Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 29-03-2011) 06-07-2011, n. 26253 Bancarotta fraudolenta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con la sentenza impugnata, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Sciacca in data 7.3.2007:

1.1. veniva confermata la penale responsabilità di:

– B.L. e Co.Gi. per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale commesso distraendo somme di denaro, immobili fittiziamente intestati a I.G. e proventi di vendite di immobili, omettendo la tenuta delle scritture contabili, attestando falsamente l’assunzione della carica di amministratore da parte di D.P. e trasferendo fittiziamente la sede sociale con danno di L. 1.400.000.000 per la s.a.s. Revitur, dichiarata fallita il (OMISSIS) (capo J).

– B.L. e C.C. per il reato di associazione a delinquere finalizzata alla realizzazione di reati di bancarotta fraudolenta, falso e truffa, commesso dal (OMISSIS) (capo Q).

– B.L., C.C., P.F., Pu.

D. e F.G.A. per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale commesso distraendo somme di denaro, merci e autoveicoli, falsificando o occultando scritture contabili e fatture, trasferendo fittiziamente la sede sociale da (OMISSIS) ed attestando falsamente l’assunzione della carica di amministratore da parte di Z.R. con danno di L. 2.000.000.000 per la s.n.c. Effepi, dichiarata fallita il (OMISSIS) (capo R), – C.C. per il reato di estorsione commesso in concorso con Fa.Vi. fino al settembre del 2000 in danno della dipendente f.L. costringendola, con minaccia per il mantenimento del posto di lavoro, a firmare una lettera di dimissioni in bianco e ad accettare buste paga attestanti il pagamento di retribuzioni superiori a quelle effettivamente corrisposte (Capo Y).

– B.L., C.C. e F.G.A. per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale commesso per distraendo merci e occultando, contraffacendo o comunque omettendo la tenuta delle scritture contabili con danno di L. 100.000.000 per la s.r.l. Axfar Incorporation, dichiarata fallita il (OMISSIS) (capo QQ).

– D.P. per il reato di ricettazione di assegni provento di appropriazione di cosa smarrita in danno di G.R., accertato nell'(OMISSIS) (capo TT).

– B.L. per il reato di ricettazione degli assegni di cui sopra, ricevuti dal D. (capo UU);

1.2. si dichiarava non doversi procedere, essendo i reati estinti per prescrizione, nei confronti di:

– P.F. per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale commesso distraendo merci e somme di denaro, occultando le scritture contabili ed attestando falsamente l’assunzione della carica di amministratore da parte di Fr.

M. con danno di L. 782.000.000 per la s.r.l. Olicenter, dichiarata fallita il (OMISSIS) (capo A).

– F.G.A. del reato di corruzione commesso fino all’aprile del 2001 nella sua qualità di ufficiale giudiziario ricevendo merci gratuitamente o a prezzi irrisori da B.L. per rivelare notizie utili sulle procedure giudiziarie nei confronti del B. e di Fa.Vi. (capo HH).

– C.C. per il reato di truffa commesso fino al dicembre del 2000 in danno della s.r.l. Nuova Albatros acquistando dalla stessa merci del valore complessivo di L. 180.000.000 per conto della Effepi e pagandole con assegni falsamente sottoscritti e privi di copertura (capo W).

– F.G.A. per il reato di rivelazione di segreti d’ufficio commesso fino all'(OMISSIS) comunicando a B.L., Fa.Vi. e C.C. notizie riservate sulle procedure immobiliari e fallimentari in corso nei confronti delle società Effepi, Axfar e Gico (capo II).

– C.C. e F.G.A. per il reato di falso ideologico commesso fino al (OMISSIS) attestando falsamente il F. in verbali di pignoramento che il domicilio della Effepi era chiuso e che la nuova sede della società era sconosciuta (capo JJ).

1.3. B.L. veniva condannato alla pena di anni sei e mesi tre di reclusione; C.C. veniva condannato alla pena di anni quattro e mesi quattro di reclusione; P.F. veniva condannato alla pena di anni quattro di reclusione; F. G.A. veniva condannato alla pena di anni due e mesi tre di reclusione; D.P. veniva condannato alla pena di anni tre e mesi cinque di reclusione; veniva infine confermata la condanna di Pu.Da. alla pena di anni tre di reclusione e di Co.Gi. alla pena di anni due di reclusione.

2. La responsabilità degli imputati era valutata sulla base degli accertamenti documentali e contabili svolti in sede fallimentare e nel corso delle successive indagini, delle intercettazioni telefoniche, di contributi testimoniali acquisiti per le singole imputazioni e delle dichiarazioni dello stesso B. e del coimputato Fa.Vi., separatamente giudicato. Da detti elementi si riteneva in sintesi confermata l’ipotesi accusatoria di un progetto criminoso comune al Fa., al B. ed al C., incentrato sulla gestione di un esercizio commerciale sito in (OMISSIS) e delle varie società alle quali lo stesso era nel tempo riferibile; progetto articolato segnatamente nell’affidamento della formale amministrazione delle società Effepi e Axfar a soggetti incompetenti, mantenendone il controllo di fatto al B., al Fa. ed al C., nell’acquisto di merci da parte delle predette società con assegni privi di copertura, nella spartizione fra gli imputati dei proventi dalla vendita di dette merci e nella costituzione della società Gico, con sede apparente in (OMISSIS), finalizzata unicamente a sottrarre alle pretese creditorie le disponibilità della Effepi e della Axfar.

3. Nei ricorsi e nei motivi aggiunti presentati per la posizione del B. si deduce violazione di legge e vizio motivazionale con riferimento in particolare:

3.1. nell’interesse del P., alla nullità della sentenza per genericità dell’imputazione di cui al capo A, la quale non specificherebbe la rilevanza causale, rispetto alla commissione del reato, della condotta ascritta all’imputato nel coinvolgimento del Fr. quale amministratore formale;

3.2. nell’interesse del C., alla nullità della sentenza di primo grado per omessa motivazione sulle argomentazioni della difesa;

3.3. nell’interesse del C. e del P., all’inutilizzabilità delle dichiarazioni del B. per omesso avviso nei confronti del predetto, all’udienza dibattimentale di primo grado del 5.10.2005, dell’assunzione della veste di testimone laddove avesse reso dichiarazioni concernenti responsabilità di altri;

