Cons. Stato Sez. IV, Sent., 09-07-2011, n. 4134 Costruzioni abusive Piano regolatore generale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con l’appello in esame, il Comune di Capurso impugna la sentenza 10 febbraio 2009 n. 233, con la quale il TAR Puglia, sede di Bari, sez. III, in accoglimento del ricorso proposto da G. C. s.r.l., ha annullato il provvedimento 7 ottobre 2008 n. 23451, di diniego di permesso di costruire.

Nel caso di specie, la ricorrente in I grado (attuale appellata), proprietaria di un fondo asservito per la realizzazione di un edificio (collocato su terreno identificato con diversa particella catastale), una volta intervenuta una modifica al piano regolatore generale, che ha aumentato l’indice di fabbricabilità da 3 mc/mq a 5 mc/mq, ha richiesto, in momenti successivi, due distinti permessi di costruire, così proponendosi di utilizzare l’intera cubatura residua a propria disposizione.

Il Comune di Capurso, mentre ha assentito la prima istanza, rilasciando il richiesto permesso di costruire, con il provvedimento gravato in I grado ha respinto la seconda, poiché ha ritenuto che la maggiore cubatura rinveniente dall’aumento dell’indice di fabbricabilità debba essere distribuita in misura proporzionale tra i fondi contigui (cioè tra l’area di sedime dell’edificio già a suo tempo realizzato e il suolo asservito), dato che l’intervenuto aumento della capacità edificatoria non comporta la retrocessione della volumetria ceduta per effetto dell’atto di asservimento, che, quindi, avrebbe cristallizzato la relativa quota edificatoria.

Secondo la sentenza appellata:

– l’asservimento di un suolo disposto in relazione a concessione edilizia precedentemente rilasciata, non è "insensibile alle modifiche che intervengono sulla potenzialità edificatoria e, pertanto, l’aumento dell’indice di fabbricabilità incide sulla cubatura prevista nell’atto di asservimento, diminuendola in proporzione all’innalzamento della capacità edificatoria del fondo avente diritto";

– non può condividersi l’affermazione secondo la quale anche il lotto sul quale è ubicato l’immobile già realizzato esprime una volumetria residua, poiché "tale interpretazione porterebbe all’assurda conseguenza di ritenere che detto edificio, benché abbia esaurito la capacità edificatoria del fondo ed abbia fatto ricorso all’asservimento, possa esprimere una volumetria residua".

Avverso tale decisione, il Comune di Capurso propone i seguenti motivi di appello:

a) travisamento dei presupposti in fatto ed in diritto; difetto assoluto di istruttoria; perplessità; erroneità della sentenza relativamente alla asserita automatica variazione dell’atto di asservimento a seguito della variazione dell’indice di fabbricabilità; poiché "l’atto di asservimento ha carattere definitivo ed irrevocabile e produce, per i terreni che ne costituiscono l’oggetto, una permanente minorazione della loro utilizzazione da parte di chiunque ne sia il proprietario" e dunque "non avendo alcun effetto sull’atto di cessione di cubatura né le vicende proprietarie, né gli aumenti degli indici volumetrici, non può effettuarsi quella automatica retrocessione di cubatura in vantaggio del suolo di proprietà della G. C.";

b) violazione l. reg. Puglia n. 56/1980; travisamento dei presupposti in fatto e diritto; difetto assoluto di istruttoria; erroneità della sentenza relativamente all’atto di cessione cubatura; poiché l’art. 29 l. reg. cit. subordina il rilascio della concessione edilizia alla trascrizione di un atto d’obbligo "relativo all’asservimento del manufatto consentito, dell’area che ha espresso le relative volumetrie", ne consegue che "se la modifica del contenuto dell’atto di asservimento dipendesse automaticamente dalla variazione della strumentazione urbanistica (aumento degli indici volumetrici) i dati rinvenienti dalla visura presso i registri immobiliari non assicurerebbero più quella certezza" che il legislatore ha inteso perseguire attraverso l’art. 29; peraltro, "nessuna norma nazionale o regionale prevede che in caso di variazione degli indici volumetrici gli eventuali atti di asservimento debbano ritenersi modificati";

c) travisamento dei presupposti in fatto e diritto; difetto assoluto di istruttoria; erroneità della sentenza relativamente alla titolarità dei volumi residui; poiché non è dato comprendere "dove risiederebbe la illogicità della attribuzione al condominio di volumi sviluppati dalla propria area di sedime", così come indicato in fine dalla sentenza appellata.

