Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 04-03-2011) 06-07-2011, n. 26291

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza deliberata il 15 luglio e depositata il 16 agosto 2010, il Tribunale di Reggio Calabria, costituito ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen., ha confermato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa il 9 giugno 2010 dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale a carico di B.N., sottoposto ad indagini per il delitto di cui all’art. 416-bis cod. pen. quale partecipe all’associazione a delinquere di tipo mafioso, ‘ndrangheta, denominata cosca Buda – Imerti, unitasi a quella degli Zito – Bertuca, operante nei comuni di Villa San Giovanni, Fiumara di Muro e territori vicini, di cui è indicato come capo I. A. (classe (OMISSIS)), e organizzatore e dirigente in subordine B.P., con delimitazione temporale del reato dal 12 dicembre 2005 al 21 ottobre 2009.

A sostegno della decisione, dopo un’ampia premessa storica sull’accertata esistenza del sodalizio criminale emergente da sentenze irrevocabili (e, segnatamente, da quella emessa nel processo A.M. + altri a carico degli stessi fratelli B., P. e N., già condannati per appartenenza all’associazione di tipo mafioso degli Imerti e, in essa, resisi protagonisti nel violento conflitto degli anni ottanta con l’allora contrapposta consorteria dei De Stefano – Tegano), il Tribunale ha addotto, innanzitutto, l’attuale operatività della cosca Imerti – Buda nel nuovo assetto discendente dalla pax mafiosa con i sodalizi ex nemici, desunta da una serie di intercettazioni ambientali aventi come principale interlocutore B.P., fratello dell’attuale indagato.

In merito alla specifica posizione di B.N., il Tribunale ha dedotto il suo attuale inserimento nella cosca mafiosa Imerti – Buda dalle stesse parole dell’indagato, riferite da F.G. a B.P. nel corso di una conversazione del 18/11/2005, rivendicanti nel presente un’adeguata collocazione nel sodalizio criminale in considerazione del rilevante ruolo avuto dai fratelli B. nella guerra di mafia degli anni ottanta; e dal contenuto di altri colloqui inter alios e, in particolare, da quello del 2 ottobre 2007 tra B.P. e tale M., non meglio identificato, in cui fu commentata la carriera criminale dello stesso B.N. e di C.M., osservando come quest’ultimo avesse acquisito una carica nella ‘ndrangheta saltando i passaggi intermedi, mentre al B.N. essa era già stata riconosciuta, con il riferimento dell’una e dell’altra appartenenza all’attuale situazione di consorzio dei due gruppi (quello degli Zito-Corsaro-Bertuca da un lato e degli Imerti-Buda dall’altro) precedentemente nemici e, nel presente, rappacificati e riuniti, senza nascondere B.P. le sue permanenti riserve nei riguardi degli ex avversari, pur nell’avvertita necessità di rispettare i nuovi equilibri raggiunti.

Ulteriori conversazioni intercettate (e, in particolare, quella del 6/12/2006 tra A.C., P.R. e V.S.) attesterebbero i rapporti tra F.G. e B.N. e il ruolo di intermediario svolto da quest’ultimo per sanare il litigio tra lo stesso F. e S.G., a proposito di un prestito di denaro per somme non ingenti che avrebbe potuto degenerare in un grave fatto di sangue, donde la ritenuta elevata caratura criminale dell’attuale indagato.

Specifico rilievo è, inoltre, attribuito alla conversazione del 28 luglio 2008 tra i due fratelli B., intercettata all’interno della casa circondariale "Pagliarelli" di Reggio Calabria, dove B. P., arrestato nel febbraio 2008 perchè trovato in possesso di una pistola, fu visitato dal fratello N..

A quest’ultimo il primo affidò il compito di andare a trovare Ba.Do. (imprenditore di Fiumara a sua volta indagato come appartenente alla cosca Imerti-Buda) per metterlo in guardia e raccomandargli di "non andare girando"; e, nel medesimo contesto, B.N. aggiornò il fratello sulle attività dei fratelli C., già presunte vittime di un tentativo di estorsione contestato a I.A. e C.D., riferendo al congiunto che i predetti imprenditori erano stati estromessi dai lavori autostradali in quanto la loro impresa era stata segnalata come inquinata dalla Direzione investigativa antimafia. Altre conversazioni tra B.P. e Ci.An. del 30/3/2007 e 22/06/2007 chiariscono, secondo l’ordinanza, i rapporti tra il gruppo Buda-Imerti e l’Impresa del fratelli C., fedeli alla cosca e da essa protetti ma non fino al punto di essere esentati dal pizzo dovuto ad altre consorterie, ove incaricati di eseguire lavori in territori soggetti al dominio criminale di gruppi diversi.

Nella stessa conversazione tra i fratelli B., avvenuta nel carcere di Reggio Calabria il 28 luglio 2008, B.N. fece riferimento al Sindaco di Fiumara di Muro e alla sua pretesa di comandare, sovrastando la cosca che non glielo aveva permesso.

"Voleva… voleva (comandare: n.d.r.)": è l’ironico commento pronunciato dall’indagato in merito alla vanità di tale pretesa del primo cittadino del suo paese, senza l’appoggio della cosca territorialmente imperante.

2. Avverso la predetta ordinanza il B., tramite il suo difensore di fiducia, ha proposto ricorso a questa Corte per denunciare violazione di legge e difetto di motivazione, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), in relazione all’art. 273 c.p.p. e all’art. 416-bis cod. pen., premettendo i principali arresti giurisprudenziali in tema di elementi costitutivi, oggettivo e soggettivo, del delitto di partecipazione ad associazione di tipo mafioso; consistenza dei gravi indizi idonei a sostenere la limitazione della libertà personale; e rilevanza indiziaria delle comunicazioni intercettate inter alios in tema di partecipazione del terzo al sodalizio criminale.

Nel ricostruito quadro normativo e giurisprudenziale non sarebbe giustificata, ad avviso del ricorrente, la valutazione di gravità degli indizi di colpevolezza a carico di B.N. sulla base delle conversazioni intercettate tra B.P. e altre persone, perchè attinenti a fatti risalenti ai lontani anni ottanta (così la frase riferita da F.G. a B.P. come pronunziata dall’indagato: "Quando io e mio fratello abbiamo avuto dei problemi, sotto al letto stava", con allusione alla viltà dell’attuale reggente I.A., classe 1950, ritenuto non all’altezza del compito, contrapposta al coraggio dei combattenti fratelli B.), e rinvianti alla pur remota affiliazione mafiosa di B.N., già condannato per il delitto associativo con riguardo al periodo 1985-1989, donde l’inferenza meramente congetturale e priva di alcuna dignità indiziaria della ritenuta attuale militanza criminale del B..

Di contenuto neutro e non rilevante sul piano indiziario sarebbe, inoltre, la presunta attività di intermediazione, pure emersa dalle intercettazioni, che B.N. avrebbe svolto per sedare il litigio tra F.G. e tale S.G. e prevenirne la degenerazione sanguinosa, poichè, come riconosciuto dallo stesso Tribunale, il detto episodio non era stato assunto come dimostrativo dell’appartenenza dell’indagato alla cosca Imerti-Buda e, comunque, sarebbe stato sopravvalutato dal decidente, essendo solo sintomatico di un intervento pacificatore di B.N., a titolo personale, giustificato dai suoi rapporti commerciali col F. e non dalla presunta militanza criminale del ricorrente nell’omonima associazione.

Sarebbe stato, infine, contraddittoriamente valorizzato il contenuto della conversazione tra i due fratelli B. all’interno della sala colloqui del carcere di Reggio Calabria, tenuto conto che tutte le visite furono video e fono registrate e che solo quella del 28 luglio 2008 fu ritenuta di interesse ai fini investigativi, benchè in essa B.N. si fosse limitato ad informare il fratello di un fatto noto e divulgato anche dalla stampa locale (estromissione dei fratelli C. dai lavori autostradali) e B.P. avesse incaricato il fratello di un fatto assolutamente neutro (recarsi da tale M., identificato in Ba.Do., per invitarlo a "non andare girando"), ricevendo, peraltro, il rifiuto del congiunto a farlo, senza tacere che lo stesso Tribunale riconosce che una gran parte della conversazione captata non fu compresa dagli inquirenti e, quindi, non può ritenersi utile ai fini probatori.