3.4. nell’interesse del P., alla mancata assoluzione dello stesso ai sensi dell’art. 129 c.p.p. dall’imputazione di bancarotta fraudolenta di cui al capo A, osservandosi che il contestato coinvolgimento del P. nel reperimento del Fr. quale ultimo amministratore della Olicenter e nel fittizio trasferimento della sede della società si collocava in epoca alla quale le condotte distrattive e le manomissioni contabili erano già state realizzate, e che i contatti risultanti dai tabulati telefonici sono irrilevanti;

3.5. all’affermazione di responsabilità degli imputati per il reato di bancarotta fraudolenta di cui al capo J, lamentandosi segnatamente:

3.5.1. nell’interesse del B. la mancata valutazione delle deduzioni difensive per le quali la contestata cessione di un immobile alla Electromondial, società amministrata dalla moglie e coimputata Co.Gi., era stata regolarmente pagata, il B. non operava più nella Revitur dopo aver ceduto le quote a D.P., il passivo della società era garantito dagli immobili ed il reato non sarebbe più punibile secondo la nuova formulazione della L. Fall., art. 223;

3.5.2. nell’interesse della Co. la mancanza di elementi a carico dell’imputata al di fuori della formale carica amministrativa nella Electromondial, irrilevante in considerazione della condizioni di casalinga e di mera prestanome della Co., e di prove sulla prefigurabilità dello stato di dissesto della Revitur;

3.6. all’affermazione di responsabilità degli imputati per il reato di bancarotta fraudolenta di cui al capo R, salvo quanto si dirà più oltre per la posizione del F. nell’esame unitario dei motivi relativi alla posizione di quest’ultimo, lamentandosi segnatamente:

3.6.1. nell’interesse del B. la violazione del principio di contestazione laddove, mentre l’imputazione addebitava genericamente all’imputato la posizione di concorrente nel reato, la sentenza impugnata attribuisce al predetto la qualifica di amministratore di fatto, e la mancata valutazione delle ulteriori argomentazioni difensive per le quali la società era in stato di dissesto già prima dei contatti del B. con l’amministratore Fa. e nessun elemento era stato specificamente acquisito in ordine alle condotte contestate;

3.6.2. nell’interesse del C. la mancata valutazione dell’assenza di prove sul contributo causale del C. nella realizzazione del reato, tenuto conto che la società era gestita dal Fa. e dal B. e che questi ultimi ne distruggevano la contabilità;

3.6.3. nell’interesse del P. la mancata valutazione dei rilievi difensivi per i quali i comportamenti contestati all’imputato nel reperimento degli amministratori formali Z.R. e S.A. e nel trasferimento a (OMISSIS) della sede sociale sono irrilevanti in quanto all’epoca il dissesto della società era già in atto e non vi è prova di tenuta di contabilità in quel periodo e della consapevolezza in capo all’imputato della possibilità del dissesto;

3.6.4. nell’interesse del Pu. l’omessa considerazione delle iniziali dichiarazioni del Fa., ove lo stesso escludeva che il Pu. avesse partecipato alla distruzione delle scritture contabili, dei contenuti effettivi delle conversazioni telefoniche intercettate, dai quali emergeva unicamente che il Pu. riceveva disposizioni del B. sull’inserimento di dati contabili, dell’irrilevanza della mera conoscenza del Pu. in ordine al trasferimento della sede sociale a (OMISSIS) ed al rifiuto della banca di pagare un assegno quali elementi sintomatici di consapevolezza del dissesto, e del carattere non significativo della presenza di documenti contabili sull’autovettura del Pu., rispetto alla possibilità che lo stesso venisse incaricato quale impiegato di trasportare la contabilità nei luoghi che gli venivano indicati, nonchè la contraddittorietà della motivazione rispetto al riconoscimento in favore dell’imputato delle attenuanti generiche per il suo ruolo meramente esecutivo, ed all’esclusione dei gravi indizi a carico dell’imputato a seguito di pronunce definitive in sede cautelare;

3.7. nell’interesse del C., alla mancata assoluzione ai sensi dell’art. 129 c.p.p. per il reato di truffa di cui al capo W, osservandosi che la parte offesa Bo.Ma. riconosceva fra gli Imputati presenti in aula il B. e non il C.;

3.8. nell’interesse del C., all’affermazione di responsabilità dell’imputato per il reato di estorsione di cui al capo Y, lamentandosi l’omessa valutazione dell’effettiva sussistenza dell’elemento della minaccia alla luce delle dichiarazioni della persona offesa, la quale riferiva come non le fosse stata prospettata espressamente alcuna conseguenza in caso di mancata firma della lettera di dimissioni ed avesse ricevuto solo indicazione dell’essere lo stipendio effettivo inferiore a quello riportato nella busta paga che avrebbe preso, e della teste Gi., la quale dichiarava che il C. non era mai intervenuto sulle assunzioni di personale;

3.9. all’affermazione di responsabilità degli imputati per il reato di bancarotta fraudolenta di cui al capo QQ, lamentandosi segnatamente:

3.9.1. nell’interesse del B. l’irrilevanza, quale attività gestionale attribuibile all’imputato, della mera utilizzazione di assegni per l’acquisto di merci non pagate, e l’messa valutazione dei rilievi difensivi sul trovarsi la Axfar in irreversibili condizioni di dissesto prima dell’intervento dell’imputato e sulla non punibilità della condotta per effetto della modifica della L. Fall., art. 223;

3.9.2. nell’interesse del C. l’omessa valutazione delle dichiarazioni del Fa. per le quali questi ed il B. assumevano gli amministratori della Axfar, si occupavano della gestione della società e dividevano fra loro gli introiti consegnando al C., che non aveva disponibilità della cassa, somme di modesto importo, e delle conclusioni dei consulenti tecnici sulla riconducibilità delle operazioni finanziarie al B. ed al Fa.;

3.10. all’affermazione di responsabilità degli imputati per il reato associativo di cui al capo Q, lamentandosi segnatamente:

3.10.1. nell’interesse del B. l’illogicità dell’inclusione nel contesto associativo del C., indispensabile per l’esistenza del numero minimo degli associati a seguito dell’assoluzione di tutti gli imputati diversi dal B., dal Fa. e dallo stesso C. e non desumibile dal unicamente dal concorso nei reati-fine, sulla sola base delle dichiarazioni del Fa. e del B. in ordine all’adesione del C. alle disposizioni del Fa. nell’anno 1997, allorchè nasceva il punto vendita delle società, alla mera consapevolezza del C. delle attività dei coimputati ed alla presenza del predetto nel negozio ed alla sua attività di trasporto della contabilità, compatibili con la posizione di prestanome e dipendente, nonchè la contraddittorietà della riconduzione dei reati ad un progetto predeterminato, implicita nel riconoscimento del vincolo della continuazione, con l’indeterminatezza del programma criminoso che caratterizza il reato associativo;

