Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 10-06-2011) 07-07-2011, n. 26636 Trasmissione di atti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con provvedimento del 10 gennaio 2011, la Corte d’appello di Roma ha respinto l’istanza formulata da R.A., intesa ad ottenere l’indulto di cui alla L. n. 241 del 2006 in ordine ad una condanna da lui subita per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74. 2. La Corte territoriale ha escluso l’applicabilità dell’indulto in quanto la condotta criminosa era stata contestata al richiedente come permanente fino all’11 ottobre 2006 e quindi in epoca successiva al 2 maggio 2006. 3. Avverso detto provvedimento della Corte d’Appello di Roma propone ricorso per cassazione R.A. per il tramite del suo difensore, che ha dedotto motivazione carente, contraddittoria ed illogica, in quanto era viceversa da ritenere che la sua partecipazione all’associazione criminosa finalizzata al traffico di stupefacenti era da ritenere limitata al 29 marzo 2006, data in cui esso istante era stato tratto in arresto.

Motivi della decisione

1. Con riferimento al ricorso proposto da R.A., si osserva che, nella specie, si verte in un’ipotesi di applicazione dell’indulto nella fase esecutiva. L’art. 672 c.p.p., comma 1 e art. 667 c.p.p., comma 4 prevedono che i relativi provvedimenti vengano adottati dal giudice dell’esecuzione "de plano" e cioè senza formalità e senza che venga fissata l’udienza di comparizione delle parti. Contro tali provvedimenti gli interessati possono proporre opposizione innanzi al medesimo giudice dell’esecuzione, il quale dovrà questa volta trattare il gravame con le forme dell’incidente di esecuzione, di cui all’art. 666 c.p.p., procedendo cioè a convocare le parti ed i loro difensori ad un’udienza appositamente fissata.

2. Ritiene il Collegio di aderire all’orientamento giurisprudenziale, secondo il quale, nell’applicazione dell’indulto nella fase esecutiva, avverso il provvedimento del giudice dell’esecuzione, sia che esso abbia deciso "de plano", sia che abbia irritualmente provveduto, come nel caso in esame, ai sensi dell’art. 666 cod. proc. pen., è data sempre e soltanto la facoltà all’interessato di proporre opposizione (cfr., in termini, Cass. 3 19.2.03 n. 8124;

Cass. 3 7.7.95 n. 1182). La soluzione sopra prospettata appare invero preferibile in quanto, opinando diversamente e ritenendo cioè che, qualora il provvedimento sia stato adottato ex art. 666 cod. proc. pen., sarebbe intervenuta un’anticipata garanzia del contraddittorio, con conseguente possibilità di adire direttamente questa Corte di legittimità, il ricorrente verrebbe comunque ad essere privato della fase del riesame del provvedimento da parte del giudice dell’esecuzione, il quale, al contrario del giudice di legittimità, ha cognizione piena ed in fatto delle doglianze e può prendere in esame tutte le questioni che sono normalmente sottoponibili ad un giudice di merito.

Aderendo cioè a tale ultima soluzione il ricorrente verrebbe, in definitiva, ad essere privato di un grado del giudizio in una materia particolarmente delicata, qual’è quella dell’applicazione dell’indulto, per la quale il legislatore ha previsto l’opposizione nell’ottica del cd. "favor libertatis", che costituisce uno dei principi fondamentali del vigente ordinamento penale, avendo riconosciuto come l’indulto tocchi il delicato tema della libertà personale.

3.Alla stregua poi dell’indirizzo di gran lunga prevalente di questa Corte di legittimità, ritiene il Collegio che il ricorso in esame può essere dichiarato non inammissibile, ma qualificato come atto di opposizione, sulla base del principio generale di conservazione degli atti giuridici e del "favor impugnationis" (cfr., in tal senso, ex multis, Cass. 1A 14724/04; Cass. 3 n. 8124/2003; Cass. 4 34403/03).

4. Il ricorso pertanto, a norma dell’art. 568 c.p.p., comma 5, va qualificato come opposizione, con conseguente trasmissione degli atti alla Corte d’appello di Roma per il giudizio di opposizione, ai sensi dell’art. 667 c.p.p., comma 4 e art. 666 c.p.p..

P.Q.M.

Qualificato il ricorso come opposizione, dispone la trasmissione degli atti alla Corte d’appello di Roma.

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