Si è costituita in giudizio l’appellata G. C. s.r.l., che ha concluso per il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza. In particolare, l’appellata (memoria 25 febbraio 2011), precisa che "non si nega che la società appellata debba farsi carico della volumetria altrui eccedente la suscettività edificatoria del fondo adiacente; nel contempo, però, una volta assolto tale obbligo, non si vede quali ulteriori ragioni ostative possano precludere la utilizzabilità dell’eventuale ulteriore volumetria residua, che non troverebbe copertura nella insufficiente estensione dello stesso lotto confinante".

Con ordinanza n. 4695/2009, questo Consiglio di Stato, ritenendo "quanto meno discutibile che la sopravvenuta modifica della disciplina urbanistica sia idonea a travolgere il pregresso atto di asservimento e quindi a determinare un incremento della volumetria edificabile a esclusivo vantaggio dell’odierna appellata", ha accolto la domanda di sospensione dell’esecutività della sentenza appellata.

All’odierna udienza, la causa è stata riservata in decisione.

Motivi della decisione

2. L’appello è fondato e deve essere, pertanto, accolto, nei sensi e limiti di seguito esposti.

Ai fini della migliore comprensione del thema decidendum, appare opportuno effettuare alcune premesse in punto di fatto.

Oggetto della presente controversia è un suolo in Comune di Capurso e la sua potenzialità edificatoria, prima e dopo l’intervenuta variazione degli indici di fabbricabilità previsti dal piano regolatore generale.

In precedenza (allorchè l’indice era di 3mc/mq), il fondo (costituente un unico compendio immobiliare) venne completamente asservito alla realizzazione di un fabbricato di 7.044,14 mc, con atto trascritto nei pubblici registri immobiliari.

Terminata l’edificazione del fabbricato, il suolo venne frazionato in tre particelle:

– la n. 61, area di sedime del fabbricato realizzato (di mq. 996);

– la n. 515, con estensione di mq. 1210, area libera – nel senso di non essere occupata da edifici – ma asservita alla realizzazione del fabbricato predetto, oggi di proprietà dell’appellata G. C.;

– la n. 514, con estensione di mq. 30, anch’essa area libera ed asservita, ma attualmente "relitto da tempo ricompreso nel tracciato di una strada" (v. memoria G. C. 25 febbraio 2011, pag. 3).

Ai fini della presente controversia, stante la sorte avuta dalla part. 514, rilevano le particelle n. 61 (area di sedime) e n. 515 (area già asservita, ora di proprietà dell’appellata società).

Su tale situazione di fatto, interviene la modifica al PRG, che eleva da 3mc/mq a 5 mc/mq, l’indice di fabbricabilità.

Dalla lettura degli atti di causa (e di quelli adottati dal Comune di Capurso), si evince che entrambe le parti concordano sul fatto che l’intervenuto aumento della potenzialità edificatoria "interessi" il fondo in questione, divergendo esse invece – e per effetto dell’intervenuto frazionamento – su quale sia la particella (o le particelle) effettivamente beneficiarie di tale aumento.

Secondo il Comune di Capurso, l’aumento deve essere, in sostanza, imputato proporzionalmente a ciascuna delle particelle, di modo che (si veda pag. 9 appello):

– la part. 61 (area di sedime) svilupperebbe ancora una potenzialità di mc. 1992 (cioè mq 996 x 2 mc, cioè quelli ulteriori rispetto agli originari 3mc/mq previsti);

– la part. 515 (area di proprietà appellata) svilupperebbe ancora mc. 2420 (mq. 1210 x 2).