3.10.2. nell’interesse del C. l’assenza di elementi indicativi di responsabilità dell’imputato nei reati-fine, che escluderebbe la sussistenza del reato associativo;

3.11. nell’interesse del B., alla illogicità del riconoscimento nei confronti dell’imputato dell’ipotesi di cui all’art. 416 c.p., comma 1 in un contesto associativo ridotto a tre componenti;

3.12. Nell’interesse del F., sia alla declaratoria di estinzione per prescrizione dei reati di cui ai capi HH, II e JJ che all’affermazione di responsabilità dello stesso per i reati di cui ai capi R e QQ, lamentandosi segnatamente:

3.12.1. per il primo aspetto la mancata valutazione delle risultanze probatorie nella loro integralità e degli specifici motivi di appello proposti in merito sulla mancanza di prova della conoscenza, in capo all’imputato, del trasferimento in (OMISSIS) della sede della Effepi, e sull’assenza di un effettivo nocumento derivante dalla condotta di violazione di segreto d’ufficio, considerato che la rivelazione sulle procedure esecutive in atto riguardava fatti notori ex lege e non pregiudicava le ragioni dei creditori;

3.12.2. per il secondo aspetto il vizio di correlazione fra l’addebito concorsuale contestato e gli elementi di fatto in base ai quali veniva ritenuta la responsabilità e l’irrilevanza causale di detti elementi rispetto ai contestati fatti di bancarotta in considerazione della negatività del pignoramento, dell’ininfluenza della rivelazione delle notizie sui precetti in esecuzione per l’indisponibilità dei beni che ne costituivano l’oggetto e della mancanza di riscontri alle dichiarazioni dei coimputati o di altri elementi di prova su prelievi di merce da parte dell’imputato;

3.13. nell’interesse del C., alla mancata assoluzione dell’imputato ai sensi dell’art. 129 c.p.p. dall’imputazione di cui al capo J3, denunciandosi la carenza motivazionale della sentenza impugnata in quanto fondata sul solo elemento della presenza fisica del C. nel luogo e nel momento in cui il B. ed il F. parlavano della disponibilità del secondo alla falsa attestazione, che non dava ragione del contributo causale dell’imputato alla realizzazione del reato;

3.14. nell’interesse del D., all’affermazione di responsabilità dell’imputato per il reato di cui al capo TT, del quale si contesta la configurabilità con riferimento alla convinzione del D. in ordine alla liceità dei titoli, all’assenza di profitto ed all’impossibilità di qualificare gli assegni come cose smarrite nel momento in cui gli stessi presentavano segni inequivoci del legittimo possesso altrui;

3.15. nell’interesse del B., all’affermazione di responsabilità dell’imputato per il reato di cui al capo UU, lamentandosi mancanza di prova della consapevolezza dell’imputato in ordine all’illecita circolazione dei titoli e rilevandosi comunque la prescrizione del reato, commesso non oltre la data del 5.3.2001 in cui gli assegni venivano utilizzati per realizzare condotta di truffa contestata al capo U;

3.16. ancora nell’interesse del B., all’incompatibilità dell’aggravante del danno rilevante con la fattispecie della bancarotta impropria di cui alla L. Fall., art. 223;

3.17. nell’interesse del D., alla ravvisabilità dell’attenuante di cui all’art. 114 c.p. per il reato di cui al capo 3 a fronte della marginalità dell’apporto concorsuale dell’imputato, il quale assumeva la carica amministrativa solo dal 6.8.1998 alla liquidazione della società;

3.18. nell’interesse del B., al diniego delle attenuanti generiche, riconosciute invece nei confronti del Fa. nel separato procedimento a carico di questi, a fronte dell’essersi la sentenza impugnata avvalsa in numerosi passaggi dei contributo probatorio proveniente dalle dichiarazioni del Be.;

3.19. nell’interesse del P., alla determinazione della pena;

3.20. nell’interesse del B., alla confisca di un’autovettura Lamborghini Diablo in considerazione dell’intestazione del veicolo al figlio dell’imputato B.C., all’assoluzione di quest’ultimo, all’illegittimità della confisca di beni appartenenti a persone estranee al reato, e lamenta l’omessa valutazione della produzione documentale difensiva da cui risultava che il 9.10.2000 il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Sciacca dissequestrava in favore di B.C. somme in contanti ed assegni circolari per L. 198.000.000 sequestrate al predetto il 17.1.2000, risultandone provata la legittima provenienza delle somme, e che dette tali somme confluivano su un conto corrente da cui proveniva il denaro utilizzato per l’acquisto dell’autovettura da B.S..

Motivi della decisione

1. Il motivo di ricorso presentato nell’interesse del P. relativamente alla ritenuta genericità dell’imputazione di cui al capo A è infondato. Nell’ambito di un’accusa complessivamente orientata nell’individuare la nomina di determinati soggetti, quali amministratori meramente formali della società fallita, come passaggio fondamentale di un progetto delittuoso di occultamento dell’effettiva realtà gestionale della società, chiaramente finalizzato alla sottrazione delle relative disponibilità, l’addebito al P. del coinvolgimento della persona del Fr. in quanto disponibile ad assumere la carica amministrativa si pone invero chiaramente come contestazione di uno specifico e determinato contributo concorsuale alla condotta criminosa.

2. Il motivo di ricorso presentato nell’interesse del C. relativamente all’eccepita nullità della sentenza di primo grado per omessa motivazione è infondato. La sentenza in esame invero argomentava infatti ampiamente sulla posizione del C., con considerazioni che risultano assorbenti rispetto alle deduzioni difensive.

