Cass. civ. Sez. II, Sent., 25-11-2011, n. 24978 Amministrazione del condominio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Con sentenza del 9 marzo 2004 il Tribunale di Torino – adito dal condominio dell’edificio sito in quella città in (OMISSIS) nei confronti, del suo ex amministratore B.G. – condannò il convenuto a pagare all’attore la somma di 7.794,49 Euro, oltre agli interessi, quale importo dell’ammanco di cassa verificatosi al momento del passaggio delle consegne al nuovo amministratore.

Impugnata dal soccombente, la decisione è stata confermata dalla Corte d’appello di Torino, che con sentenza del 14 febbraio 2005 ha rigettato il gravame.

B.G. ha proposto ricorso per cassazione, in base a un motivo articolato in vari profili. Il condominio dell’edificio sito in (OMISSIS) si è costituito con controricorso e ha prodotto – nel termine che gli era stato assegnato da questa Corte con ordinanza del 24 gennaio 2011, in applicazione dei principi enunciati da Cass. s.u. 6 agosto 2010 n. 18332 – l’autorizzazione rilasciata dall’assemblea all’amministratore per partecipare al giudizio di legittimità.

Motivi della decisione

Con il motivo addotto a sostegno del ricorso B.G. lamenta in primo luogo che la Corte d’appello ha erroneamente disconosciuto il mutamento di domanda effettuato dal condominio, il quale aveva esercitato un’azione di rendiconto e non aveva poi specificamente contestato le partite del conto che il convenuto spontaneamente aveva presentato in giudizio, sicchè si sarebbe dovuto senz’altro decidere nel senso del rigetto, o quantomeno dare ingresso alle prove dedotte dalle parti.

La censura non è fondata.

Risulta dagli atti di causa – che questa Corte può direttamente prendere in esame, stante il carattere di error in procedendo del vizio denunciato – che già con l’atto introduttivo del giudizio il condominio aveva chiesto la condanna del proprio ex amministratore al pagamento di un preciso importo, risultante dalla differenza tra le somme che aveva riscosso dai condomini e il totale delle singole spese che aveva erogato, essendone stato effettivamente autorizzato dall’assemblea. Appunto su questa domanda, mantenuta ferma dall’attore nel successivo corso del giudizio, il Tribunale ha provveduto – accogliendola – con la sentenza confermata dal giudice di secondo grado.

Lamenta altresì il ricorrente che la Corte d’appello ha ingiustificatamente ritenuto che non fossero state allegate, nè fatte oggetto di idonea richiesta di prova, le circostanze da cui desumere che i lavori murari, connessi con quelli di adeguamento dell’impianto elettrico, fossero stati implicitamente deliberati dall’assemblea dei condomini, o fossero comunque necessari per l’esecuzione di quelli espressamente decisi, e che conseguentemente l’amministratore avesse legittimamente sostenuto la relativa spesa.

Neppure questa doglianza può essere accolta.

E’ stata infatti formulata – come esattamente ha obiettato il condominio – in violazione del principio di autosufficienza sancito dall’art. 366 c.p.c., n. 3, che impone di trascrivere nell’atto introduttivo del giudizio di legittimità il contenuto delle richieste istanze istruttorie che si assume essere state erroneamente trascurate o respinte dal giudice a quo, in modo di tali istanze questa Corte possa vagliare la validità e la decisività, senza necessità di utilizzare altri atti (cfr., tra le più recenti, Cass. 30 luglio 2010 n. 17915). Quest’onere non è stato adempiuto dal ricorrente, sicchè non si è in grado di verificare la fondatezza delle critiche che egli ha rivolto alla sentenza impugnata, nella parte in cui le consulenze tecniche non disposte e le prove testimoniali non ammesse sono state giudicate superflue e irrilevanti.

Per la stessa ragione vanno disattese le censure rivolte da B.G. all’interpretazione data dalla Corte d’appello ai verbali di tre assemblee condominiali, che ugualmente non sono stati riportati nel ricorso.

Affetta da genericità è anche la deduzione del ricorrente circa le opere diverse da quelle murarie suddette, che il giudice a quo avrebbe mancato di prendere in considerazione, pur se corrispondevano a circa metà dell’importo controverso. Di tali opere non viene fornita nel ricorso alcuna neppure sommaria indicazione.

Infine, B.G. si duole del mancato riconoscimento del suo diritto a percepire uno specifico compenso, relativo ai lavori di adeguamento dell’impianto elettrico condominiale, eseguiti nel periodo in cui egli era amministratore.

La censura è infondata.

Correttamente la Corte d’appello ha ritenuto che la retribuzione dell’amministratore di condominio, determinata ai sensi dell’art. 1135 c.c., n. 1, deve intendersi riferita, in mancanza di diversa previsione, al complesso dello svolgimento dei suoi compiti, tra i quali sono compresi quelli attinenti ai lavori di manutenzione, sia pure "straordinaria", compiuti sulle parti comuni dell’edificio (cfr., per tutte, Cass. 28 aprile 2010 n. 10204).

Il ricorso viene pertanto rigettato, con conseguente condanna del ricorrente a rimborsare al resistente le spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in 200,00 Euro, oltre a 1.000,00 Euro per onorari, con gli accessori di legge.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente a rimborsare al resistente le spese del giudizio di cassazione, liquidate in 200,0 Così deciso in Roma, il 26 settembre 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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