T.A.R. Puglia Lecce Sez. I, Sent., 11-07-2011, n. 1279 Interpretazione della legge

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza 11 febbraio 2008 n. 96, il Giudice del Lavoro di Lecce dichiarava il diritto del ricorrente (che ha contratto, a seguito di emotrafusioni, epatite di tipo C e che è stato, di conseguenza, indennizzato ai sensi della l. 210 del 1992) "alla rivalutazione annuale, sulla base del tasso di inflazione programmato, anche dell’indennità integrativa speciale di cui all’art. 2, co. 2 l. 210/1992" condannando il Ministero alla corresponsione delle relative somme; l’accoglimento del ricorso proposto dal ricorrente era, in sostanza, determinato dalla sostanziale adesione del Giudicante ad un certo orientamento della Corte di cassazione (cfr. sent. n. 15894 del 28 luglio 2005) che ha così concluso: "l’indennizzo riconosciuto ai soggetti danneggiati da epatiti posttrasfusionali… consta di due componenti, ovvero da un importo fisso ex lege… e dall’indennità integrativa speciale di cui alla legge n. 324 del 1959, componenti da ritenersi entrambe rivalutabili secondo il tasso di inflazione programmata". E ciò in quanto "solo la rivalutazione di entrambe le suddette componenti consente di adeguare il valore della prestazione alle esigenze di vita del danneggiato, in conformità al precetto di cui all’art. 38 secondo comma della Costituzione".

La sentenza passava in giudicato ed era regolarmente eseguita fino al 30.10.2009; per di più, nell’ultimo periodo, l’Amministrazione statale dava applicazione alla previsione dell’art. 11 del d.l. 31 maggio 2010, n. 78 (conv. in l. 30 luglio 2010, n. 122) che reca due disposizioni (i commi 13 e 14) dal seguente tenore: "Il comma 2 dell’articolo 2 della legge 25 febbraio 1992, n. 210 e successive modificazioni si interpreta nel senso che la somma corrispondente all’importo dell’indennità integrativa speciale non è rivalutata secondo il tasso d’inflazione. Fermo restando gli effetti esplicati da sentenze passate in giudicato, per i periodi da esse definiti, a partire dalla data di entrata in vigore del presente decreto cessa l’efficacia di provvedimenti emanati al fine di rivalutare la somma di cui al comma 13, in forza di un titolo esecutivo. Sono fatti salvi gli effetti prodottisi fino alla data di entrata in vigore del presente decreto".

Con il presente ricorso, il ricorrente chiede pertanto alla Sezione, previa eventuale dichiarazione di rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di costituzionalità delle previsioni dei commi 13 e 14 dell’art. 11 del d.l. 78 del 2010, di ordinare al Ministero della Salute "di conformarsi al giudicato di cui alla sentenza del Giudice del Lavoro di Lecce e, quindi, ordinare alla medesima Amministrazione di adeguare l’indennizzo percepito ex lege n. 210/1992 al tasso di inflazione programmata anche per la parte relativa alla indennità integrativa speciale e di corrispondere l’indennizzo adeguato bimestralmente in relazione alla categoria di appartenenza"; chiede altresì la nomina di un Commissario ad acta, per l’ipotesi di perdurante insecuzione da parte dell’Amministrazione della sentenza del Giudice del Lavoro.

Si costituiva in giudizio il Ministero della Salute, controdeducendo sul merito del ricorso.

Alla camera di consiglio del 29 giugno 2011 il ricorso passava quindi in decisione.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato e deve pertanto essere accolto.

La problematica è, infatti, già stata affrontata dalla Sezione con le sentenze 28 marzo 2011 n. 577, 580, 581 e 582 che possono essere richiamate anche in funzione motivazionale della presente decisione: "va innanzitutto affrontata la sollevata eccezione di incostituzionalità e la connessa richiesta di disapplicazione.

Si rammenta al riguardo che l’art. 1 della legge n. 210 del 1992 prevede che "chiunque abbia riportato, a causa di vaccinazioni obbligatorie per legge… lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psicofisica, ha diritto ad un indennizzo da parte dello Stato". L’indennizzo è dovuto anche per danni derivanti da trasfusioni e somministrazione di emoderivati.

Il successivo art. 2 stabilisce poi che il predetto "indennizzo… consiste in un assegno, reversibile per quindici anni… rivalutato annualmente sulla base del tasso di inflazione programmato" (comma 1). Detto indennizzo "è integrato da una somma corrispondente all’importo dell’indennità integrativa speciale di cui alla legge 27 maggio 1959, n. 324… prevista per la prima qualifica funzionale degli impiegati civili dello Stato".

La questione che ha dovuto affrontare la giurisprudenza ha riguardato la possibilità o meno di sottoporre a rivalutazione monetaria anche la quota di indennizzo concernente l’indennità integrativa speciale.