3. I motivi di ricorso presentati nell’interesse del C. e del P. relativamente all’eccepita inutilizzabilità delle dichiarazioni del B. sono infondati. La mancanza dell’avviso dell’assunzione della funzione testimoniale ove vengano rese dichiarazioni a carico di coimputati, nel caso in cui dette dichiarazioni siano rese nel corso dell’esame dibattimentale, non rende infatti tali dichiarazioni inutilizzabili, non operando nella situazione descritta la sanzione di inutilizzabilità prevista in merito dall’art. 64 c.p.p., comma 3. Quest’ultima norma non è richiamata dall’art. 197 bis c.p.p., comma 2, e art. 210 c.p.p., comma 6; ed a questo dato testuale corrisponde una ratio ben identificabile nel riferimento di tali norme, ed in particolare dell’art. 210, all’esame degli imputati, a fronte del richiamo all’interrogatorio viceversa presente nell’art. 64. Il collocarsi l’interrogatorio, di regola, in un ambiente estraneo al contraddicono delle parti impone invero maggior rigore a garanzia delle posizioni dei terzi coinvolti dalle dichiarazioni e dello stesso dichiarante;

esigenza insussistente invece per l’esame dibattimentale, che nel contraddicono trova il suo contesto tipico (Sez. 1, n.34560 del 6.6.2007, imp. Pranno, Rv.237624; Sez. 5, n.9737 dell’11.2.2009, imp. Sassarola, Rv.243024).

4. Il motivo di ricorso presentato nell’interesse del P. relativamente alla mancata assoluzione ai sensi dell’art. 129 c.p.p. dall’imputazione di bancarotta fraudolenta di cui al capo A è infondato.

E’ opportuno rammentare, per questa e per le situazioni similari che di seguito saranno discusse, come in presenza di una causa estintiva del reato il giudice sia legittimato a pronunciare una sentenza di assoluzione solo laddove i presupposti della stessa emergano dagli atti in modo assolutamente incontestabile, rendendo la decisione riferibile alla dimensione della constatazione piuttosto che a quella della valutazione (Sez. U, n.35490 del 28.5.2009, imp. Tettamanti, Rv.244274). Ciò posto, alle considerazioni della sentenza impugnata sulle dichiarazioni del B. e del Fr. in ordine all’essere stato quest’ultimo reperito dal P. come persona disposta ad assumere la carica di amministratore della Olicenter, sul riscontro di dette dichiarazioni nei contatti telefonici fra il B. ed il P., nelle dichiarazioni del Fa. su quanto appreso in proposito dal B. ed in quelle del precedente amministratore C.U. in merito all’essere stato contattato dal P. prima della cessione della carica al F., e sull’apporto in tal modo offerto dal P. al fraudolento trasferimento della società, il ricorrente oppone argomentazioni meramente valutative sulla significatività probatoria dei descritti contatti telefonici e sull’incidenza concorsuale della condotta rispetto al reato contestato; argomentazioni riferite all’evidenza ad aspetti parziali del compendio accusatorio e comunque inidonee, per quanto detto, ad integrare i requisiti per una decisione assolutoria.

5. I motivi di ricorso riguardanti l’affermazione di responsabilità degli imputati per il reato di bancarotta fraudolenta di cui al capo 3 sono infondati.

5.1. Per quanto concerne il ricorso presentato nell’interesse del B., la nuova formulazione della L. Fall., art. 223, in termini di accertamento del rapporto causale fra la condotta incriminata ed il fallimento, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, investe unicamente l’ipotesi di cui al secondo comma del citato art. 223 e non anche quella prevista dal comma 1 dell’articolo (Sez. 5, n.1694 del 4.11.2008, imp. Sagliano, Rv.242956), qui contestata nel suo richiamo alle fattispecie descritte nella loro materialità dalla L. Fall., art. 216; il cui evento è costituito unicamente dalla lesione dell’interesse patrimoniale della massa creditoria (Sez. 5, n. 16759 del 24.3.2010, imp. Fiume, Rv.246879), data dalla sottrazione di beni a detrimento della garanzia patrimoniale o di documentazione in pregiudizio delle possibilità di verifica contabile, e non anche dal dissesto della società, estraneo alla struttura del reato in quanto mero substrato economico dell’insolvenza (Sez. 1, n.40172 dell’1.10.2009, imp. Simonte, Rv.245350).

Irrilevante è poi la doglianza in ordine alla copertura del passivo offerta dagli immobili della società, attesa la natura di reato di pericolo che notoriamente caratterizza gli illeciti penali in esame (Sez. 5, n.12897 del 6.10.1999, imp. Tassan Din, Rv.214860). E le ulteriori argomentazioni del ricorrente sul pagamento della cessione dell’immobile in favore della Electromondial e sull’allontanamento del B. dalla gestione della Revitur dopo la cessione delle quote al D. venivano già esaminate nella sentenza impugnata con motivazione dettagliata ed immune da censure di illogicità;

valutandosi in merito gli accertamenti del curatore e le dichiarazioni del contabile Cu.Lu. sul mancato pagamento delle cessione dell’immobile e le stesse ammissioni del B. su detta circostanza, con la non documentata giustificazione della posizione creditoria dello stesso e della moglie Co.Gi. nei confronti della società, sulle ulteriori distrazioni costituite dall’emissione di assegni non contabilizzati in favore della s.r.l.

Salpi e dalle cessioni di appartamenti senza corrispettivo ad I.G. e a tali N. e b. e sul carattere fittizio della cessione delle quote al D..

5.2. Quanto al ricorso presentato nell’interesse della Co., la censura sull’assenza di prova in ordine alla prevedibilità da parte dell’imputata dello stato di dissesto della Revitur è superata dalle considerazioni già svolte al punto che precede in ordine all’estraneità alla fattispecie dell’elemento in parola. E sull’argomento della natura asseritamente formale della carica amministrativa assunta dalla Co. nella Electromondial la sentenza impugnata motivava congruamente con riferimento all’esperienza imprenditoriale dell’imputata ed alle caratteristiche della condotta, integrata dall’acquisizione senza corrispettivo di un immobile e tale pertanto da non poter esulare dalle cognizioni dell’amministratore della società acquirente.

6. Diversi motivi di ricorso riguardano l’affermazione di responsabilità degli imputati per il reato di bancarotta fraudolenta di cui al capo R; di essi, come si è anticipato in premessa, i motivi concernenti la posizione del F. saranno considerati più oltre, nell’esame unitario della posizione del predetto imputato.

6.1. Il ricorso presentato nell’interesse del B. è infondato.

Risulta in primo luogo insussistente il denunciato vizio di correlazione fra l’imputazione e la decisione di condanna nell’attribuzione all’imputato della posizione di amministratore di fatto rispetto a quella di concorrente nel reato; è evidente invero la comprensività di quest’ultima qualifica rispetto a quella ritenuta, immutata rimanendo la condotta materiale contestata (Sez. 5, n.4117 del 9.12.2009, imp. Prosperi, Rv.246100).