Proprio in virtù di tale ragionamento, il Comune ha in un primo tempo assentito una richiesta di permesso di costruire avanzata dalla G. C. per la realizzazione di un edificio di mc. 2319,61 (provv. n. 31/2003); e ciò in quanto tale volumetria era "contenuta" nella nuova potenzialità edificatoria, sopra descritta, di mc. 2420.

Viceversa, il Comune ha negato il richiesto permesso di costruire per la realizzazione di un manufatto di ulteriori mc. 1.665,25, in ampliamento del precedente corpo di fabbrica assentito, posto che la part. n. 515 aveva esaurito anche la ulteriore potenzialità edificatoria, rinveniente dalla elevazione (da 3 a 5 mc/mq) dell’indice di fabbricabilità.

Al contrario di quanto ritenuto dal Comune, la G. C. (ricorrente in I grado avverso il provvedimento di diniego ed attuale appellata), ritiene che:

– la part. 61 (area di sedime), occupata dal realizzato fabbricato di mc. 7.044,14, attesa la sua superficie di 996 mq, svilupperebbe ora una potenzialità edificatoria di mc. 4980 (996 x 5), a fronte di 7.044,14 mc. realizzati;

– la part. 515 – detratta la potenzialità di cubatura già utilizzata per la realizzazione a suo tempo del fabbricato gravante sulla part. 61, e pari ai residui mc. 7.044,14 – 4980 = mc. 2.064,14 – può oggi beneficiare interamente della nuova potenzialità edilizia, che si ottiene sottraendo alla potenzialità di 6.050 mc. (ottenuta moltiplicando la superficie di mq. 1210 x 5) i "già impegnati" mc. 2.064,14, e precisamente ulteriori mc. 3.985,86 ancora utilizzabili. Di modo che, avendo il permesso n. 31/2003 autorizzato un fabbricato di mc. 2319,61, residuano esattamente mc. 1665,75, che sono, in pratica, quelli oggetto della nuova istanza di permesso di costruire.

Tali dati, nonostante alcune indicazioni contenute negli atti a volte non corrispondenti (come la particella di proprietà di G. C. indicata ora come n. 515, ora come n. 479, ovvero come l’estensione di detta particella erroneamente indicata come pari a mq. 996, che è invece l’estensione della part. n. 61), sono sostanzialmente pacifici tra le parti.

A fronte di ciò, la sentenza appellata ha, in sostanza:

– per un verso, ritenuto che la modifica dell’indice di fabbricabilità interessi anche le aree in precedenza asservite;

– per altro verso, che esso non possa interessare, nel caso di specie, l’area di sedime del fabbricato già realizzato (part. n. 61), definendo il contrario risultato argomentativo come una "assurda conseguenza" di un ragionamento – che è quello effettuato dal Comune – secondo il quale la maggiore potenzialità edificatoria derivante dal nuovo indice di fabbricazione andrebbe "spalmata" su tutta l’area a suo tempo considerata per la costruzione dell’immobile..

Questo Consiglio di Stato ritiene che, per potere correttamente affrontare il caso di specie (dove taluni elementi di non condivisibile interpretazione sono effetto del mutamento dello stato di fatto derivante dal frazionamento dell’area, intervenuto successivamente al rilascio della prima concessione edilizia), occorra stabilire:

– in primo luogo, quali siano le aree effettivamente interessate dalle successive modifiche degli indici di fabbricazione di un piano regolatore generale;

– in secondo luogo, se, in presenza di indici di fabbricazione più favorevoli (cioè in aumento), le aree in precedenza asservite (in quanto corrispondenti a mq. utilizzati per costruzioni già effettuate), possano considerarsi interessate dalle nuove potenzialità edificatorie.