Poiché sul punto si sono formati discordanti orientamenti giurisprudenziali, il legislatore del 2010 ha ritenuto di intervenire mediante una legge di interpretazione autentica, affermando in particolare che "il comma 2 dell’articolo 2 della legge 25 febbraio 1992, n. 210… si interpreta nel senso che la somma corrispondente all’importo dell’indennità integrativa speciale non è rivalutata secondo il tasso d’inflazione" (art. 11, comma 13, decretolegge n. 78 del 2010).

Ora, va subito detto che il successivo comma 14 ha in ogni caso previsto che, "fermo restando gli effetti esplicati da sentenze passate in giudicato, per i periodi da esse definiti, a partire dalla data di entrata in vigore del presente decreto cessa l’efficacia di provvedimenti emanati al fine di rivalutare la somma di cui al comma 13, in forza di un titolo esecutivo. Sono fatti salvi gli effetti prodottisi fino alla data di entrata in vigore del presente decreto".

Tanto premesso, resta dunque da stabilire se il suddetto intervento legislativo del 2010 possa in qualche misura incidere sul contenuto della sentenza di cui si chiede in questa sede l’esecuzione: in particolare, se le somme da corrispondere all’indomani della entrata in vigore del citato decreto legge, alla luce della stessa decisione del giudice del lavoro di Lecce, debbano essere o meno sottoposte, per quanto riguarda la voce integrativa, a rivalutazione monetaria.

In prima battuta, ritiene il collegio di dover precisare che, dinanzi ad un dubbio di legittimità costituzionale di atti aventi forza di legge ( art. 134 Cost.) è preciso dovere del giudice del caso concreto, prima ancora di vagliare la non manifesta infondatezza e la rilevanza della questione ai fini del decidere, la ricerca di una interpretazione adeguatrice, ossia una lettura di tipo conservativo delle norme medesime il cui significato possa rivelarsi sufficientemente conforme (o non contrastante) con il dettato costituzionale (cfr. Corte cost., sent. n. 282 del 15 luglio 2005).

Principio, quello appena delineato, che si applica a tutte le norme giuridiche cui il giudice è chiamato a dare applicazione, ivi ricomprese quelle di interpretazione autentica.

Ebbene, nel caso sottoposto all’attenzione del collegio il senso delle suddette norme interpretative appare sufficientemente chiaro e adeguatamente compatibile con i principi costituzionali, sì da esimere questo giudice amministrativo dal rimettere la prospettata questione di costituzionalità al giudice delle leggi.

Passando infatti all’analisi del testo normativo di cui si discute (art. 11, commi 13 e 14, del decretolegge n. 78 del 31 maggio 2010), da un lato emerge che il divieto di rivalutare la voce integrativa secondo il tasso di inflazione attiene alle quote ancora da corrispondere, ossia a partire dell’entrata in vigore del suddetto provvedimento normativo; dall’altro lato si afferma espressamente la salvezza degli effetti prodottisi per via di riconoscimenti (in merito alla rivalutazione della predetta voce integrativa) avvenuti in sede prevalentemente giurisdizionale.

A quest’ultimo proposito il comma 14 distingue due ipotesi: a) il caso di sentenze passate in giudicato, per cui gli effetti sono fatti salvi anche in relazione a periodi successivi alla loro adozione – e dunque anche successivamente alla entrata in vigore del decreto legge n. 78 del 2010 – qualora detti periodi (si veda l’inciso "per i periodi da esse definiti") siano sostanzialmente presi in considerazione dalle decisioni medesime; b) il caso di provvedimenti adottati in forza di titoli esecutivi (tra cui rientra anche il caso delle sentenze non ancora coperte da giudicato) nel qual caso gli effetti, ossia il riconoscimento della rivalutazione sulla voce integrativa, sono fatti salvi soltanto sino alla entrata in vigore del citato decreto legge.

Tali opzioni – e in particolare quella con cui si manifesta la volontà di preservare le statuizioni coperte da giudicato – sono peraltro conformi alla giurisprudenza costituzionale secondo cui "sono… censurabili le norme il cui intento non sia quello di stabilire una regola astratta, ma di incidere su di un giudicato, non potendo ritenersi consentito al legislatore di risolvere, con la forma della legge, specifiche controversie e di vanificare gli effetti di una pronuncia giurisdizionale divenuta intangibile, violando i principi relativi ai rapporti tra potere legislativo e potere giurisdizionale e concernenti la tutela dei diritti e degli interessi legittimi (cfr. Corte cost., sentenze n. 94 del 2009 e n. 374 del 2000), e ciò anche in funzione di "salvaguardia… di fondamentali valori di civiltà giuridica posti a tutela dei destinatari della norma e dello stesso ordinamento, tra i quali vanno ricompresi il rispetto del principio generale di ragionevolezza e di eguaglianza, la tutela dell’affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto" (cfr. sentenze n. 376 del 2004, n. 291 del 2003, n. 446 del 2002 e n. 282 del 2005).