Per il resto, l’articolata motivazione della sentenza impugnata, fondata sulle dichiarazioni dello stesso B., del Fa., della coimputata Gi.An., del curatore e degli altri testi escussi, poneva in rilievo la mancata consegna alla curatela della contabilità, in parte distrutta dal B. e dal Fa., il fittizio conferimento dell’azienda alla neocostituita società Gico a mentre la sede della Effepi veniva trasferita a (OMISSIS), il permanere in questa fase della gestione di fatto del negozio di (OMISSIS) da parte del B., del Fa., e del C. ed il mancato rinvenimento di gran parte degli incassi della relativa attività; argomentazioni, queste, che rispondono congrua mente alle censure difensive sull’individuazione delle condotte addebitabili al B. e sull’asserita finalizzazione dell’intervento di questi al salvataggio di una società già in stato di dissesto.

6.2. Il motivo di ricorso presentato nell’interesse del C. è infondato.

Va a questo proposito rammentato il principio motivazionale di carattere generale che, come enunciato in premessa, ispira la sentenza impugnata nella ricostruzione degli elementi a sostegno dell’affermazione di responsabilità degli imputati; e cioè la riconducibilità dei fatti contestati ad un più ampio progetto criminoso, comune al B., al Fa. ed al C., mirato alla sottrazione al controllo dei creditori della struttura aziendale e contabile della Effepi come della Axfar mediante la costituzione della società Gico ed alla distrazione dei proventi delle vendite nel frattempo realizzate presso l’esercizio commerciale riconducale alle predette società.

Dato il giusto rilievo a questa impostazione di fondo, i riferimenti della motivazione in esame alla qualità del C. di socio della Gico, all’avere quest’ultima sede presso l’abitazione dell’imputato ed alle dichiarazioni del B. e del Fa. sulla presenza del C. alla distruzione di parte delle scritture contabili delle Effepi e sull’organizzazione da parte dello stesso della svendita delle merci esistenti nel negozio, in quanto rappresentativi di collaborazione nei passaggi essenziali del progetto delinquenziale di cui sopra, appaiono coerentemente valutati a sostegno della prova dell’apporto causale del ricorrente ai fatti di cui all’imputazione in esame, rimanendone superati i rilievi difensivi sulle risultanze che attribuiscono al B. ed al Fa. la gestione generale della società la materiale distruzione della contabilità. Ciò senza peraltro trascurare gli ulteriori richiami della sentenza impugnata ai prelievi, da parte del C., di denaro proveniente dagli incassi della vendita delle merci, evidenziati dalle dichiarazioni dei coimputati e dai contenuti delle intercettazioni telefoniche; richiami dai quali emerge un diretto e materiale contributo dell’imputato alla condotta distruttiva, il che, in aggiunta a quanto detto in precedenza, rende la motivazione immune da censure sul punto.

6.3. Fondato è invece il motivo di ricorso presentato nell’interesse del P..

La sentenza impugnata motiva invero, per questa posizione, evidenziando elementi di prova strettamente riferibili alle operazioni relative al trasferimento in (OMISSIS) della sede sociale della Effepi, segnatamente al reperimento dei relativi locali e delle persone dello Z. e della S. quali ultimi amministratori formali della società, ed all’inesistenza di una qualsiasi attività della Effepì presso la nuova sede, a conferma del carattere fittizio del trasferimento, ed argomentando sull’irrilevanza del nesso causale di tali comportamenti rispetto alla formazione del dissesto. Ma quest’ultimo indiscutibile riferimento in diritto ed il richiamo all’altrettanto incontestata attività posta in essere dal P., peraltro sostanzialmente ammessa anche dall’imputato, non rispondono compiutamente ai rilievi coerentemente avanzati nell’atto di appello in ordine all’efficienza causale del contributo del P. rispetto alle condotte contestate, con particolare riguardo a quelle distrattive, poste materialmente in essere da soggetti diversi in altri ambiti spaziali e temporali. Nè soccorre in tal caso la menzionata impostazione argomentativa di ordine generale sull’inerenza di singoli passaggi gestionali al complessivo progetto criminoso di sottrazione di risorse delle società alla garanzia verso i creditori; in questa prospettiva la motivazione della sentenza impugnata difetta invero di una congrua e specifica esplicazione dello stabile inserimento del P. in un siffatto progetto, alla luce del quale possa esserne inferita la consapevole partecipazione, con il compimento degli atti specificamente contestati, ai fatti tipici oggetto di imputazione.

La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata sul punto con rinvio ad altra Sezione della Corte d’Appello di Palermo per un nuovo esame che tenga conto delle segnalate esigenze motivazionali.

6.4. Infondato è invece il motivo di ricorso presentato nell’interesse del Pu..

La sentenza impugnata motiva invero congruamente sulla mera apparenza della posizione di mero impiegato della Gico, formalmente assunta dall’imputato, a fronte di dichiarazioni del B. e del Fa. e di intercettazioni telefoniche le quali lo indicavano invece come soggetto non solo coinvolto direttamente nella distruzione e nell’occultamento della contabilità, in parte rinvenuta il (OMISSIS) nella stessa autovettura del Pu., ma anche nella predisposizione di fatturazioni funzionali al trasferimento delle risorse della Effepi e di annotazioni contabili pertinenti all’effettiva consistenza degli incassi delle vendite, come tali indicative di consapevolezza in capo all’imputato della destinazione illecite di dette somme. A queste argomentazioni il ricorrente oppone unicamente una diversa valutazione sui contenuti delle intercettazioni e delle dichiarazioni del Fa. e sulla rilevanza probatoria del rinvenimento dei dati contabili nell’autovettura dell’imputato, che non incrina la coerenza della motivazione; nè risultano rilevanti gli ulteriori riferimenti al riconoscimento delle attenuanti generiche per il ruolo esecutivo del Pu., non contrastante con il concorso nel reato, ed all’esclusione dei gravi indizi a carico dell’imputato in sede cautelare, da ritenersi pertanto implicitamente disattesi dalla sentenza impugnata.

7. Il motivo di ricorso presentato nell’interesse del C. relativamente alla mancata assoluzione ai sensi dell’art. 129 c.p.p. per il reato di truffa di cui al capo W è infondato. La mancanza di elementi a sostegno di una conclusione assolutoria veniva esaurientemente illustrata nella sentenza impugnata con il riferimento alle dichiarazioni dei testi Bo. e D.N. sulla partecipazione alle trattative, insieme al B. ed al Fa., di un soggetto identificabile nel C., ed all’attendibilità di tale indicazione in considerazione della posizione di uomo di fiducia del Fa. assunta in generale dall’imputato; e nessuna significatività, ai fini che qui interessano, può essere attribuita all’aver il Bo. riconosciuto al dibattimento il B. e non il C., risultando oltretutto dai verbali allegati al ricorso che il teste veniva invitato a riconoscere il primo e non anche il secondo.

