Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 06-04-2011) 06-07-2011, n. 26277

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Il Tribunale di Cagliari con l’ordinanza in epigrafe respingeva la richiesta di riesame proposta nell’interesse di D.R. e C.M.A. avverso il decreto del 3 agosto 2010 con cui il pubblico ministero, in relazione al reato di frode in pubbliche forniture ( art. 356 c.p.), aveva convalidato il sequestro probatorio, eseguito dai Carabinieri del N.a.s. nell’ambito di una ispezione igienico sanitaria, di svariate confezioni di reagenti chimici scadute, rinvenute nel laboratorio di analisi della casa di cura Clinica Lay (in regime di accreditamento con la Regione autonoma della Sardegna), della quale D. era direttore sanitario e C. direttore tecnico del medesimo laboratorio.

Le operazioni erano iniziate intorno alle 10,40, alla presenza di D., mentre la C. – quel giorno in ferie – era sopraggiunta alle 12,20. 2. – Il ricorso, proposto nell’interesse di entrambi i sottoposti alle indagini dai comuni difensori fiduciari, deduce vizi di violazione di legge sotto più profili.

Con il primo motivo si lamenta, in relazione agli artt. 114 e 220 disp. att. c.p.p., che nessun avvertimento circa le proprie garanzie difensive sarebbe stato dato alla C., pur giunta mentre ancora i Carabinieri "erano impegnati in attività di tipo amministrativo", avendo poi formalizzato il sequestro con verbale di sequestro penale che indicava le ore 13.45, redigendo contestualmente un verbale di annotazione per ispezione igienico sanitaria. In tale ultimo verbale erano anche annotate le dichiarazioni rese dalla stessa C., ad attestarne la presenza efficace ad operazioni ancora in corso.

Ciononostante solo al D. erano stati resi noti i suoi diritti, come risultante da pag. 2 del verbale di sequestro, verbale che oltretutto neppure era stato fatto sottoscrivere alla C., pur essendone state verbalizzate, in altro atto, le dichiarazioni (tra l’altro inutilizzabili per i preesistenti indizi di reità emersi a suo carico). Erroneamente il Tribunale avrebbe ritenuto che alla C. non dovesse esser dato alcun avvertimento, essendo la stessa sopraggiunta, senza tuttavia distinguere tra l’attività di tipo amministrativo (ispettiva o di vigilanza) e l’attività di polizia giudiziaria, una volta emersi gli indizi di reato, il che era avvenuto, secondo i ricorrenti, con la formalizzazione del verbale di sequestro penale alle ore 13.45.

Con un distinto, ma collegato motivo, i ricorrenti deducono la violazione dell’art. 114 disp. att. c.p.p. e censurano l’affermazione del Tribunale, secondo cui l’avviso dovrebbe essere dato solo prima del compimento di atti e operazioni, sostenendo invece che la disposizione invocata impone che tale avviso deve essere dato anche quando le attività siano già in corso.

Con un altro motivo si denuncia l’omessa motivazione del decreto di convalida del sequestro. Per quanto riguarda la posizione di C. si esclude che si possa parlare di motivazione per relazione al verbale di sequestro della polizia giudiziaria, a lei mai consegnato; nè tale motivazione in ordine alle esigenze probatorie sottese al caso in esame sarebbe stata integrata efficacemente dal Tribunale del riesame, in particolare non chiarendo se si trattasse di corpo del reato o di cose pertinenti al reato nè la rilevanza della loro "ablazione" per il procedimento.

Infine, si contesta la legittimità dell’autonoma integrazione della assente motivazione del decreto di sequestro, a cui il Tribunale avrebbe provveduto pur permanendo l’inerzia del pubblico ministero.

Sulla base di questi motivi i ricorrenti chiedono l’annullamento dell’ordinanza e conseguentemente del sequestro probatorio.

Motivi della decisione

3. – Il ricorso è infondato.

3.1. – Quanto ai primi due motivi, afferenti la questione del mancato avviso alla C. della facoltà di farsi assistere da un difensore, il Tribunale, confrontandosi espressamente con l’analoga doglianza prospettatagli, va innanzitutto precisato che l’attività ispettiva era già terminata, ed in particolare i beni da sottoporre al sequestro erano già stati rinvenuti ed individuati, quando giunse in laboratorio la C., appositamente richiamata in servizio dal direttore sanitario D., mentre erano ancora in corso solo le operazioni di formalizzazione della selezione ed apprensione di materiale appunto già compiuta. L’assunto trova riscontro nei due verbali allegati dai ricorrenti, in diligente ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, laddove il verbale di ispezione riferisce che il controllo si è esplicato nella verifica di tutte le scadenze relative ai reagenti presenti nel laboratorio, mentre il verbale di sequestro penale riferisce che la C. era assente al controllo, iniziato alle ore 10.40 alla sola presenza del D. e terminato appunto prima dell’arrivo della direttrice del laboratorio.

