Cass. civ. Sez. II, Sent., 25-11-2011, n. 24987

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

L’Istituto Femminile "Jolanda Statile" proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso dal Presidente del Tribunale di Taranto in data 5-3-1997, con il quale le era stato intimato il pagamento della somma di L. 51.188.339 in favore dell’avv. C.D., per l’attività professionale svolta in suo favore nella procedura arbitrale promossa nei suoi confronti dall’Ente di Sviluppo Agricolo della Puglia (ERSAP).

Con sentenza in data 8-6-2001 il Tribunale adito rigettava l’opposizione. In motivazione, esso rilevava che, in ragione della domanda principale di risoluzione contrattuale proposta dall’Ersap, il valore della causa arbitrale andava determinato in L. 4 miliardi, e riteneva, di conseguenza, la congruità del compenso liquidato all’avv. C. dall’Ordine Professionale.

L’opponente proponeva appello avverso la predetta decisione.

Sostenendo.

Con sentenza depositata il 22-11-2004 la Corte di Appello di Lecce, in accoglimento del gravame, revocava il decreto ingiuntivo opposto.

Nella parte motiva, veniva rilevato che, contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, il valore della controversia arbitrale andava ricompreso nello scaglione tra i 200 e i 500 milioni di lire, e veniva dato atto della congruità dell’onorario liquidato dagli arbitri a carico dell’Ente soccombente, maggiorato dell’acconto versato dal cliente al professionista.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre l’avv. Crucci, sulla base di un unico motivo.

L’Istituto Femminile "Jolanda Statile" resiste con controricorso.

In prossimità dell’udienza il ricorrente ha depositato una memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

1) In via preliminare deve rilevarsi che non possono essere prese in esame le censure e deduzioni svolte nella memoria ex art. 378 c.p.c. depositata dal ricorrente, non prospettate con il ricorso per cassazione.

Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, infatti, nel giudizio di legittimità, con le memorie di cui all’art. 378 c.p.c., destinate esclusivamente ad illustrare ed a chiarire i motivi della impugnazione ovvero alla confutazione delle tesi avversarie, non possono essere dedotte nuove censure nè sollevate questioni nuove, che non siano rilevabili d’ufficio, e neppure può essere specificato, integrato o ampliato il contenuto dei motivi originari del ricorso (tra le tante v. Cass. Sez. Un. 19-5-1997 n. 4445; Sez. 2, 26-8-2002 n. 12477; Sez. 3, 20-11-2002 n. 16345; sez. Un. 15-5- 2006 n. 11097).

2) Con l’unico motivo di ricorso il ricorrente, denunciando "l’inammissibilità dell’appello per errata applicazione degli artt. 112, 190, 345 e 359 c.p.c.", nonchè l’erronea motivazione, lamenta che la Corte di Appello ha recepito le censure tardivamente proposte dall’opponente con la memoria conclusionale del 13-2-2001. Rileva che con Tatto di opposizione l’Istituto Statile, nel sostenere che il valore della controversia arbitrale si collocava nella fascia tra i 200 e i 500 milioni, aveva asserito che tale causa aveva ad oggetto esclusivamente la condanna dell’opponente alla restituzione della residua parte del fondo di mq. 500 ed al risarcimento del danno nella somma di L. 240 milioni, senza fare alcun riferimento alla domanda principale di risoluzione per inadempimento contrattuale proposta dall’Ersap nei confronti del predetto Istituto, che avrebbe potuto interessare tutti i contratti di compravendita successivamente stipulati con terzi; e che solo con la comparsa conclusionale l’opponente ha esplicitato altre e più articolate censure.

Il motivo è infondato.

Questa Corte ha più volte avuto modo di rilevare che la parcella corredata dal parere espresso dal competente Consiglio dell’Ordine d’appartenenza del professionista, mentre ha valore di prova privilegiata e carattere vincolante per il giudice ai fini della pronunzia dell’ingiunzione, non ha, per contro, valore probatorio nel successivo giudizio di opposizione, nel quale il creditore assume la veste sostanziale d’attore, e su di lui incombono i relativi oneri probatori ex art. 2697 c.c., ove vi sia stata contestazione da parte dell’opponente in ordine così all’effettività ed alla consistenza delle prestazioni eseguite come all’applicazione della tariffa pertinente ed alla rispondenza ad essa delle somme richieste (tra le tante v. Cass. Sez. 2, 30-7-2004 n. 14556; Sez. 2, 24-1-2000 n. 736, Sez. 2, 13-4-99 n. 3627).

E’ stato ulteriormente puntualizzato che, affinchè sorga il suddetto onere probatorio a carico del professionista, non è necessario che vengano sollevate contestazioni di carattere specifico; sicchè ogni contestazione, anche generica, sollevata dall’opponente-convenuto in ordine all’espletamento ed alla consistenza dell’attività nonchè all’ortodossia dell’applicazione delle tariffe è idonea e sufficiente ad investire il giudice del potere-dovere di dar corso alla verifica della fondatezza della contestazione e, correlativamente, a far sorgere per il professionista l’onere probatorio in ordine tanto all’attività svolta quanto alla corretta applicazione della pertinente tariffa (Cass. Sez. 2, 30-7-2004 n. 14556; 25-6-03 n. 10150; 24-1-2000 n. 736, 26-1-95 n. 942).

Nella specie, con Tatto introduttivo del giudizio di opposizione l’Istituto Statile ha contestato sia il valore della controversia arbitrale e, conseguentemente, lo scaglione tariffario di riferimento per la determinazione dei compensi spettanti al professionista, sia l’illegittimo computo dei diritti ed onorati liquidati con il decreto ingiuntivo sulla base della parcella corredata dal parere del Consiglio dell’Ordine.

Alla luce dei principi di diritto innanzi enunciati, pertanto, non par dubbio che le contestazioni mosse con l’atto di opposizione investivano il giudice di cognizione del potere-dovere di compiere ogni verifica riguardo alle prestazioni concretamente effettuate dal legale ed all’effettivo valore della causa, ai fini della corretta applicazione della tariffa professionale. Ne consegue che le deduzioni svolte nella comparsa conclusionale depositata dall’opponente, con le quali veniva meglio specificato e definito l’oggetto delle contestazioni sollevate, non comportavano alcun sostanziale ampliamento del tema d’indagine ab origine sottoposto al giudice dell’opposizione.

3) Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese sostenute dal resistente nel presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 2.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *