Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 08-06-2011) 07-07-2011, n. 26734 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza del 13 luglio 2010, il Tribunale del Riesame di Roma accoglieva parzialmente l’appello del Pubblico Ministero avverso l’ordinanza in data 22 maggio 2010 del G.I.P. del Tribunale di quella città, emessa nei confronti di S.L. e T.C. e con la quale revocava al primo la misura della custodia in carcere, limitatamente al reato di illecita detenzione di stupefacenti (rubricato sub D)), sostituendola con gli arresti domiciliari per il reato di rapina aggravata (rubricato sub C) ed applicava al secondo la misura degli arresti domiciliari in luogo della custodia in carcere per il reato di rapina aggravata (rubricato sub C).

Di conseguenza, il Tribunale applicava al S., limitatamente al reato di cui al capo D) della rubrica, la misura degli arresti domiciliari, respingendo l’appello del Pubblico Ministero relativamente al capo C), mentre applicava al T. la misura della custodia cautelare in carcere in luogo dei concessi arresti domiciliari.

Avverso il provvedimento del Tribunale del Riesame entrambi proponevano ricorso per cassazione.

In particolare, il S. lamentava la inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e la manifesta illogicità della motivazione ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e) e la violazione ed erronea applicazione dell’art. 274 c.p.p., comma 1, lett. a) e c), assumendo che la motivazione posta a sostegno del provvedimento impugnato appariva manifestamente illogica nella parte in cui, a fronte di un preciso inquadramento della vicenda, desumibile dalle oggettive risultanze investigative, sostituiva alla realtà mere ipotesi congetturali in ordine al possesso dello stupefacente da parte degli indagati incorrendo, peraltro, in un errore di diritto laddove giungeva a ritenere l’illecita detenzione sulla base di una ripresa video e della successiva distruzione dello stupefacente.

Aggiungeva che, alla luce delle indagini espletate dall’Ufficio di Procura, non ricorrevano esigenze cautelari tali da giustificare la misura applicata, dovendosi escludere il pericolo di inquinamento probatorio e tenere, invece, in considerazione il periodo di detenzione già sofferto.

Il T. denunciava la violazione degli artt. 274 e 275 c.p.p. e la nullità dell’ordinanza per violazione dell’art. 292 c.p.p., comma 2, lett. c-bis.

Osservava, a tale proposito, che il provvedimento impugnato si appiattiva sui motivi di appello del Pubblico Ministero, senza fornire alcuna indicazione sulla pretesa inadeguatezza della misura e ricorrendo a mere asserzioni enfatiche, mentre avrebbe dovuto essere adeguatamente valorizzato l’iter argomentativo seguito dal G.I.P. nell’ordinanza riformata.

Escludeva, inoltre, che vi fosse un effettivo pericolo di inquinamento probatorio e che ciò trovava conferma nel fatto di non aver mai posto in essere alcuna condotta pregiudizievole per l’identità e la genuinità della prova.

Osservava, infine, che il pericolo di reiterazione era stato giustificato dai giudici del gravame sulla base di un imprecisato richiamo a presunti rapporti con la criminalità comune e con riferimento a fatti oggetto di altre incolpazioni.

Entrambi i ricorrenti concludevano insistendo per l’annullamento del provvedimento impugnato.

In data 17 dicembre 2010, la difesa del T. depositava copia dell’ordinanza del G.I.P. con la quale veniva dichiarata la cessazione dell’efficacia cella misura cautelare in atto e relativa al menzionato capo C) della rubrica per intervenuta decorrenza dei termini massimi di fase.

Motivi della decisione

Deve rilevarsi che, nelle more del giudizio, come evidenziato dalla difesa, la misura applicata è stata revocata ed i ricorrenti risultano rimessi in libertà.

Tale circostanza determina la perdita di rilevanza della questione, con la conseguenza che l’impugnazione proposta deve essere dichiarata inammissibile per intervenuta carenza di interesse non essendo pervenuta, peraltro, da parte dei ricorrenti, alcuna manifestazione in ordine ad una eventuale persistenza dell’interesse all’impugnazione.

Va aggiunto, con riferimento alla posizione del S., che anche la generica contestazione del fumus del reato ipotizzato depone comunque per una decalaroria di inanmmisisbilità del relativo motivo di ricorso.

I ricorsi devono essere conseguentemente, essere dichiarati inammissibili.

Occorre infine rilevare che quanto in precedenza prospettato costituisce valido elemento per ritenere che "la parte abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità" (Corte Cost. 186/2000), cosicchè non vi è ragione per disporre la condanna alle spese ed al versamento di somme alla Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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