8. Il motivo di ricorso presentato nell’interesse del C. relativamente all’affermazione di responsabilità dell’imputato per il reato di estorsione di cui al capo Y è infondato.

La sentenza impugnata motivava invero congruamente sulla valenza estorsiva della presentazione della lettera di dimissioni alla patte offesa f.L. in sede di assunzione, laddove tanto veniva prospettato come condizione imposta dal Fa. ai dipendenti;

il che rende irrilevante la mancanza di un’espressa indicazione di conseguenze della mancata sottoscrizione della lettera. In ogni caso, la viceversa esplicita rappresentazione alla f. della percezione di uno stipendio effettivo inferiore a quello che sarebbe comparso sulle buste paga configura di per sè l’imposizione alla dipendente, mossa da una legittima aspettativa di assunzione, della rinuncia a parte della retribuzione e quindi dell’accettazione di condizioni di lavoro contrarie alla legge ed alla contrattazione collettiva, integrante il reato contestato (Sez. 2, n. 16656 del 20.4.2010, imp. Privitera, Rv.247350). Deve infine considerarsi implicitamente disatteso l’argomento difensivo incentrato sul mancato intervento del C. nelle decisioni sull’assunzione dei dipendenti, nel momento in cui al predetto veniva attribuita la diretta e materiale espressione della condotta estorsiva.

9. Più motivi di ricorso concernono l’affermazione di responsabilità degli imputati per il reato di bancarotta fraudolenta di cui al capo QQ. 9.1. Il motivo di ricorso presentato nell’interesse del B. è infondato.

L’argomento difensivo per il quale la stessa sentenza impugnata individuava l’attività gestionale posta in essere dal B. nella mera utilizzazione di assegni per l’acquisto di beni trascura invero di considerare gli ulteriori passaggi motivazionali per i quali detti beni costituivano in parte merci destinate alla vendita nel negozio della Effepi, e pertanto oggetto di distrazione sia in quanto acquisite da società diversa dalla fallita sia, comunque, per esserne il relativo ricavo infine sottratto dalle disponibilità aziendali, e per il resto oggetti voluttuari estranei all’attività della Axfar. Il concorso del B. nella bancarotta documentale era poi adeguatamente motivato con riferimento alle risultanze per le quali le scritture venivano trasferite presso l’abitazione dell’imputato; e sull’irrilevanza del nesso causale fra la condotta contestata ed il dissesto è sufficiente richiamare quanto già esposto in proposito al precedente punto 5.2. 9.2. Il motivo di ricorso presentato nell’interesse del C. è infondato.

La sentenza impugnata è invero adeguatamente motivata con riferimento al contributo concorsuale del C., in quanto inquadrato, anche in questo caso, nella prospettiva generale del pieno ed originario coinvolgimento dell’imputato nel progetto criminoso già più volte evidenziato. In questa ottica appare coerente l’attribuzione di significato probatorio alla partecipazione del C. ai proventi della vendita delle merci ottenute, come si è visto, con spendita di disponibilità della Axfar, nonchè all’apporto dato alla distruzione della contabilità ed alla scelta di L.A. quale amministratore formale della società, come da dichiarazioni di quest’ultima; rimanendone superati i rilievi difensivi sulla centralità gestionale del Fa. e del B., che non esclude la consistenza del concorso del C. nel reato.

10. Motivi di ricorso hanno ad oggetto l’affermazione di responsabilità degli imputati per il reato associativo di cui al capo Q. 10.1. Il motivo ricorso presentato nell’interesse del B., incentrato sull’esclusione dal contesto associativo del C. e sugli effetti della stessa in termini di mancanza del numero minimo necessario di associati, è infondato.

La posizione subordinata del C. rispetto a quelle del B. e del Fa. non è ostativa al riconoscimento di una condotta partecipatìva, che può assumere connotazioni eterogenee e manifestarsi anche in ruoli esecutivi, purchè funzionali all’attività associativa e nella stessa stabilmente inseriti (Sez. 2, n.4976 del 17.1.1997, imp. Accardo, Rv.207845).

Nella specie, l’adesione del C. al progetto del B. e del Fa. fin dalla nascita del punto vendita delle società, che in quel progetto assumeva rilievo centrale, veniva coerentemente evidenziata nella sentenza impugnata quale elemento indicativo della stabilità dell’inserimento del C. nel programma associativo, unitamente all’assunzione da parte dell’imputato della posizione di uomo di fiducia del F.; ed altrettanto coerentemente la funzionalità della condotta del C. agli scopi associativi era desunta dall’essenzialità per gli stessi della gestione delle vendite presso il negozio, i cui proventi venivano sottratti, nei modi in precedenza descritti, alla garanzia verso i creditori. Insussistente è poi la contraddittorietà, denunciata dal ricorrente, fra l’indeterminatezza del programma oggetto dell’associazione e la natura viceversa determinata del disegno criminoso sottostante alla riconosciuta continuazione; ben possibile è invero che i reati-fine di un progetto associativo siano programmati nelle loro linee essenziali fin dalla costituzione del sodalizio, consentendo di ravvisare il vincolo della continuazione fra detti reato e quello di cui all’art. 416 c.p. (Sez. 1, n.845l del 21.1.2009, imp. Vitale, Rv.2431999).

10.2. Quanto in particolare alla posizione del C., il termine di prescrizione del reato, contestato al predetto nella forma della mera partecipazione di cui all’art. 416 c.p., comma 2, è decorso al dicembre del 2009. Il ricorso, pur non generico nè manifestamente infondato, non evidenzia elementi idonei a sostenere una conclusione assolutoria nel merito, essendo sostanzialmente incentrato sull’esclusione della responsabilità dell’imputato per 1 reati-fine, in ordine ai quali i motivi di ricorso sono, per quanto detto in precedenza, da respingere. La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata sul punto senza rinvio con declaratoria di estinzione del reato, seguendone l’eliminazione del relativo aumento di pena ai sensi dell’art. 81 c.p., determinato dai giudici di merito in mesi tre di reclusione.

