento amministrativo illegittimo un particolare sforzo probatorio per dimostrare la colpa della p.a. Infatti, pur non essendo configurabile, in mancanza di una espressa previsione normativa, una generalizzata presunzione (relativa) di colpa dell’amministrazione per i danni conseguenti ad un atto illegittimo o comunque ad una violazione delle regole, possono invece operare regole di comune esperienza e la presunzione semplice, di cui all’art. 2727 c.c., desunta dalla singola fattispecie.

Nel caso di specie, la stazione appaltante ha più volte considerato la condotta dell’aggiudicataria nella gara con atteggiamenti contrastanti e scarsamente trasparenti. Nella prima seduta (18.10.2010) la Commissione ha rilevato incongruenze nella documentazione ma l’ha ammessa alla gara con riserva. Poi alla seconda seduta (in data 10.11.2010) ha rilevato ulteriori vizi, in particolare la mancanza della copia registrata del contratto di affitto d’azienda tra Unieco e Polifloor; da ultimo alla terza seduta in data 19.11.2010 ha ritenuto sussistenti tutti i requisiti senza specificare come abbia raggiunto tale risultato. Solo da atti successivi all’aggiudicazione, quali la richiamata determinazione in ordine all’informativa dell’intenzione di proporre ricorso giurisdizionale in data 20.02.2011 la stazione appaltante ha dato spiegazione del suo comportamento.

Particolare rilievo assume anche il fatto che gravissimi problemi di gestione della gara, che hanno condotto la Commissione ad ammettere un numero spropositato di integrazioni documentali da parte dei partecipanti, sono dipesi dalla scelta della stazione appaltante di frazionarne l’oggetto ponendo a base di gara solo la fornitura del manto della pista d’atletica senza il relativo incollaggio. Tale scelta si pone in contrasto con qualsiasi regola di sana ed economica gestione delle procedure di gara in quanto conduce al proliferare delle procedure.

A ciò si aggiunge che la stazione appaltante ha confermato l’aggiudicazione senza tenere in alcun conto l’avvenuta sospensione in sede giurisdizionale del medesimo atto ed ha esercitato l’autotutela al solo fine di limitare la tutela giurisdizionale della ricorrente senza alcun effetto di tipo sostanziale.

A ciò si aggiunge il comportamento scorretto in sede processuale, in quanto la difesa della stazione appaltante in sede di sospensiva ha escluso l’avvenuta esecuzione dell’appalto, come risulta dal verbale della camera di consiglio, mentre con atto in data 20.05.2011 la stazione appaltante ha dichiarato che l’esecuzione era stata già disposta prima dell’udienza di sospensione. In sostanza essa ha tenuto nascosto l’esecuzione della prestazione, impedendo alla ricorrente di venirne a conoscenza e di tutelarsi nei suoi confronti e l’ha resa pubblica solo dopo l’avvenuta esecuzione totale della prestazione, che verosimilmente è avvenuta, almeno in parte, quando l’aggiudicazione era stata già sospesa. Ciò ha approfondito il danno dell’amministrazione in quanto, una volta terminata l’esecuzione, la tutela della ricorrente non può avvenire che nella forma del risarcimento del danno per equivalente, con ulteriore esborso di pubblico denaro.

Si è trattato, quindi, di una pletora di errori, che in alcun modo possono essere ritenuti scusabili, né tantomeno la stazione appaltante ha invocato la scusabilità medesima, e ciò conduce a ritenere sussistente l’elemento della colpa.

Venendo ora alla quantificazione del danno occorre rilevare che, trattandosi di gara al massimo ribasso per la quale l’annullamento dell’ammissione dell’aggiudicatario avrebbe condotto all’aggiudicazione a favore della ricorrente, a seguito anche dell’annullamento dei tardivi atti di esclusione emanati dalla stazione appaltante, occorre risarcire il lucro cessante.

In merito esso è generalmente determinato nel 10% (Cons. Stato, V, 12 maggio 2011 n. 2817) calcolato sull’offerta presentata in gara dal ricorrente e non sul prezzo posto a base di gara (Cons. Stato, V, 17 ottobre 2008 n. 5098).

Il mancato utile va poi decurtato dei vantaggi ottenuti aliunde. La giurisprudenza(Cons. Stato, IV, 3 marzo 2009 n. 1206) ha infatti evidenziato il fatto di essere liberi dalle prestazioni contrattuali ha dato al soggetto ricorrente la possibilità di rendersi disponibile sul mercato, cercando ed eventualmente trovando altre commesse, che possono aver integralmente colmato il danno derivante dal mancato utile. Ne consegue la decurtazione dell’utile di impresa ove non si dimostri, come nel caso in questione, di non aver potuto utilizzare diversamente le maestranze ed i propri mezzi per l’espletamento di altri servizi (presunzione di altro guadagno che comporta una riduzione del 50% dell’utile: Cons. Stato, V, 17 ottobre 2008 n. 5098; Cons. Stato, IV, 3 marzo 2009 n. 1206);

Ne consegue che il mancato guadagno viene quantificato nel 5% sul prezzo offerto dalla ricorrente.

Poiché la ricorrente la offerto una riduzione del prezzo a base di gara (pari a euro 190.786,18) del 5% (presentando quindi un’offerta di euro 181.246,87) il risarcimento del danno per lucro cessante è pari a euro 9.062,34.

In conformità alla richiesta della ricorrente va risarcito anche il cosiddetto "danno curriculare", in quanto la ricorrente aveva diritto all’aggiudicazione. Tale danno consiste nella "deminutio" di peso imprenditoriale della impresa ricorrente per omessa acquisizione dell’appalto che la medesima avrebbe avuto titolo a conseguire; tale "deminutio" può essere rapportata ad un inferiore radicamento nel mercato, anche come possibile concausa di crisi economica o imprenditoriale, in termini di difficile determinazione, ma nel caso in questione rapportabile – secondo una stima già ritenuta equa dalla giurisprudenza – al 4% dell’importo globale del servizio da aggiudicare (Cons. Stato, VI, 2 marzo 2009 n. 1180). Infatti dalla domanda di partecipazione risulta che la ricorrente fornisce negli ultimi anni una media di due o tre piste, e quindi il Collegio ritiene opportuno quantificare il danno curriculare sotto il livello massimo, corrispondente alla perdita di tutto il fatturato, riconosciuto dalla giurisprudenza nel 5% dell’importo globale del servizio da aggiudicare.

Ne consegue che, essendo il prezzo a base di gara pari a euro 190.786,18, il danno curriculare ammonta a euro 7.631,44.

In definitiva la somma totale dovuta dall’amministrazione a titolo di risarcimento del danno è pari a euro 16.693,78, oltre gli interessi e la rivalutazione monetaria dalla liquidazione al saldo.

Sussistono i presupposti per la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica presso la Corte dei Conti della Lombardia.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso principale e su quello per motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li accoglie e per l’effetto annulla gli atti impugnati.

Condanna Milanosport spa al risarcimento del danno come individuato nella motivazione.

Condanna Milanosport spa al pagamento delle spese processuali a favore della ricorrente, che liquida in via forfettaria in euro 3.500,00, oltre IVA e CPA come per legge. Compensa le spese nei confronti della controinteressata. Dispone la restituzione del contributo unificato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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