Si tratta di atti che sul punto specifico la Corte è legittimata a verificare, in ragione dell’eccezione in rito che la rende giudice del fatto procedimentale.

3.2. – L’assunto difensivo secondo il quale la C. aveva comunque, anche in tale circostanza, diritto ad essere avvisata della facoltà di farsi assistere da un difensore, ai sensi dell’art. 114 disp. att. c.p.p. è, nei termini che seguono, infondato.

Il Riesame ha in realtà, come visto e differentemente da quanto dedotto dai ricorrenti, dato conto dell’avvenuta conclusione della fase ispettiva e dell’inizio della fase strettamente di polizia giudiziaria con la conclusione del controllo materiale, consistito nella verifica dei reagenti scaduti: l’accertamento delle irregolarità, ritenute dai carabinieri operanti integranti la violazione dell’art. 356 c.p. in ragione del regime di accreditamento in cui operava la struttura sanitaria, era pertanto compiuto prima dell’arrivo della C., con la già avvenuta selezione ed apprensione del materiale.

Il fatto che materialmente i due verbali rechino quale orario di redazione dei verbali le 13,45, quando la C. era sicuramente presente, tanto che alcune sue dichiarazioni sono state verbalizzate, non può fondare la conclusione che le operazioni di sequestro fossero ancora in corso, sicchè l’avviso le sarebbe stato dovuto, perchè arrivata non prima dell’inizio delle operazioni ma durante la loro esecuzione.

Invero, affrontando nella materia dell’arresto in flagranza il tema del rapporto tra materiale apprensione (privazione della libertà personale) e formalizzazione dell’operato nel doveroso verbale delle attività svolte, questa Corte suprema ha ripetutamente insegnato che l’esecuzione dell’arresto si realizza con la materiale apprensione del soggetto colto in flagranza di reato, il quale per effetto di ciò, senza che sia necessaria una formale dichiarazione, perde la sua libertà personale, sicchè la redazione del relativo verbale costituisce un adempimento successivo, destinato esclusivamente a documentare le circostanze dell’atto al fine di consentire all’autorità giudiziaria l’esercizio dell’indispensabile controllo di legalità (Sez. 4^, 17 febbraio 2009, n. 21995, Stefanini; Sez. 6^, 18 ottobre 1996, n. 6, P.M. in proc. Costa).

La "struttura" del problema è simile e la soluzione interpretativa deve essere la medesima, perchè analoghe sono le esigenze di tutela per le quali la garanzia – ovviamente propria per ciascuna delle due diverse fattispecie – è data. Nel caso dell’arresto in flagranza il momento dell’apprensione è quello da cui decorre l’obbligo di informazione al difensore ed al pubblico ministero. Nel caso della perquisizione e del sequestro, il diritto di farsi assistere dal difensore è finalizzato al controllo ed alla verifica delle modalità con cui la ricerca e l’eventuale apprensione vengono realizzate: compiuto materialmente ed irreversibilmente l’atto, ed acquisito il risultato investigativo, la formalizzazione serve solo a documentare quanto è già avvenuto e concluso. Sicchè l’avviso sul diritto a farsi assistere va dato a chi è presente prima del loro compimento ed a chi compare finchè tali operazioni siano materialmente in corso, non più quando le stesse siano in concreto concluse.

Da qui la correttezza dell’avviso dato al D., presente prima ancora del controllo e durante le materiali apprensioni, e la non illegittimità del mancato avviso alla C., giunta – secondo il Riesame ed i due verbali allegati dalla difesa – a controllo materialmente definito.

Il fatto che la C. sia stata sentita, addirittura con la verbalizzazione delle sue dichiarazioni, quando già erano emersi elementi indiziali specifici anche nei suoi confronti, nella qualità di responsabile del laboratorio dove erano state già accertate compiutamente le ritenute irregolarità, non rileva ai fini del sequestro.

3.3 – Manifestamente infondati sono i restanti motivi, in quanto l’ordinanza di convalida espressamente rinvia, per quanto riguarda la motivazione, al verbale di sequestro, in cui risultano specificamente indicati i presupposti giustificativi del provvedimento di apprensione dei beni. Questa Corte, in più occasioni, ha affermato la legittimità del decreto del pubblico ministero di convalida del sequestro probatorio motivato mediante rinvio "per relationem" al contenuto del verbale di polizia giudiziaria la cui copia sia stata consegnata all’indagato, specificando che non rileva la mancata allegazione dello stesso alla copia del decreto di convalida notificata all’indagato (Sez. 3^, 16 marzo 2010, n. 20769, Di Serio).

4. – In conclusione, l’infondatezza dei motivi proposti comporta il rigetto dei ricorsi, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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