11. Il motivo di ricorso presentato nell’interesse del B. relativamente alla ravvisabilità nei confronti dell’imputato dell’ipotesi di cui all’art. 416 c.p., comma 1 è infondato. La minima consistenza numerica dell’associazione non esclude infatti che all’interno della stessa possa essere ravvisata una struttura gerarchica, con la conseguente individuazione di taluno degli associati quale promotore ed organizzatore (Sez. 1, n. 17027 del 25.3.2003, imp. Faci, Rv.224808); e sul punto la sentenza impugnata motiva congruamente con riferimento alla preponderanza del ruolo del B. nel progetto criminoso.

12. I motivi di ricorso presentati nell’interesse dell’imputato F., in ordine sia alla declaratoria di estinzione per prescrizione dei reati di cui ai capi HH, II e JJ che sia all’affermazione di responsabilità dello stesso per i reati di cui ai capi R e QQ, sono infondati.

La sentenza impugnata è adeguatamente motivata, per i reati di corruzione e di rivelazione di segreti d’ufficio rispettivamente contestati ai capi HH e II, in base alle dichiarazioni del B., del Fa., della moglie di questi C. R. e di Gi.An., nonchè ai contenuti delle intercettazioni telefoniche, sui prelievi di merce da parte del F. in concomitanza con le informazioni illecitamente fornite ai coimputati, fra le quali in particolare il disvelamento dell’esistenza di due atti di precetto nei confronti della Effepi e della Axfar; per il reato di falso ideologico contestato al capo JJ in base all’attestazione con verbale di pignoramento in data 28.4.2001 dell’essere la sede delle Effepi chiusa e trasferita ad indirizzo sconosciuto a fronte della accertata constatazione della presenza del C. nei locali solo una settimana prima e dei contatti telefonici i quali evidenziavano comunque la conoscenza da parte del F. della nuova sede della società; e per il concorso nei reati di bancarotta di cui ai capi R e QQ in base alla funzionalità delle condotte fin qui descritte e di altre emergenti dalle intercettazioni telefoniche, quali i consigli di collocare nei locali delle società arredi insignificanti per simulare la presenza di uffici operativi prima dei pignoramenti, a ritardare i fallimenti e ad agevolare in tal modo il progetto criminoso dei coimputati prolungando le condizioni favorevoli per la distrazione dei beni, nonchè alla diretta commissione di atti distrattivi mediante i prelievi di merci in esecuzione dell’accordo corruttivo.

La logicità di questo impianto motivazionale non è posta in discussione dai rilievi del ricorrente, che si limita a proporre una lettura alternativa delle risultanze processuali sulla significatività delle intercettazioni rispetto alle consegne di merci all’imputato, sulla conoscenza in capo a quest’ultimo della nuova sede della Effepi e sulla rilevanza causale delle condotte contestate rispetto ai fatti di bancarotta. Tema, quest’ultimo, sul quale la motivazione della sentenza richiama ancora una volta, con argomentazione coerente, l’inerenza dei fatti stessi ad un progetto criminoso complessivo; nell’ambito del quale l’acquisizione di informazioni sulle procedure esecutive in corso e le false attestazioni in sede di pignoramento, al di là dei risultati specificamente ricollegabili ai singoli atti compiuti della cui rilevanza il ricorrente discute, venivano valutate per la loro efficacia nel ritardare l’intervento degli organi fallimentari e consentire il protrarsi della sottrazione delle risorse delle società. I riferimenti della sentenza alla familiarità, evidenziata dalle conversazioni intercettate, fra i coimputati ed il F., giustificano la consapevolezza di quest’ultimo in ordine all’inerenza degli atti compiuti al programma delittuoso; nè è infine rilevabile il denunciato vizio di correlazione fra l’accusa e i fatti ricostruiti nelle decisioni dei giudici di merito, pienamente riconducibili all’imputazione concorsuale formulata.

13. Il motivo di ricorso presentato nell’interesse del C. relativamente alla mancata assoluzione ai sensi dell’art. 129 c.p.p. dall’imputazione di cui al capo JJ è infondato. Tenuto conto ancora una volta delle premesse della sentenza impugnata in ordine allo stabile inserimento del C. nel progetto criminoso a cui anche il reato in esame è riconducibile, il riferimento della motivazione alla presenza fisica dell’imputato nel luogo e nel momento in cui il B. ed il F. parlavano della disponibilità del secondo alla falsa attestazione, la cui funzionalità al citato progetto è stata illustrata al punto che precede, da invero sufficientemente conto della mancanza di elementi idonei a sostenere una conclusione assolutoria.

14. Il reato di ricettazione degli assegni poi ceduti al B. ed al F. di cui al capo TT, oggetto del motivo di ricorso presentato in ordine all’affermazione di responsabilità dell’imputato D., è prescritto. Considerato infatti che la data di commissione del reato, formalmente contestato come accertato nell'(OMISSIS), non può in realtà che essere anteriore a quella della ricettazione degli stessi assegni da parte del B., che si vedrà doversi collocare al più tardi al 5.3.2001, da detta data risulta decorso il termine massimo di prescrizione. Il ricorso, non generico nè manifestamente infondato, non evidenzia ragioni sufficienti a sostegno dell’assoluzione dell’imputato, a fronte del dato incontestato della ricezione di assegni sottoscritti dalla titolare G.R., che ne aveva denunciato lo smarrimento, al di fuori dei normali canali di circolazione, e dell’irrilevanza, ai fini della configurabilità del reato contestato, della questione sollevata dal ricorrente in ordine alla qualificazione del reato presupposto come furto o come appropriazione indebita di cose smarrite. La sentenza deve pertanto essere annullata sul punto senza rinvio con declaratoria di estinzione del reato e conseguente eliminazione del relativo aumento di pena ai sensi dell’art. 81 c.p., determinato dai giudici di merito in mesi due di reclusione.

15. Prescritto è altresì il reato di ricettazione degli assegni di cui sopra, contestato al B. al capo UU per averli ricevuti dal D.; come si è anticipato al punto precedente, il reato risulta infatti commesso antecedentemente alla data di utilizzazione dei titoli, ossia al (OMISSIS), dalla quale il termine prescrizionale è decorso. Il motivo presentato nell’interesse del B. in relazione all’affermazione di responsabilità dell’imputato, vertente sulle dichiarazioni di quest’ultimo in ordine alle confidenze del D. sull’appartenenza dei titoli ad una parente che stava per chiudere il proprio conto corrente bancario, non è idoneo a sostenere una conclusione assolutoria a fronte dell’anomalia della circolazione di titoli sottoscritti in bianco dalla titolare. Deve pertanto trovare accoglimento la richiesta di declaratoria di estinzione del reato di cui al motivo aggiunto presentato dalla difesa, con annullamento senza rinvio sul punto della sentenza impugnata ed eliminazione dell’aumento determinato dai giudici di merito ai fini dell’art. 81 c.p., relativamente al reato in esame, nella misura di mesi tre di reclusione.