Solo in caso di risposta affermativa a tale seconda domanda, occorre verificare se, ai fini dei nuovi calcoli, devono essere considerate anche le aree di sedime, ovvero le sole aree non coperte, ancorchè in precedenza asservite; ed ancora se, considerate entrambe le aree come beneficianti delle nuove potenzialità, la cubatura realizzabile (risultante dalla differenza tra nuova potenzialità e cubatura realizzata) debba imputarsi "in proporzione" tra area di sedime ed area asservita (come sostiene il Comune di Capurso), ovvero all’area asservita, "caricando" su quest’ultima solo la parte di cubatura già realizzata che eccede quella che viene già "caricata" sulla nuova potenzialità dell’area di sedime (come invece vuole l’appellata).

3. Ai sensi dell’art. 7 della l. 17 agosto 1942 n. 1150, il Comune disciplina, con il Piano regolatore generale, l’assetto urbanistico dell’intero territorio comunale, in particolare prevedendo "la divisione in zone del territorio comunale con la precisazione delle zone destinate all’espansione dell’aggregato urbano e la determinazione dei vincoli e dei caratteri da osservare in ciascuna zona".

Le previsioni del Piano, come questo Consiglio di Stato ha già avuto modo di affermare, "servono a conformare l’edificazione futura e non anche le costruzioni esistenti al momento dell’entrata in vigore del Piano o di una sua variante" (Cons. Stato, sez. IV, 18 giugno 2009 n. 4009), ciò facendo con prescrizioni tendenzialmente a tempo indeterminato, in quanto conformative delle destinazioni dei suoli (Cons. Stato, sez. II, 18 giugno 2008 n. 982).

Orbene, proprio per le sue caratteristiche di strumento di pianificazione e delle sua possibilità di utilizzo, è del tutto evidente che lo strumento urbanistico, nel disporre le future conformazioni del territorio, considera le sole "aree libere", tali dovendosi ritenere quelle "disponibili" al momento della pianificazione, e ancor più precisamente quelle che non risultano già edificate (in quanto costituenti aree di sedime di fabbricati o utilizzate per opere di urbanizzazione), ovvero quelle che, nel rispetto degli standard urbanistici, risultano comunque già utilizzate per l’edificazione (in quanto asservite alla realizzazione di fabbricati, onde consentirne lo sviluppo volumetrico).

D’altra parte, diversamente opinando, ogni nuova pianificazione risulterebbe del tutto scollegata dalla precedente, potendo da questa prescindere, e di volta in volta riguarderebbe, senza alcuna contestualizzazione storica, una parte sempre più esigua del territorio comunale (cioè quella non ancora occupata da immobili e manufatti), valutata ex novo.

In tal modo, la pianificazione urbanistica si ridurrebbe a considerare il territorio solo nella sua mera possibilità di edificazione, in quanto non ostacolata da presenze materiali, e non già come un bene da conformare per il migliore sviluppo della comunità, salvaguardando i diritti costituzionalmente garantiti degli individui che su di esso vivono ed operano.

Quanto sin qui esposto, comporta che l’eventuale modificazione del piano regolatore, che prevede nuovi e più favorevoli indici di fabbricazione, non può che interessare, nell’ambito della zona del territorio considerata dallo strumento urbanistico, se non le sole aree libere, nel senso sopra precisato, con esclusione, quindi, di tutte le aree comunque già utilizzate a scopo edificatorio, ancorchè le stesse si presentino "fisicamente" libere da immobili.

Questo Consiglio di Stato ha già avuto, peraltro, modo di affermare che "un’area edificabile, già interamente considerata in occasione del rilascio di una concessione edilizia, agli effetti della volumetria realizzabile, non può essere più tenuta in considerazione come area libera, neppure parzialmente, ai fini del rilascio di una seconda concessione nella perdurante esistenza del primo edificio, irrilevanti appalesandosi le vicende inerenti alla proprietà dei terreni" (Cons. Stato, sez. V, 10 febbraio 2000 n. 749).

Più in particolare, si è precisato che "in ipotesi di realizzazione di un manufatto edilizio la cui volumetria è calcolata sulla base anche di un’area asservita o accorpata, l’intera estensione interessata deve essere considerata utilizzata ai fini edificatori, con l’effetto che anche l’area asservita o accorpata non è più edificabile, anche se è oggetto di un frazionamento o di alienazione separata dall’area su cui insiste il manufatto" (Cons. Stato, sez. V, 7 novembre 2002 n. 6128; sez. IV, 6 settembre 1999 n. 1402).

