Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 28-06-2011) 07-07-2011, n. 26576

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza del 6 maggio 2010, la Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Frosinone il 22 febbraio 2005 con la quale A.G. era stato condannato alla pena di ani cinque di reclusione ed Euro 2.000,00 di multa quale imputato dei delitti di tentata rapina aggravata, porto e detenzione illegale di armi e ricettazione.

Propone ricorso per cassazione il difensore il quale lamenta le incoerenze in cui sarebbe caduta la sentenza impugnata, in particolare laddove non ha prestato il dovuto credito alle affermazioni rese dal correo P. in ordine alla dinamica dei fatti; ha sottovalutato l’assenza di contatti telefonici tra l’imputato e i correi prima della azione delittuosa nonchè la incompatibilità della telefonata senza risposta tra l’imputato ed il P. con il tragitto tra il luogo della azione e la stazione di servizio; nonchè laddove non si è accettata la richiesta subordinata di escludere la responsabilità in ordine all’uso delle armi.

Il ricorso è palesemente inammissibile in quanto il ricorrente oltre a limitarsi nella sostanza a riproporre le stesse doglianze già dedotte in grado di appello e disattese motivatamente dai giudici del gravame, si concentra su rilievi di fatto solo assertivamente prospettati in vista della rinnovazione di una ricostruzione alternativa della dinamica della vicenda, già più che adeguatamente scandagliata nelle sentenze del doppio grado di merito. I motivi proposti risultano, pertanto, solo formalmente evocativi dei prospettati vizi di legittimità, ma in concreto sono articolati esclusivamente sulla base di rilievi di merito, tendenti ad una rivalutazione delle relative statuizioni adottate dalla Corte territoriale. Statuizioni, per di più, sviluppate, come si è già accennato, sulla base di un esauriente corredo argomentativo, proprio sui punti – in particolare relativi alla "interpretazione" degli effettivi accordi intervenuti tra protagonisti della vicenda, tragicamente conclusasi, e dal programmato ruolo svolto dall’imputato, alla luce dell’articolato e convergente panorama indiziario, puntualmente scrutinato – in relazione ai quali il ricorrente ha svolto le proprie censure, evidentemente tese ad un improprio riesame del fatto, estraneo al perimetro entro il quale può svolgersi il sindacato riservato a questa Corte.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che si stima equo determinare in Euro 1.000,00 alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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