Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 28-06-2011) 07-07-2011, n. 26585Ricorso straordinario per errore materiale o di fatto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 9 aprile 2010, la Corte di appello di Roma, confermava la sentenza del Tribunale di Roma, in data 12/12/2008, che aveva condannato F.P. alla pena di mesi 3 di reclusione ed Euro 300,00 di multa per essersi indebitamente appropriato, in qualità di amministratore di Condominio, dei contributi INPS relativi all’attività lavorativa prestata dal custode, per un ammontare complessivo di Euro 37.643,00 dei quali aveva il possesso in ragione del suo incarico.

La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l’atto d’appello e confermava le statuizioni del primo giudice, ritenendo accertata la penale responsabilità dell’imputato in ordine ai reati a lui ascritti, ed equa la pena inflitta.

Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato per mezzo del suo difensore di fiducia, sollevando quattro motivi di gravame con i quali deduce:

1) proscioglimento dell’imputato per prescrizione del reato, maturata dopo la pronunzia di secondo grado (in data 30/6/2010) in pendenza del termine per proporre ricorso per cassazione;

2) manifesta illogicità della motivazione, dolendosi che i giudici di merito abbiano fondato il loro giudizio su una prova che non esiste ovvero su un risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale, non essendo stati provati i pretesi ammanchi di cassa;

3) carenza della motivazione in quanto apparente, essendosi la Corte acriticamente conformata alla decisione del primo giudice, omettendo di motivare in ordine alla incompletezza e discrepanza dei conteggi relativi alla contabilità del Condominio;

4) violazione di legge penale in relazione all’art. 646 c.p. in quanto il mancato versamento dei contributi previdenziali non poteva essere considerato appropriazione indebita, trattandosi di illecito amministrativo.

Successivamente il difensore ha depositato una memoria riproponendo le questioni di vizio di motivazione e violazione di legge ed insistendo per la dedotta prescrizione del reato.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile in quanto basato su motivi non consentiti nel giudizio di legittimità e comunque manifestamente infondati.

Per quanto riguarda i dedotti vizi della motivazione di cui al secondo ed al terzo motivo di ricorso, occorre considerare che secondo l’insegnamento di questa Corte:

"In tema di motivi di ricorso per cassazione, a seguito delle modifiche dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) ad opera della L. n. 46 del 2006, art. 8, mentre non è consentito dedurre il "travisamento del fatto", stante la preclusione per il giudice di legittimità di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito, è, invece, consentito dedurre il vizio di "travisamento della prova", che ricorre nel caso in cui il giudice di merito abbia fondato il proprio convincimento su una prova che non esiste o su un risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale, considerato che, in tal caso, non si tratta di reinterpretare gli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione, ma di verificare se detti elementi sussistano" (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 39048 del 25/09/2007 Ud. (dep. 23/10/2007) Rv. 238215).

Nel caso di specie il ricorrente, lungi dall’indicare un effettivo "travisamento della prova", si duole della valutazione delle risultanze processuali effettuate dai giudici di merito, con riferimento alla deposizione del teste C.S., che la Corte territoriale ha specificamente analizzato (fol. 3), traendone conclusioni opposte a quelle della difesa. In particolare la Corte ha evidenziato che da tale deposizione emerge che i contributi obbligatori relativi all’attività di portiere del T. che non sono stati versati dal F. all’INPS ammontano ad Euro 37.643,00.