Quanto esposto, comporta che, proprio perché il piano regolatore (e le sue successive modificazioni) considerano le sole aree libere, eventuali variazioni degli indici di fabbricazione in melius (cioè più favorevoli ai privati proprietari) non possono riguardare aree già utilizzate a fini edificatori.

Al contrario, eventuali variazioni in senso restrittivo dei predetti indici si impongono ad aree per le quali, pur essendo in precedenza previsti indici più favorevoli, non siano state ancora utilizzate a fini edificatori.

Né vi è contraddizione tra le due precedenti ipotesi, poiché esse sono ambedue perfettamente coerenti con la esposta tesi della conformabilità delle sole aree libere. Ed infatti, nel primo caso, l’area non può definirsi libera, in quanto già utilizzata a fini edificatori, mentre nel secondo l’area è libera, posta la sua non ancora intervenuta utilizzazione.

4. Quanto sin qui esposto, consente di affermare che, nel caso di specie, l’intervenuta modificazione degli indici di fabbricazione non avrebbe dovuto considerare affatto l’area già utilizzata per realizzare l’edificio di mc. 7.044, 14, e che è rappresentata dall’intera estensione delle particelle 61, 515 e 514, come risultanti dal successivo frazionamento.

Tale estensione, infatti, risulta già completamente utilizzata, posto che essa è pari a mq. 2236 ed ha consentito la predetta realizzazione di mc. 7.044,14, un volume, cioè, anche superiore a quello risultante dalla applicazione del preesistente indice di 3 mc/mq. Tuttavia, quanto autorizzato dal Comune di Capurso con la concessione edilizia n. 31/2003 non costituisce oggetto del presente giudizio.

Ai fini propri della presente controversia, quanto esposto consente di ritenere fondato il primo motivo di appello, posto che non è assentibile, con riferimento alla part. n. 515, alcuna ulteriore volumetria, a maggior ragione se risultante, come nella prospettazione dell’appellata (e come avverrebbe per effetto della sentenza impugnata), da una sorta di "concentrazione" dell’edificato su una sola particella (la n. 61), e da una previsione dell’ "ulteriormente edificabile" (al netto della volumetria già "utilizzata") sulla part. n. 515.

La sentenza appellata oltre a non poter essere condivisa – in quanto ritiene, contrariamente a quanto sopra affermato, che l’asservimento di un suolo disposto in relazione a concessione edilizia precedentemente rilasciata, non è "insensibile alle modifiche che intervengono sulla potenzialità edificatoria" – finisce con essere contraddittoria con le sue stesse premesse, in quanto, una volta affermata la utilizzabilità della volumetria risultante dal nuovo più favorevole indice:

– per un verso, non considera l’area nella sua originaria unità, e quindi nella sua totale estensione;

– per altro verso, omettendo la predetta considerazione, finisce per concentrare gli aumenti volumetrici ritenuti possibili solo sulla residua area "non occupata" da fabbricati, in pratica modificando il contenuto dell’originario atto di asservimento;

– per altro verso ancora, e contraddittoriamente, ritiene non presente una ulteriore capacità edificatoria della part. 61, senza considerare che non è tale limitata area ad avere "esaurito la capacità edificatoria del fondo", bensì tutta intera l’area all’epoca considerata.

Per le ragioni esposte, l’appello deve essere accolto, in relazione al primo motivo proposto, con assorbimento degli ulteriori motivi, e conseguente annullamento della sentenza appellata.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello proposto dal Comune di Capurso (n. 4858/2009 r.g.), lo accoglie e, per l’effetto, annulla la sentenza appellata.

Condanna l’appellata G. C. s.r.l., al pagamento, in favore dell’appellante Comune di Capurso, delle spese, diritti ed onorarti del doppio grado di giudizio, che liquida in complessivi euro 3.000,00 (tremila/00), oltre accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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