Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 27-05-2011) 07-07-2011, n. 26666

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di M. E. avverso la sentenza emessa in data 7.7.2010 dalla Corte di Appello di Trieste che, in parziale riforma di quella in data 18.9.2009 del GUP del Tribunale di Trieste all’esito del giudizio abbreviato (che aveva concesso le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla recidiva reiterata contestata e unificato i vari delitti con il vincolo della continuazione), tra l’altro, riduceva la pena inflitta ad anni cinque e mesi quattro di reclusione ed Euro 24.000,00 di multa, con interdizione perpetua dai pp.uu. e legale durante l’esecuzione della pena per numerosi delitti di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, commi 1 e 1 bis (detenzione, acquisto e spaccio di hashish), anche in concorso con altri.

Deduce:

1. l’erronea applicazione dell’art. 69 c.p. quanto al diniego di concessione della circostanza attenuante ad effetto speciale di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5;

2. il vizio motivazionale in relazione al diniego del riconoscimento della disciplina della continuazione con reati già giudicati e alla conseguente riduzione della pena invocate nei motivi di appello.

Vi è, inoltre, il ricorso personale dell’Imputato che si duole dell’eccessività della pena e della mancata valutazione della continuazione del reato.

Motivi della decisione

Il ricorso, ritenuta l’unicità dello stesso, è inammissibile essendo le censure mosse aspecifiche e manifestamente infondate.

Anzitutto è palese la sostanziale aspecificità dei i motivi che hanno riproposto in questa sede pedissequamente le medesime doglianze rappresentate dinanzi alla Corte territoriale e da quel giudice disattese con motivazione ampia e congrua, immune da vizi ed assolutamente plausibile.

Ed è stato affermato che "è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero, dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplidtazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591, comma 1, lett. c), all’Inammissibilità (Cass. pen. Sez. 4^, 29.3.2000, n. 5191 Rv.

216473 e successive conformi, quale: Sez. 2^, 15.5.2008 n. 19951, Rv.

240109). Invero, oltremodo accurata e congrua nonchè esente da vizi di sorta è la motivazione addotta per escludere l’impetrata attenuante di cui all’art. 73, comma 5, D.P.R. cit. (sulla scorta sia del dato ponderale sia della destinazione dello stupefacente allo spaccio) che, come correttamente rilevato dal Giudice a quo, avrebbe potuto, ove riconosciuta, solo rientrare nel già effettuato giudizio di equivalenza rispetto alla contestata recidiva reiterata ai sensi dell’art. 69 c.p., comma 4 ostativo al giudizio con criterio di prevalenza.

Corrette ed esaustive sono, del resto, le argomentazioni motivatorie atte ad escludere la possibilità di non tenere conto della recidiva (unica possibilità di eludere il divieto di cui all’art. 69 c.p., comma 4), essendosi rilevata la presenza a carico del ricorrente di ben 10 pagine di precedenti penali di cui 5 condanne per reati per violazione della legge sugli stupefacenti: ad ogni modo la relativa censura non fu addotta in sede di appello e, come tale, non può ritenersi consentita in questa sede ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 3.

Altrettanto congrua e corretta è la motivazione addotta per escludere la possibilità del vincolo della continuazione, non potendosi ravvisare l’identità, ex ante, del disegno criminoso, tra gli attuali reati e quelli oggetto di precedenti condanne passate in giudicato, risalenti ad oltre un anno prima durante il quale si era pure interposto un periodo detentivo: del resto era arduo ritenere che nei progetti coltivati dal ricorrente all’epoca (2007) vi fosse anche quello di riprendere a fornirsi di stupefacente dallo Z. e di spacciarlo non appena tornato in libertà e per tutto l’anno successivo. La pena inflitta, è stata correttamente commisurata essendo stata ricondotta al minimo edittale, in accoglimento del corrispondente motivo d’appello e nel rispetto del rigido disposto di cui all’art. 81 c.p.p., comma 4.

Alla declaratoria di Inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene equo liquidare in Euro 1.000,00, in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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