Cons. Stato Sez. III, Sent., 12-07-2011, n. 4179 Detenzione abusiva e omessa denuncia Porto abusivo di armi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.1. Il signor A. F., con atto notificato il 19 aprile 2011 e depositato il 12 maggio 2011, ha proposto appello, con istanza di sospensiva, per la riforma della sentenza n. 13 del 15 dicembre 2010, depositata il 20 gennaio 2011, con cui il Tribunale amministrativo regionale dell’Umbria ha respinto i ricorsi avverso il decreto di divieto di detenzione di armi e munizioni del Prefetto di Perugia n. 22838 del 16 giugno 2008 e il decreto del Questore di Perugia di sospensione della licenza di porto di fucile per uso caccia n. 6F 2008 del 20 giugno 2008, che erano stati adottati a seguito del tentativo di suicidio della moglie, messo in atto con il fucile del signor F..

1.2. Il ricorrente aveva dedotto le censure di abnormità e non proporzionalità di tali provvedimenti, asserendo di aver regolarmente denunciato e custodito i sei fucili in suo possesso e adottato tutte le cautele necessarie, per cui non era responsabile per un gesto imprevedibile e improvviso commesso dalla moglie, che era ovviamente a conoscenza del luogo ove era riposta la chiave dell’armadio in cui erano posti i fucili (cassetto del comodino della camera da letto).

I giudici di prime cure hanno respinto tali censure. Hanno osservato, invero, che le cautele poste in essere dall’interessato erano risultate, alla prova dei fatti, inadeguate e comunque insufficienti ad evitare l’evento lamentato, venendo così meno l’affidabilità richiesta dall’articolo 39 del R.D. n. 773/1931 (T.U.L.P.S.) anche in prospettiva.

2. Con l’appello in epigrafe il signor F. ripropone i motivi già dedotti in primo grado, censurando i provvedimenti già impugnati per illogicità della motivazione e incongruità della valutazione del citato tragico fatto. Soggiunge che il Tribunale (pemale) del Riesame ha dissequestrato le armi, il Tribunale dei Minorenni gli ha assegnato la cura dei figli minori e il GIP ha archiviato il procedimento a suo carico.

3. Il Ministero dell’Interno, l’U.T.G. – Prefettura di Perugia e la Questura di Perugia si sono costituiti tramite l’Avvocatura generale dello Stato con atto formale del 26 maggio 2011, e alla camera di consiglio del 10 giugno 2011, presenti le parti, relatore il consigliere Stelo la causa è stata trattenuta in decisione ai sensi dell’articolo 60 c.p.a..

4.1. Ciò premesso in fatto l’appello è infondato e va respinto, condividendo le argomentazioni già svolte dal T.A.R. alle quali si fa richiamo.

In effetti l’appellante non adduce alcun elemento o circostanza tale da incidere la sentenza impugnata che invero è articolata, chiara, esauriente e congruamente motivata, sì da non prestarsi a dubbi, perplessità o precisazioni di sorta.

4.2. Il richiamato articolo 39 R.D. n. 773/1931 assegna al prefetto la facoltà di vietare la detenzione della armi, munizioni e materie esplodenti alle persone ritenute capaci di abusarne ed è ormai unanimemente ritenuto sufficiente che il soggetto abbia dato prova di non essere del tutto affidabile quanto al loro uso, anche per non aver posto in essere tutte le cautele necessarie per la custodia delle stesse.

È indubbio che il signor F. ha adottato specifiche misure strutturali per la conservazione delle armi e per la loro sottrazione alla disponibilità di altre persone, ma quelle misure, astrattamente idonee, non si sono rivelate in concreto sufficienti a tali fini, in quanto il coniuge era comunque a conoscenza del posto, di non difficile individuazione, in cui era situata la chiave del mobile ove erano state collocate le armi.

La qualità di coniuge e la connessa convivenza non esoneravano l’interessato dal rendere comunque incognito o inaccessibile quel posto, per cui il tragico gesto posto in essere è stato di certo agevolato dalla inadeguatezza delle cautele adottate del signor F..

Conviene osservare, del resto, che il provvedimento di cui all’art. 39 t.u.l.p.s. non è la sanzione per una condotta lato sensu colpevole, di tal che ad esso si possa opporre, in ipotesi, la noncolpevolezza del soggetto interessato. E’, invece, un tipico provvedimento di pubblica sicurezza, vale a dire una misura preventiva intesa a rimuovere una situazione oggettiva di pericolo. Pertanto detto provvedimento può essere adottato anche quando il pericolo di abuso delle armi non sia determinato personalmente dal loro proprietario, bensì da una persona convivente o che comunque abbia libero ingresso all’abitazione – a meno che il titolare non dimostri di custodirle in modo tale da rendere realmente inaccessibili a chicchessia. Quest’ultima condizione, nella specie, non si è verificata anzi è stata smentita dai fatti. Ed invero il ricorrente ha ammesso che la moglie sapeva dove fosse conservata la chiave, il che equivale a dire che costei poteva impossessarsene in qualsiasi momento; e ciò è realmente avvenuto con un tentativo di suicidio. La necessità di un intervento dell’autorità di pubblica sicurezza appare duqnue evidente.

5. Per le considerazioni che precedono l’appello è infondato e va respinto. Le spese seguono la soccombenza, non potendosi ravvisare nel giudizio di secondo grado ragioni equitative per disporre altrimenti, nella liquidazione si terrà conto del carattere solo formale delle difese avversarie.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l’appellante al pagamento delle spese del grado, che liquida in euro 1.000 oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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