T.A.R. Sicilia Palermo Sez. III, Sent., 11-07-2011, n. 1335 Demolizione di costruzioni abusive Sanzioni amministrative e pecuniarie

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

A. – Con ricorso notificato il 25 luglio 1997 e depositato il 22 agosto seguente, la sig.ra C.M. ha impugnato il provvedimento sindacale in epigrafe indicato, con cui è stata accertata l’inottemperanza all’ordine di demolizione di un vano di circa mq 64 realizzato abusivamente sul lotto di terreno, di proprietà della predetta, identificato al catasto al foglio di mappa n. 1, particelle n. 174, 175, 176, 177, 179 e 199, sito nel Comune di Marsala, c.da Birgi Sottano.

Espone:

– di avere realizzato su detto terreno nel 1975 un fabbricato di civile abitazione di circa mq 216 e, nel 1983, un vano staccato di circa mq 64, entrambi senza la necessaria concessione edilizia; e di avere, quindi, ricevuto, con nota n. 259 del 14.04.1984, un ordine di demolizione;

– di avere presentato la relativa domanda di condono ai sensi della l. n. 47/85 e della l.r. n. 37/85, parzialmente respinta con provvedimento n. 27 del 09.01.1996, limitatamente al manufatto realizzato nel 1983, in quanto ricadente entro la fascia di mt 150 dalla battigia e realizzato in epoca successiva al 1976;

– di avere ricevuto il contestato provvedimento di accertamento dell’inottemperanza all’ordine di demolizione del vano di mq 64, che impugna, deducendo i seguenti motivi:

1) Violazione e falsa applicazione art. 7 l. n. 47/85 e art. 49 l.r. n. 71/78 – violazione di procedimento.

La sequenza procedimentale posta in essere non è rispettosa della normativa calendata, atteso che all’ordine di demolizione deve seguire il provvedimento di acquisizione delle opere abusive al patrimonio comunale, funzionale alla demolizione d’ufficio.

2) Violazione e falsa applicazione: dell’art. 23 l.r. n. 37/85; dell’art. 7 l. n. 47/85 – eccesso di potere per contraddittorietà.

Dopo l’entrata in vigore della l. n. 47/85, per disporre l’acquisizione della costruzione abusiva, non può essere utilizzata la diffida a demolire emanata in base alla previgente normativa, essendo, invece, necessario che venga adottata una nuova ordinanza di demolizione; laddove, invece, il Comune di Marsala ha indicato espressamente di dare seguito all’azione intrapresa con l’ordinanza n. 259/84.

3) Violazione e falsa applicazione art. 49 l.r. n. 71/1978.

L’atto implicito di acquisizione si presenta viziato, sia per non essere stato vidimato e reso esecutivo dal Pretore, nella cui giurisdizione ricade il Comune interessato; sia per non contenere l’identificazione catastale dell’area oggetto di acquisizione.

4) Eccesso di potere per difetto di ragionevolezza e illogicità.

L’amministrazione non ha adeguatamente ponderato l’interesse pubblico con gli interessi privati, tenendo conto sia della insistenza del fabbricato in zona occupata da altre costruzioni abusive; sia della possibilità, non valutata, di ricorrere allo strumento dei piani particolareggiati di recupero ai sensi dell’art. 14 della l.r. n. 37/1985.

5) Violazione dell’art. 3 della l.r. n. 10/1991 – difetto di motivazione.

Il provvedimento impugnato, intervenuto dopo un lungo lasso di tempo dalla realizzazione della costruzione, imponeva di valutare la sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale, che ne giustificasse l’adozione, da estrinsecare in apposita motivazione

B. – Il Comune di Marsala, ritualmente intimato, non si è costituito in giudizio.

C. – Con ordinanza cautelare n. 2015 depositata il 15.09.1997, è stata respinta la domanda di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato.

D. – Con memoria depositata in data 26.03.2010 si sono costituiti gli eredi della ricorrente, medio tempore deceduta, insistendo per l’accoglimento del ricorso.

E. – Con ordinanza collegiale n. 489 del 18.03.2011 è stata disposta la rimessione della causa sul ruolo, e fissata per la discussione del merito la pubblica udienza del 17.06.2011.

F. – Alla pubblica udienza del 17 giugno 2011 il ricorso, su richiesta del procuratore di parte ricorrente, è stato posto in decisione.

Motivi della decisione

A. – Il ricorso non è meritevole di accoglimento.

A.1. – Il primo motivo di ricorso è infondato.

Va rilevato, in primo luogo, che l’art. 49 della l.r. n. 71/1978, di cui si lamenta la non corretta applicazione, è stato abrogato dall’art. 39 della l.r. n. 37/1985: di talché trova applicazione, alla fattispecie in esame, l’art. 7 della l. n. 47/1985, il quale, con specifico riferimento alle opere abusivamente eseguite su terreni sottoposti, in base a leggi statali o regionali, a vincolo di inedificabilità – qual è il manufatto oggetto del provvedimento impugnato -, stabilisce che l’acquisizione gratuita, nel caso di inottemperanza all’ingiunzione di demolizione, si verifica di diritto a favore delle amministrazioni cui compete la vigilanza sull’osservanza del vincolo.

In altri termini, nel sistema disciplinato dal menzionato art. 7, l’acquisizione al patrimonio del Comune del bene abusivamente realizzato, e delle aree di sedime e circostanti, opera automaticamente, verificandosi di diritto al compimento del 90° giorno decorrente dalla notifica dell’ingiunzione di demolizione non ottemperata, e non richiede l’adozione di alcuna preliminare determinazione inerente l’esercizio di una scelta da parte del Comune sull’applicabilità della stessa più grave misura acquisitiva, rispetto alla semplice demolizione del manufatto abusivo (Consiglio di Stato, V, 26 gennaio 2000, n. 341; T.A.R. Sicilia, sez. III, 6 marzo 2009, n.480; 20 giugno 2006, n. 1499; T.A.R. Lazio sez. II, 12 aprile 2002, n. 3160).

Nel caso in esame, va notato come la mancata esecuzione dell’ordine di demolizione n. 259/1984 sia stata determinata dalla presentazione, da parte della ricorrente originaria, dell’istanza di sanatoria, ai sensi della l. n. 47/1985 e della l.r. n. 37/1985; fase di esecuzione, la quale è stata legittimamente riavviata dall’amministrazione comunale a seguito dell’adozione della determinazione parzialmente negativa sull’istanza di condono, non impugnata da parte ricorrente e, come tale, divenuta incontestabile.

Quando alla dedotta impossibilità, per il Comune, di procedere alla immissione nel possesso e alla trascrizione nei registri immobiliari, va rilevato che – in mancanza di espressa previsione legislativa che imponga un tale onere – il Comune può procedere, in un secondo tempo, all’individuazione dell’area oggetto di acquisizione ai fini dell’immissione nel possesso e della trascrizione.

Non senza notare, peraltro, che, in applicazione dell’art. 7, comma 4, della citata l. n. 47/1985, l’accertamento dell’inottemperanza all’ingiunzione a demolire – qual è il provvedimento impugnato – nel termine di cui al precedente comma 3 (novanta giorni), previa notifica all’interessato, costituisce titolo per l’immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari.

A.2. – Anche il secondo motivo va disatteso.

Va, in primo luogo, rilevato che il (parziale) diniego di concessione in sanatoria non è stato impugnato, sicché, una volta consolidatosi per la parte relativa al vano di circa mq 64, ha connotato definitivamente detta opera come illecito non sanabile.

Ciò premesso, non ignora il Collegio l’esistenza dell’opzione ermeneutica, secondo cui, qualora a seguito dell’ordine di demolizione il destinatario presenti una domanda di sanatoria, il provvedimento sanzionatorio sarebbe privato dei suoi effetti, con obbligo della P.A. di adottare, in caso di diniego di condono, una nuova ordinanza di demolizione.

Ritiene, tuttavia, anche avuto riguardo alla peculiarità del caso in specie – in cui l’istanza di sanatoria è stata parzialmente respinta, e non è stata oggetto di contestazione, e l’abuso ricade in zona soggetta a vincolo di inedificabilità – di fare proprio il diverso più recente orientamento, secondo cui "la validità ovvero l’efficacia dell’ordine di demolizione non risultano pregiudicate, con la pretesa automaticità, dalla successiva presentazione di un’istanza ex art. 36 del d.p.r. 380/2001" (cfr. Tar Campania Sez. II n. 9757 del 19.10.2007, n. 8345/2007, n. 10128/2004, n. 816/2005).

E’ stato, in particolare, evidenziato, che "nel sistema non è rinvenibile una previsione dalla quale possa desumersi un tale effetto, sicché, se, da un lato, la presentazione dell’istanza ex art. 36 D.P.R. 380/2001 determina inevitabilmente un arresto dell’efficacia dell’ordine di demolizione, all’evidente fine di evitare, in caso di accoglimento dell’istanza, la demolizione di un’opera che, pur realizzata in assenza o difformità dal permesso di costruire, è conforme alla strumentazione urbanistica vigente, dall’altro, occorre ritenere che l’efficacia dell’atto sanzionatorio sia soltanto sospesa, cioè che l’atto sia posto in uno stato di temporanea quiescenza.

All’esito del procedimento di sanatoria, in caso di accoglimento dell’istanza, l’ordine di demolizione rimarrà privo di effetti in ragione dell’accertata conformità dell’intervento alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso sia al momento della presentazione della domanda, con conseguente venir meno dell’originario carattere abusivo dell’opera realizzata.

Di contro, in caso di rigetto dell’istanza, l’ordine di demolizione a suo tempo adottato riacquista la sua efficacia, che non era definitivamente cessata, bensì era rimasta solo sospesa in attesa della conclusione del nuovo iter procedimentale, con la sola precisazione che il termine concesso per l’esecuzione spontanea della demolizione deve decorrere dal momento in cui il diniego di sanatoria perviene a conoscenza dell’interessato, che non può rimanere pregiudicato dall’avere esercitato una facoltà di legge, quale quella di chiedere l’accertamento di conformità urbanistica, e deve pertanto poter fruire dell’intero termine a lui assegnato per adeguarsi all’ordine, evitando così le conseguenze negative connesse alla mancata esecuzione dello stesso.

In sostanza, considerato che il procedimento di verifica della compatibilità urbanistica dell’opera avviato ad istanza di parte è un procedimento del tutto autonomo e differente dal precedente procedimento sanzionatorio avviato d’ufficio e conclusosi con l’ordinanza di demolizione dell’opera eseguita in assenza o difformità del titolo abilitativo, il Collegio ritiene che non sussista motivo per imporre all’amministrazione comunale il riesercizio del potere sanzionatorio a seguito dell’esito negativo del procedimento di accertamento di conformità urbanistica, atteso che il provvedimento di demolizione costituisce un atto vincolato a suo tempo adottato in esito ad un procedimento amministrativo sul quale non interferisce l’eventuale conclusione negativa del procedimento ad istanza di parte ex art. 36 D.P.R. 380/2001.

Un nuovo procedimento sanzionatorio, infatti, si rivelerebbe, in assenza di un’espressa previsione legislativa, un’inutile ed antieconomica duplicazione dell’agere amministrativo (cfr. anche T.a.r. Campania, Sezione III, n. 10369/06).

In applicazione dei suddetti principi, desumibili anche dalla normativa illo tempore vigente, contenuta nell’art. 38 della l. n. 47/85, deve ritenersi, tornando al caso in esame, che la validità e l’efficacia dell’originario titolo ingiuntivo (id est ordinanza di demolizione) – anche per effetto della definizione con provvedimento parzialmente negativo del procedimento di sanatoria – restano definitivamente consolidate, ed il predetto provvedimento monitorio vale definitivamente a conformare la posizione di parte ricorrente.

In altri termini, si riespande la valenza precettiva dell’ordine di demolizione, i cui effetti, quanto ai successivi sviluppi, restano direttamente governati dalla disciplina di settore sopra richiamata.

A.3. – Anche il terzo motivo non merita accoglimento.

Quanto alla mancata vidimazione del provvedimento da parte del pretore, va, in primo luogo, rimarcato che l’art. 49 della l.r. n. 71/1978 è stato abrogato dall’art. 39 della l.r. n. 37/1985: ne consegue l’inapplicabilità della norma al caso in specie.

Quanto, poi, alla dedotta mancanza di identificazione catastale, va ribadito che – in mancanza di espressa previsione legislativa – il Comune può procedere, in un secondo tempo, all’individuazione dell’area oggetto di acquisizione ai fini dell’immissione nel possesso e della trascrizione.

A.4. – Va disattesa anche la quarta articolata censura.

Quanto alla asserita mancata valutazione dell’interesse pubblico, va richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui i provvedimenti che ordinano la demolizione di manufatti abusivi non abbisognano di congrua motivazione in ordine all’attualità dell’interesse pubblico alla rimozione dell’abuso – che è in re ipsa, consistendo nel ripristino dell’assetto urbanistico violato (C.G.A. 5 dicembre 2002, n. 651; T.A.R. Campania, sez. IV, 4 luglio 2001, n. 3071; 13 giugno 2002, n. 3485; 20 ottobre 2003, n. 12962; T.A.R. Sicilia, sez. III, 26 ottobre 2005, n. 4105, sez. II, 27 marzo 2007, n. 979).

Pertanto, l’ordinanza di demolizione di opere edilizie abusive è sufficientemente motivata con riferimento all’oggettivo riscontro dell’abusività delle opere ed alla sicura assoggettabilità di queste al regime concessorio (T.A.R. Lazio, Roma, Iquater, 8 giugno 2011, n. 5082; T.A.R. Campania, Napoli, sez. IV, 2 dicembre 2004, n. 18085). Tali provvedimenti, infatti, prescindono da qualsiasi valutazione discrezionale dei fatti e sono subordinati al solo verificarsi dei presupposti stabiliti dalla legge, così che, una volta accertata la consistenza dell’abuso, non vi è alcun margine di ponderazione per l’interesse pubblico eventualmente collegato (ex plurimis: Consiglio Stato, sez. IV, 27 aprile 2004, n. 2529; T.A.R. Sicilia, sez. II, 8 giugno 2007, n. 1653; sez. III, n.504/2008, che richiama, in tal senso: T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, sent. 8 giugno 2007, n.6038; T.A.R. Toscana, Firenze, Sez. III, sent. 13 aprile 2005, n.1596; TAR Campania, Napoli, sez. IV, sent. 4 febbraio 2004, n.1563).

Né può rilevare, nel senso di rendere illegittimo il provvedimento impugnato, la circostanza che, secondo quanto dedotto da parte ricorrente, nella stessa zona ricadano numerosi altri fabbricati abusivi, posto che ciò non può comunque fare venir meno il carattere abusivo di quelli realizzati senza concessione o autorizzazione (cfr., in tal senso: T.A.R. Sicilia, Palermo, III, n. 999/ 2008).

Infine, l’assunto secondo cui il fabbricato avrebbe dovuto costituire oggetto di sanatoria, previa approvazione dei piani particolari di recupero, e in quanto "…la costruzione è parte di un insediamento abitativo in gran parte abusivo", è infondato, dato che:

– ai sensi dell’art. 14 della l.r. n. 37/1985, la redazione dei piani particolareggiati di recupero urbanistico è obbligatoria solamente "… nel caso in cui gli agglomerati individuati abbiano una consistenza volumetrica non inferiore a 12 mila metri cubi per ettaro, prevalentemente abusiva, a prescindere dal numero dei fabbricati e dalla distanza esistente fra gli stessi e, nei casi con volumetrie inferiori, a condizione che gli agglomerati siano caratterizzati da gravi carenze igienicosanitarie per assoluta mancanza di opere di urbanizzazione primaria e da degrado ambientale"; circostanze e presupposti, questi, circa la cui sussistenza parte ricorrente nulla deduce, né offre alcun concreto principio di prova.

Per il resto, la formazione e l’approvazione di detti piani, costituenti varianti allo strumento urbanistico generale, costituisce attività ampiamente discrezionale, nell’ambito della complessa azione – di esclusiva prerogativa dell’organo consiliare dell’ente locale – di governo del territorio;

– l’art. 12 della l.r. n. 26/1986 prevede la sanabilità delle costruzioni abusive in aree vincolate solo qualora esse risultino "… già ricomprese in piani particolareggiati di recupero approvati e siano compatibili con i piani stessi e sui piani particolareggiati si siano espressi gli enti preposti alla tutela dei vincoli"; di tal che è la stessa norma a negare qualsivoglia rilevanza giuridica ad eventuali piani di recupero "in itinere", o solamente ipotizzabili (cfr. in senso conforme: T.a.r. Sicilia, Palermo, III, 26 ottobre 2010, n. 13366).

A.5. – Va, infine, respinto il quinto ed ultimo motivo di ricorso.

La natura vincolata dei provvedimenti repressivi degli abusi edilizi rende di per sé sufficiente la motivazione resa dall’amministrazione comunale che si limiti a richiamare il presupposto di fatto che fonda l’ordine di demolizione (T.A.R. Sicilia, sez. II, 13 marzo 2007, n. 791)

Peraltro, nel caso di specie l’abuso è stato realizzato in zona sottoposta a vincolo di inedificabilità assoluta, di talché nessuna ulteriore motivazione si rendeva necessaria, oltre al richiamo all’esistenza, non contestata, di detto vincolo.

B. – Conclusivamente, il ricorso deve essere respinto, per le considerazioni sopra esposte, con salvezza del provvedimento impugnato.

C. – Nulla è a statuirsi per le spese, in quanto il Comune di Marsala non si è costituito.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione Terza, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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