Cass. civ. Sez. V, Sent., 25-11-2011, n. 24934 ICI

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Comune di Gassino Torinese, preso atto che G.M. aveva ottenuto la rendita catastale definitiva per un immobile di sua proprietà tramite conciliazione giudiziale con la Agenzia del Territorio nel 2003, rendita di importo superiore a quella precedente notificava al contribuente avviso di liquidazione di ICI, oltre a sanzioni, relativa all’anno 2002.

Il contribuente impugnava l’avviso innanzi alla CTP di Torino, che respingeva il ricorso con condanna alle spese.

Proponeva appello il G., e la Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, con sentenza n. 39/1/07, in data 29-6-2007, depositata il 4/10/2007, respingeva il gravame, confermando la sentenza impugnata.

Avverso la sentenza il contribuente propone ricorso per cassazione, con dieci motivi.

Il Comune non svolge attività difensiva.

Motivi della decisione

Occorre rilevare la singolarità della esposizione delle censure, che, ad eccezione dell’ultima, contengono in rubrica quale oggetto la violazione di plurime violazioni di legge, e la citazione ivi anche dell’art. 360 c.p.c., n. 5, ovvero vizio di motivazione.

Nel corpo dei motivi, per converso, si deduce unicamente vizio di motivazione, sotto il duplice profilo della carenza assoluta di motivazione o della motivazione meramente apparente, in quanto la CTR aveva respinto il gravame omettendo di indicare gli elementi da cui aveva tratto il convincimento, ovvero richiamandosi in modo apodittico alle argomentazioni del primo giudice, senza riferirle nemmeno sommariamente, non consentendo di identificare il procedimento logico-giuridico alla base della decisione.

Tale esposizione è identica per tutti i motivi ad eccezione dell’ultimo. Questo concerne violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15, comma 2 bis e della tariffa professionale, nonchè dell’art. 112 c.p.c. in quanto il giudice di appello, pronunciando su un motivo di impugnazione in ordine alla liquidazione delle spese, aveva ecceduto sia i minimi che i massimi tariffari.

Conclude con il seguente quesito di diritto: "E’ viziata da ultrapetizione la condanna alle spese processuali per un ammontare superiore ad Euro 845,00 rispetto a quello richiesto, o che avrebbe dovuto essere richiesto, con il deposito della nota spese? A maggior ragione se è stata inserita una voce di tariffa per una attività non svolta?" In primo luogo, i motivi dall’uno al nove per la parte concernente le asserite violazioni di legge sono inammissibili per mancanza dei quesiti di diritto di cui all’art. 366 bis c.p.c., applicabile "ratione temporis"; peraltro è carente la illustrazione di merito degli stessi, non surrogabile con richiami alle premesse di narrativa relative alla sentenza di primo grado. Il mezzo concernente la carenza di motivazione, nell’ambito del primo motivo, è inammissibile, in primo luogo per mancanza di uno specifico "momento di sintesi" come richiesto dall’art. 366 bis c.p.c., rimanendo pertanto assolutamente generico, ed in secondo luogo perchè, sotto il profilo di omessa motivazione, si eccepisce sostanzialmente un vizio di mancata corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, non essendosi la CTR espressa in modo specifico sul motivo di appello di cui alle violazioni di legge elencati nella rubrica del mezzo impugnazione, vizio che doveva essere denunciato ai sensi dell’art. 112 c.p.c., e non quale difetto di motivazione.

I successivi motivi fino al nove compreso, di identico contenuto per la censura di carenza di motivazione, sono mere ripetizioni del primo e valgono le stesse considerazioni, in rapporto alle singole violazioni di legge che si assumono non considerate dal giudice di appello, con identica conclusione di inammissibilità dei mezzi sotto il profilo del vizio di motivazione.

Il decimo motivo è inammissibile per errata formulazione del quesito di diritto, svolto in forma di semplice richiesta alla Corte di valutare la sussistenza o meno di una extrapetizione, propugnando una richiesta di indagine di puro fatto, in luogo di una esposizione comparata della "regula iuris" applicata dalla sentenza impugnata in rapporto a quella diversa proposta dal ricorrente.

Il ricorso è pertanto infondato e deve essere rigettato. Nulla per le spese, in mancanza di costituzione dell’ente intimato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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