Per quanto attiene in particolare alla norma censurata, la tesi della insensibilità del giudicato alle disposizioni dettate dal legislatore del 2010 risulta vieppiù avvalorata dall’inciso "per i periodi da esse definiti".

Detto inciso, che fa seguito alla frase "fatti salvi gli effetti delle sentenze passate in giudicato", non può avere altro scopo – in base a canoni di ragionevolezza – se non quello di sancire una volta di più che, quand’anche il giudice del caso concreto avesse riconosciuto la spettanza del diritto alla rivalutazione suddetta nella sua massima estensione (dunque per tutti i 15 anni di durata della relativa misura assistenziale), siffatta statuizione sarebbe insuscettibile di essere incisa da mutamenti normativi sopravvenuti.

Tanto considerato ritiene il collegio che il caso di specie sia da ricondurre alla ipotesi sub a), e ciò sia perché la sentenza di cui si chiede l’esecuzione è pacificamente passata in giudicato, sia perché la decisione stessa, nel condannare l’amministrazione alla corresponsione delle differenze dovute a seguito della rivalutazione sulla voce integrativa dell’indennizzo, ha nella sostanza riconosciuto altresì il diritto della ricorrente ad ottenere la rivalutazione di cui si discute senza limitazioni temporali e dunque per tutto il periodo (pari a 15 anni) relativo alla erogazione dell’indennizzo in questione: si veda in proposito anche il petitum (diretto ad ottenere la suddetta rivalutazione in via generale e definitiva) nonché il contesto entro cui vengono svolte in sentenza le diverse argomentazioni.

D’altra parte risulterebbe irragionevole limitare l’effetto della sentenza di cui si chiede l’esecuzione in questa sede ai soli periodi antecedenti alla sua notifica/comunicazione, con ciò costringendo di fatto gli interessati a presentare un nuovo ricorso ogniqualvolta la PA dovesse corrispondere, in relazione ai periodi successivi, un importo diverso da quello effettivamente dovuto.

Da quanto detto deriva, in primo luogo, il rigetto delle suddette eccezioni di incostituzionalità sia per infondatezza (dal momento che il giudicato non è stato in alcun modo intaccato) sia per difetto di rilevanza (dato che gli ulteriori profili di incostituzionalità, es. irragionevolezza, quand’anche in ipotesi fondati non sarebbero in ogni caso idonei ad incidere sulle posizioni già consolidatesi in capo alle ricorrenti); per le stesse ragioni non può di conseguenza provvedersi alla disapplicazione della normativa più volte citata in relazione al diritto comunitario.

In secondo luogo si ricava l’inadempimento della amministrazione intimata nel dare esatta e completa esecuzione alla sentenza del giudice del lavoro di Lecce, e ciò in quanto sia pur a fronte di un dictum giudiziale sufficientemente chiaro (sostanziale riconoscimento in via definitiva del diritto alla rivalutazione sulle somme integrative) l’amministrazione si è limitata al riconoscimento delle differenze maturate sino ad un determinato periodo di tempo (comunque antecedente alla entrata in vigore del decretolegge n. 78 del 2010) senza per questo provvedere alla erogazione delle ulteriori somme dovute, al medesimo titolo, per il periodo successivo (e "definito" dalla sentenza stessa) e nonostante deponesse in siffatta direzione il chiaro disposto della normativa di carattere interpretativo medio tempore intervenuta (decretolegge n. 78 del 2010)" (T.A.R. Puglia Lecce, sez. I, sent. 28 marzo 2011 n. 577, 580, 581 e 582).

Nei sensi di cui si è detto il ricorso deve dunque essere accolto, conseguendone l’ordine alla Amministrazione intimata di provvedere senza indugio alla esecuzione della sentenza in epigrafe indicata, sia con riferimento al riconoscimento in via definitiva della rivalutazione sulle somme dovute a titolo di indennità integrativa speciale (IIS), sia con riferimento alla corresponsione delle differenze eventualmente non ancora corrisposte, al medesimo titolo, sino al periodo antecedente alla notifica della presente sentenza.

Sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce – Sezione Prima definitivamente pronunciando sul ricorso in premessa lo accoglie e, per l’effetto, ordina all’amministrazione intimata di provvedere alla esatta e completa esecuzione, nei sensi di cui in motivazione, della sentenza 11 febbraio 2008 n. 96 del Tribunale di Lecce – Sezione Lavoro.

Compensa le spese di giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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