Occorre poi rilevare in punto di diritto che la sentenza appellata e quella di appello, quando non vi è difformità sulle conclusioni raggiunte, si integrano vicendevolmente, formando un tutto organico ed inscindibile, una sola entità logico-giuridica, alla quale occorre fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione. Pertanto, il giudice di appello, in caso di pronuncia conforme a quella appellata, può limitarsi a rinviare per relationem a quest’ultima sia nella ricostruzione del fatto sia nelle parti non oggetto di specifiche censure (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 4827 del 28/4/1994 (ud. 18/3/1994) Rv. 198613, Lo Parco; Sez. 6, Sentenza n. 11421 del 25/11/1995 (ud. 29/9/1995), Rv. 203073, Baldini). Inoltre, la giurisprudenza di questa Suprema Corte ritiene che non possano giustificare l’annullamento minime incongruenze argomentative o l’omessa esposizione di elementi di valutazione che, ad avviso della parte, avrebbero potuto dar luogo ad una diversa decisione, semprechè tali elementi non siano muniti di un chiaro e inequivocabile carattere di decisività e non risultino, di per sè, obiettivamente e intrinsecamente idonei a determinare una diversa decisione. In argomento, si è spiegato che non costituisce vizio della motivazione qualsiasi omissione concernente l’analisi di determinati elementi probatori, in quanto la rilevanza dei singoli dati non può essere accertata estrapolandoli dal contesto in cui essi sono inseriti, ma devono essere posti a confronto con il complesso probatorio, dal momento che soltanto una valutazione globale e una visione di insieme permettono di verificare se essi rivestano realmente consistenza decisiva oppure se risultino inidonei a scuotere la compattezza logica dell’impianto argomentativo, dovendo intendersi, in quest’ultimo caso, implicitamente confutati. (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 3751 del 23/3/2000 (ud. 15/2/2000), Rv. 215722, Re Carlo; Sez. 5, Sentenza n. 3980 del 15/10/2003 (Ud. 23/9/2003) Rv.226230, Fabrizi; Sez. 5, Sentenza n. 7572 del 11/6/1999 (ud.

22/4/1999) Rv. 213643, Maffeis). Le posizioni della giurisprudenza di legittimità rivelano, dunque, che non è considerata automatica causa di annullamento la motivazione incompleta nè quella implicita quando l’apparato logico relativo agli elementi probatori ritenuti rilevanti costituisca diretta ed inequivoca confutazione degli elementi non menzionati, a meno che questi presentino determinante efficienza e concludenza probatoria, tanto da giustificare, di per sè, una differente ricostruzione del fatto e da ribaltare gli esiti della valutazione delle prove. In applicazione di tali principi, può osservarsi che la sentenza di secondo grado recepisce in modo critico e valutativo la sentenza di primo grado, correttamente limitandosi a ripercorrere e ad approfondire alcuni aspetti del complesso probatorio oggetto di valutazione critica da parte della difesa, omettendo, in modo del tutto legittimo in applicazione dei principi sopra enunciati, di esaminare quelle doglianze degli atti di appello che avevano già trovato risposta esaustiva nella sentenza del primo giudice.

Di conseguenza il secondo e terzo motivo di ricorso risultano inammissibili in quanto postulano un intervento di questa Corte in sovrapposizione argomentativa rispetto alle conclusioni legittimamente assunte dai giudici del merito.

Ugualmente inammissibile per manifesta infondatezza è il quarto motivo in punto di qualificazione giuridica del fatto. Non coglie nel segno infatti, il riferimento all’arresto delle Sezioni Unite di questa Corte che hanno statuito che: "Il mancato versamento alla Cassa edile delle somme "trattenute" dal datore di lavoro sulla retribuzione del dipendente per ferie, gratifiche natalizie e festività non integra il reato di appropriazione indebita, ma solo l’illecito amministrativo previsto dall’art. 13 del D.Lgs. 19 dicembre 1994 n. 758" (Cass. Sez. U, Sentenza n. 1327 del 27/10/2004 Ud. (dep. 19/01/2005) Rv. 229634). Le conclusioni a cui sono pervenute le Sezioni Unite, infatti, si basano sull’assunto che le somma "trattenute" dal datore di lavoro, fanno pur sempre parte del proprio patrimonio, confuse con gli altri diritti e beni che lo compongono. Nel caso di specie le somme che l’amministratore infedele del Condominio ha omesso di versare all’INPS non fanno parte del suo patrimonio, sono cose mobili altrui (denaro dei Condomini), di cui l’Amministratore ha il possesso in funzione dell’incarico ricevuto.

In questo caso l’omesso versamento all’INPS dei contributi obbligatori riscossi dai Condomini comporta l’appropriazione delle somme altrui.

Infine, per quanto riguarda l’eccezione di prescrizione, è pacifico che l’inammissibilità del ricorso, impedendo il valido formarsi del rapporto processuale, preclude la possibilità, sia di far valere, sia di rilevare di ufficio, l’estinzione del reato per prescrizione (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 42839 del 08/10/2009 Ud. (dep. 10/11/2009) Rv. 244999).

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in Euro 1.000,00 (mille/00).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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