15. Il motivo aggiunto di ricorso presentato dal B. relativamente all’incompatibilità dell’aggravante del danno rilevante con la fattispecie della bancarotta impropria di cui alla L. Fall., art. 223, è inammissibile per carenza di interesse. A prescindere dall’orientamento giurisprudenziale nettamente prevalente nel senso della ravvisabilità dell’aggravante anche per la fattispecie in discussione (Sez. 5, n. 17690 del 18.2.2010, imp. Cassa di Risparmio di Rieti, Rv.247320; Sez. 5, n.30932 del 22.6.2010, imp. Poli, Rv.247970), per detta aggravante veniva in concreto stabilito, sulla pena-base di anni quattro di reclusione determinata per il più grave reato di cui al capo R, un aumento di pena di mesi quattro di reclusione, non superiore a quello irrogabile per l’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 7, subordinatamente ravvisabile; il ricorso non è pertanto idoneo a determinare sul punto, in caso di accoglimento, un risultato più favorevole per il ricorrente.

16. Il motivo di ricorso presentato nell’interesse del D. relativamente alla ravvisabilità dell’attenuante di cui all’art. 114 c.p. per il reato di cui al capo J è infondato. La sentenza impugnata motiva congruamente sul punto con riferimento alla ritenuta impossibilità di ritenere marginale il contributo concorsuale dell’imputato in forza della carica amministrativa dallo stesso rivestita, in linea con i principi che subordinano il riconoscimento dell’attenuante all’individuazione nella condotta di un’efficienza causale trascurabile rispetto al reato (Sez. 5, n.21082 del 13.4.2004, imp. Terreno, Rv.229201); ed a ciò il ricorrente oppone unicamente una diversa valutazione sulla marginalità di tale apporto concorsuale alla luce della dimensione temporale dell’incarico gestionale, che non evidenzia alcun profilo di manifesta illogicità della motivazione.

17. Il motivo di ricorso presentato nell’interesse del B. relativamente al diniego delle attenuanti generiche è infondato. Pur dando atto della collaborazione processuale dell’imputato, la sentenza impugnata motiva invero senza incorrere in contraddizioni sulla tardività e l’incompletezza di tale collaborazione e sulla spregiudicatezza comunque mostrata dall’imputato nella commissione dei reati; nè rileva a questi fini il riconoscimento dell’attenuante in favore del Fa. in un separato procedimento.

18. Il motivo di ricorso presentato nell’interesse del P. relativamente alla determinazione della pena è infondato. Adeguata è sul punto la motivazione della sentenza nel suo riferimento al disvalore ed alle modalità della condotta dell’imputato, non essendo richiesto l’esame di tutti i parametri indicati nell’art. 133 c.p. ove taluni di essi siano ritenuti determinanti (Sez. 6, n.35346 del 12.6.2008, imp. Bonarrigo, Rv.241189); dovendosi pertanto ritenere implicitamente disattesi i rilievi difensivi sull’entità elle somme corrisposte al P. e le condizioni di vita dello stesso.

19. Infondato è infine il motivo di ricorso presentato nell’interesse del B. relativamente alla confisca di un’autovettura Lamborghini Diablo.

La sentenza impugnata valutava sul punto l’argomento difensivo dell’appartenenza del veicolo a B.C., figlio dell’imputato, ed all’asserito acquisto del bene da parte di questi con disponibilità proprie, ma lo disattendeva in base alle dichiarazioni di R.C., liquidatore della Revitur, e del venditore B.S. sul pagamento dell’autovettura con un assegno del R. di L. 30.000.000 ed assegni di B.L. per complessive L. 250.000.000, ed a quelle del F. sulla copertura di tutti gli assegni con denaro proveniente dalle vendite presso il negozio della Effepi. Posto che la mera intestazione a terzi del bene pertinente al reato non è ostativa alla confisca laddove precisi elementi di fatto consentano di ritenere il carattere fittizio di detta intestazione (Sez. 2, n.29495 del 10.6.2009, imp. Di Stefano, Rv.244435), elementi siffatti sono adeguatamente evidenziati dalla motivazione appena esposta; nè la coerenza di quest’ultima è compromessa dal riferimento del ricorrente alla produzione documentale sul dissequestro in favore di B. C. di somme in contanti ed assegni circolari per L. 198.000.000 e sulla confluenza di tali risorse sul conto corrente dal quale sarebbe stato tratto il denaro utilizzato per l’acquisto dell’autovettura, avendo la Corte territoriale evidentemente privilegiato, senza che su tale conclusione possano essere avanzate censure di manifesta illogicità, le indicazioni provenienti dalle fonti dichiarative dirette sulla provenienza del denaro dalle disponibilità della Effepi rispetto alla rappresentazione documentale della generica disponibilità di risorse di diversa origine.

20. L’integrale rigetto dei ricorsi presentati nell’interesse degli imputati Co., P. e F. comporta la condanna dei predetti al pagamento delle spese processuali.

Il rigetto dei ricorsi presentati nell’interesse degli imputati Pu., F., B. e C. con riferimento ai fatti relativi al fallimento della Effepi comporta altresì la condanna dei predetti alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla curatela di detto fallimento, costituitasi parte civile, che avuto riguardo all’impegno processuale si liquidano in complessivi Euro 2.700 oltre accessori come per legge.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di B. in ordine al reato sub UU, nei confronti di D. in ordine al reato sub TT, nei confronti di C. in ordine al reato sub Q, perchè estinti per prescrizione ed elimina le rispettive pene di mesi tre, mesi due e mesi tre di reclusione.

Rigetta nel resto i ricorsi di B. e C..

Annulla, altresì la sentenza impugnata nei, confronti di P. in ordine al reato sub R) limitatamente alla bancarotta per distrazione con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Palermo per nuovo esame.

Rigetta i ricorsi di Co., Pu. e F. e condanna ciascuno al pagamento delle spese processuali.

Condanna altresì Pu., F., B. e C. alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile curatela fallimento Effepi s.r.l., che liquida in complessivi Euro 2.700 oltre accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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