Con memoria aggiunta del 7 febbraio u.s. il ricorrente ha insistito nella sua denuncia di violazione dell’art. 273 cod. proc. pen. e art. 416-bis cod. pen., precisando che la partecipazione ad un’associazione di tipo mafioso, come chiarito anche da recente sentenza di questa stessa sezione in data 30 luglio 2010 n. 30534, non può essere desunta dal solo riferimento all’adesione psicologica o ideologica al programma criminale, ma postula la dimostrazione dell’effettivo inserimento nella struttura organizzata attraverso condotte univocamente sintomatiche dell’assunzione di un ruolo concreto nell’organigramma criminale, ciò che sarebbe totalmente assente nel caso in esame, donde la ribadita richiesta di annullamento del provvedimento impugnato.

Motivi della decisione

3. Le censure proposte con un unico motivo sono infondate.

Non sussistono i denunciati vizi di violazione di legge in relazione all’art. 273 cod. proc. pen. e art. 416-bis cod. pen., e di carenza motivazionale, poichè l’ordinanza impugnata, con diffuse e coerenti argomentazioni, immuni da vizi logici e giuridici, traccia una linea di continuità storica tra l’associazione mafiosa Buda-Imerti, uscita vincente dalla guerra di mafia degli anni ottanta contro la cosca De Stefano-Tegano, e l’attuale omonima consorteria imperante in Villa San Giovanni, Fiumara di Muro e territori vicini, spiegando, innanzitutto, con analitico richiamo ai contenuti delle intercettazioni ambientali, l’attuale operatività del medesimo sodalizio e la posizione di rilievo in esso conservata da entrambi i fratelli B., P. e N., confortata dal riconoscimento del loro prestigio criminale e, in particolare, di quello dell’attuale indagato da parte degli altri componenti della cosca, interlocutori di B.P..

Va aggiunto che l’intervento di mediazione svolto da B.N. tra i contendenti F.G. e S.G., come pure la circostanza che lo stesso si dimostri informato delle vicende relative all’esercizio del potere amministrativo e imprenditoriale nel territorio di influenza criminale con gli espressi riferimenti, nel colloquio col fratello detenuto, al Sindaco di Fiumara e alla sua ingenua pretesa di "comandare" senza l’appoggio del gruppo mafioso, e alle attività degli imprenditori fedeli alla cosca, i fratelli C., estromessi dall’appalto di un lotto di lavori autostradali, e, in ogni caso, non esenti dal rispetto della ferrea regola del pagamento delle "mazzette" anche ad altre cosche per i lavori eseguiti in aree sottoposte all’egemonia criminale di gruppi diversi, nella logica sparatoria rigorosamente territoriale delle tangenti sugli appalti frutto dalla faticosa pax mafiosa raggiunta, ebbene tutti i predetti elementi, anche a prescindere dal non assolto incarico di mettere in guardia l’imprenditore amico, Ba.

D., conferito a B.N. dal fratello detenuto, sono ragionevolmente assunti, nell’ordinanza impugnata, ad altrettanti indici rivelatori di attuale appartenenza dell’indagato all’associazione criminale e della non assimilabilità di essa ad un mero ruolo di posizione o ad una generica adesione psicologica o ideologica, emergendo, al contrario, dai predetti contenuti dei colloqui intercettati in contesti di sicura spontaneità e sincerità, donde la ponderata attendibilità attribuita agli stessi non applicandosi alle conversazioni tra terzi rispetto all’accusato la regola di giudizio di cui all’art. 192 c.p.p., comma 3, (c.f.r., tra tutte, Sez. 5, n. 13614 del 19/01/2001, dep. 04/04/2001, Primerano, Rv. 218392, e successive tutte conformi), l’attuale concreto contributo apportato da B.N. alla vita dell’associazione e, pertanto, l’inesistenza di alcun contrasto tra i criteri ermeneutici applicati dal giudice del riesame e i principi affermati da questa Corte in tema di partecipazione ad associazione di tipo mafioso, di cui alle sentenze richiamate dallo stesso ricorrente (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, dep. 20/09/2005, Mannino, Rv. 231670 e Sez. 1, n. 30534 del 30/06/2010, dep. 30/07/2010, Tallura, Rv. 248321, quest’ultima attinente, peraltro, al diverso caso dell’imprenditore colluso").

4. Segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

La cancelleria provvedere alle comunicazioni previste dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’Istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *