Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 24-03-2011) 06-07-2011, n. 26376

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Rilevato che con ordinanza del 10/6/2010, il Tribunale di L’Aquila, quale giudice dell’esecuzione, ha parzialmente rigettato l’istanza di dissequestro di un computer e del denaro, nei confronti di H. V.L.A.; che H.V.L.A., tramite i propri difensori, ha proposto ricorso per cassazione lamentando la violazione del combinato disposto dell’art. 240 c.p. e art. 445 c.p., in quanto, conclusosi il procedimento penale a carico della ricorrente con una sentenza ex art. 444 c.p.p. e non avendo il giudice nulla statuito in merito ai beni sequestrati nel corso della perquisizione, la ricorrente aveva avanzato istanza di restituzione di un computer portatile e della somma di 700 Euro, rinvenuta nella borsa di proprietà della ricorrente, ma il giudice dell’esecuzione aveva disposto la restituzione del solo computer, negando quella del denaro, in violazione di legge, in quanto non si tratta di un caso di confisca obbligatoria, perchè quel denaro non rappresenta il prezzo di alcun reato, anzi la ricorrente ha evidenziato il proprio diritto alla restituzione del denaro, che è provento della attività di prostituzione;

Considerato che la giurisprudenza ha chiarito che "la confisca è obbligatoria quando il denaro costituisce il "prezzo" del reato, da intendersi quale compenso dato per indurre taluno a commettere il reato. Diversamente, il provento dell’attività criminosa costituisce profitto del reato e pertanto non è soggetto a confisca obbligatoria ma va restituito in caso di patteggiamento della pena" (cfr. Sez.3, n. 661 del 10/2/2000, Brunetti, Rv. 216455) e, in particolare in tema di sfruttamento della prostituzione, è stato precisato che solo la porzione di denaro che viene consegnato allo sfruttatore, rientra nello schema della previsione della misura di sicurezza della confisca del "prezzo" o del "provento" del reato e che "è illegittima, in caso di condanna o di applicazione di pena patteggiata per il suddetto reato, la confisca delle somme sequestrate alle prostitute" (in tal senso Sez. 6, n. 1257 del 31/3/1995, Guri e altri, Rv. 202720);

che quindi il ricorso è fondato, in quanto nell’ordinanza impugnata il giudice si è limitato a "presumere" che le somme di denaro oggetto del sequestro siano il provento dell’attività criminosa, prendendo a base il fatto che gli imputati non avrebbero dimostrato il contrario;

che pertanto l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di L’Aquila per un nuovo esame.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di L’Aquila.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *