Cass. civ. Sez. I, Sent., 24-11-2011, n. 24860 Danni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con citazione del 4.10.1995 G.F., proprietario di un fondo in contrada (OMISSIS) coltivato ad agrumeto, una parte del quale era stata occupata il 18.7.1990, per mq. 34.760, per l’esecuzione di opere pubbliche, convenne innanzi al Tribunale di Catania l’espropriante Consorzio per l’ASI di Catania assumendo che anche altri mq. 28.888 erano stati resi inutilizzabili e che nulla egli aveva ricevuto oltre l’acconto di L. 151.232.400 e pertanto chiedendo il risarcimento dei danni subiti. Il Tribunale con sentenza 24.6.1999, all’esito di CTU, liquidava in favore del G. indicate somme per indennità di occupazione per gli anni dal 1995 al 1999, disponeva la restituzione del fondo occupato e non trasformato e la restituzione da parte dei G. della somma avuta come acconto sulla indennità, quindi condannando il debitore a pagare il conguaglio. La Corte di Appello di Catania con sentenza 22.07.2008 ha accolto l’appello principale del G. ed ha pertanto liquidato a suo favore il complessivo importo di Euro 177.196,40 disponendo il pagamento in favore della parte che, all’esito delle compensazioni, fosse risultata creditrice. In motivazione la Corte ha osservato che il G. lamentava la limitazione della determinazione del risarcimento effettuata con riguardo ai soli mancati redditi da seminativo irriguo e per la sola parte occupata, che tale doglianza era fondata (come era stato acclarato dalla CTU disposta in appello, che infatti, in relazione alla reale portata della citazione, che afferiva anche i danni da svenimento arboreo e da demolizione del pozzo idoneo all’esercizio irriguo anche della parte dell’azienda non occupata, si era accertato che l’intero agrumeto era stato pregiudicato gravemente, che il tempo di ragguaglio delle condizioni preesistenti del fondo doveva essere quello del 1990 (rettamente considerato dal secondo CTU) e non del 1997 (erroneamente valutato dal primo CTU), che su tali premesse i danni erano valutabili nel mancato godimento dell’intero fondo durante l’occupazione legittima e nella correlata perdita dell’intero soprassuolo a causa della distruzione del sistema delle canalette irrigue.

Per la cassazione di tale sentenza il Consorzio ASI ha proposto ricorso il 9.2.2009 con quattro motivi, resistito da controricorso del G. del 21.3.2009. Il Consorzio ha depositato memoria.

Motivi della decisione

Ritiene il Collegio che il ricorso, infondati essendo i motivi sui quali si fonda, debba essere rigettato.

Primo motivo: con esso si censura di violazione dell’art. 324 c.p.c. la sentenza che, non avvedendosi della mancata espressa impugnazione del capo della prima decisione che aveva escluso dall’ambito del risarcimento tutto il periodo (1990-1995) di occupazione legittima, aveva nondimeno seguito pedissequamente la CTU e liquidato somme anche per i danni afferenti tale primo periodo.

Il motivo è infondato per l’assorbente rilievo sottolineato dal controricorrente: lungi dal porsi un problema di giudicato interno la decisione impugnata evidenzia una questione di interpretazione dell’atto di appello in relazione alla prima statuizione. La Corte di merito, infatti, ha esaminato le censure poste in appello – in particolare là dove contestavano la supina adesione del primo giudice alla CTU N. – e le ha interpretate come inclusive di una doglianza attente anche la esclusione dell’ indennizzo per la occupazione negli anni dal 1990 al 1995 (vd. pag. 6: Ciò premesso i danni subiti dal G. possono allora individuarsi nel mancato godimento dell’intero fondo … durante il periodo d’occupazione legittima). Ed allora emerge che la censura formulata in ricorso adducente la violazione del giudicato interno sulla esclusione della attribuzione della indennità di occupazione legittima è fuor di segno e difetta del tutto di autosufficienza, essendo infatti onere del Consorzio dedurre le ragioni che impedivano la interpretazione dell’appello nei termini resi dalla Corte e non invocare un giudicato interno che, secondo l’interpretazione resa, non sussisteva. Del resto la lettura data dalla Corte alla doglianza era affatto coerente con il principio per il quale la domanda de qua – che aveva quale oggetto l’indennità di occupazione legittima – si sarebbe dovuta proporre proprio alla Corte di Appello quale giudice in unico grado ed essa Corte avrebbe dovuto esaminarla anche se indebitamente proposta in prime cure (Cass. n. 23 del 2011, n. 25966 del 2009, n. 14687 del 2007 e n. 25013 del 2006).

Secondo motivo: con esso si censura la supina adesione prestata dalla Corte di merito all’elaborato del CTU senza valorizzare le critiche mosse dal Consorzio nella CTP. Le censure articolate nel motivo sono inammissibili perchè prospettano un vizio di motivazione senza proporre la necessaria sintesi conclusiva (per la quale ex multis S.U. 16528 del 2008, Cass. 27680 del 2009 e 2799 del 2011);

Terzo motivo: con esso si addebita a contraddizione la esclusione del danno da soppressione di pozzo e la liquidazione di danno da distruzione del soprassuolo per assenza di irrigazione. Introduce poi il tema dell’art. 1227 c.c.. La censura sotto il primo profilo è inconsistente, posto che non si ravvisa alcun contrasto nella motivazione perchè il danno da distruzione è ascritto in sentenza non al non provato danneggiamene del pozzo, bensì alla soppressione del sistema delle canalette irrigue. Quanto alla questione della mancata iniziativa del creditore – che avrebbe potuto elidere od attenuare il danno ( art. 1227 c.c.) – essa è da ritenersi affatto nuova non avendo ad essa la Corte di merito fatto cenno alcuno e non precisando il Consorzio (se non con un inammissibile richiamo alle proprie precedenti difese: pag. 14 prima riga ricorso) in qual sede ed atto essa sarebbe stata posta. Quarto motivo: esso censura la sentenza di violazione degli artt. 101 e 112 c.p.c. per la parte in cui la Corte di Appello avrebbe posto a base della decisione considerazioni officiose e nuove. A parte la genericità in fatto della allegazione,il quesito conclusivo è inammissibile in quanto affatto aspecifico e cioè non pertinente alla specie e risolventesi in mera conclusione astratta su dati normativi. La reiezione del ricorso comporta la condanna del ricorrente alla refusione delle spese.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il Consorzio ricorrente a pagare al controricorrente per spese di giudizio Euro 5.200 (di cui Euro 200 per esborsi) oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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