Cons. Stato Sez. III, Sent., 12-07-2011, n. 4176 Stranieri

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il signor I. Y., con atto notificato il 29 dicembre 2009 e depositato il 21 gennaio 2010, ha proposto appello, con istanza di sospensione, per la riforma della sentenza breve n. 2647 del 7 ottobre 2009, depositata il 26 ottobre 2009, con cui il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto – Sezione III ha respinto il ricorso presentato avverso il decreto del Questore di Treviso n. 11/2008 del 21 giugno 2009, recante la revoca della carta di soggiorno, con connesso invito a lasciare il territorio nazionale, a seguito dell’esistenza di più pendenze penali a carico e della connessa pericolosità per la sicurezza pubblica.

Il T.A.R., nella sentenza impugnata, ha richiamato le pendenze penali e in particolare il procedimento penale per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti conclusosi presso il Tribunale di Treviso con l’applicazione della pena su richiesta, ritenendo generiche altre varie censure dedotte e non sufficiente l’attività lavorativa svolta per tre settimane nel 2009, e concludendo per la dimostrata pericolosità del soggetto.

2. Con l’appello in epigrafe il signor I. Y. deduce la carenza e/o l’insufficienza della motivazione della sentenza impugnata in ordine all’istanza di sospensione del provvedimento impugnato, che non sarebbe stata esaminata e comunque non si sarebbe valutata adeguatamente la complessiva situazione del nucleo familiare (padre che lavora, madre, otto fratelli), che si trova regolarmente in Italia da tanti anni.

Soggiunge che il T.A.R. lo ha erroneamente inserito nelle categorie dei soggetti pericolosi senza alcun riferimento alla composizione della famiglia e alle condizioni e alla condotta di vita dell’interessato, dando astrattamente rilievo invece ad un unico episodio penalmente rilevante, conclusosi con sospensione condizionale della pena, peraltro di breve durata.

3. La VI Sezione del Consiglio, con ordinanza n. 756 del 16 febbraio 2010, ha respinto l’appello cautelare in quanto "appare sprovvisto di fumus con riguardo alla pluralità di precedenti penali da cui è attinto l’appellante".

4. Il Ministero dell’Interno, tramite l’Avvocatura generale dello Stato, si è costituito con mero atto formale dell’8 febbraio 2010, e all’udienza pubblica del 10 giugno 2011, presenti le parti, relatore il consigliere Stelo la causa è stata trattenuta in decisione.

5.1. Ciò premesso in fatto, l’appello è infondato e va respinto, essendo condivisibili le argomentazioni già svolte dal T.A.R., alle quali si fa richiamo.

In effetti l’appellante non adduce elementi e circostanze tali da incidere la sentenza impugnata che è invero articolata, chiara, esauriente e congruamente motivata, sì da non prestarsi a dubbi, perplessità o precisazioni di sorta.

5.2. Si premette che risulta del tutto inammissibile la lamentela dedotta circa l’omessa o insufficiente motivazione della sentenza impugnata circa la istanza di sospensione dedotta in primo grado.

Risulta infatti, del testo della sentenza, che nel corso della camera di consiglio fissata nel giudizio in epigrafe il presidente del collegio ha comunicato alle parti presenti (ricorrente e Ministero) come, all’esito, avrebbe potuto essere emessa decisione in forma semplificata, in base a quanto dispongono gli articolo 21, comma 11, e 26, commi 4 e 5, della legge 6 dicembre 1971 n. 1034, e che le parti presenti non hanno espresso rilievi o riserve; e che quindi sussistevano effettivamente i presupposti per pronunciare sentenza in forma abbreviata che in ogni caso ha esaminato le censure dedotte.

5.3. In effetti il provvedimento del Questore di Treviso in realtà contiene tutti gli elementi indispensabili, in fatto e in diritto, per configurare la fattispecie all’esame.

Infatti, afferma che a carico del signor I. Y. risulta pendente un procedimento penale presso la Procura della Repubblica di Treviso (R.G.R. n. 3914/08) per il reato di detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti – art. 73 del D.P.R. n. 309/90, e che nei confronti dello stesso sono state trasmesse informative all’A.G. per i reati di cui agli articoli 624 e 648, 612, e 588 cod. pen.; richiama quindi gli articoli 4, 5 comma 5, 9 comma 3, e 13 comma 2 del decreto legislativo n. 286/1998, recante specifiche disposizioni relative al rilascio e al rinnovo, al diniego e alla revoca del permesso e della carta di soggiorno, in presenza di particolare procedimenti, reati e condanne, e quindi all’espulsione per motivi di pericolosità sociale; soggiunge che, per i richiamati elementi, si deve ritenere che la persona, per il suo comportamento, vive abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose ed è pertanto pericolosa per la tranquillità e la sicurezza pubblica, ai sensi dell’articolo 1 della legge n. 1423/1956.

Quindi non ha alcun pregio l’asserita "astrattezza" attribuita alla valutazione della situazione

personale dell’interessato da parte della Questura che invece contiene una precisa disanima della pericolosità sociale del soggetto, sinteticamente ma adeguatamente motivata, immune da macroscopici vizi di illogicità e irrazionalità, e che ha portato conseguenzialmente e doverosamente alla revoca della carta di soggiorno e all’invito ad allontanarsi dal territorio italiano.

Invero, nel caso di specie non solo la condanna riportata all’attuale appellante rientra fra quelle ostative, ex se, del rilascio o del successivo rinnovo del permesso di soggiorno, ma sono stati evidenziati dall’Amministrazione ulteriori circostanze tali da indurre al ragionevole convincimento che l’attuale appellante potesse vivere, almeno in parte, dei proventi di attività criminose, ai sensi e per gli effetti della legge n. 1423/1956.

Ne consegue che l’interessato, per quanto sopra, rientra nella categoria dei soggetti pericolosi per la tranquillità e sicurezza ai sensi della citata legge n. 1423/1956, per i quali è prevista l’espulsione dal territorio nazionale ex articolo 13 decreto legislativo n. 286/1998; lo stesso, come precisato, a conclusione del procedimento penale n. 3914/08, ha patteggiato la pena ai sensi dell’articolo 444 c.p.p..

Né hanno pregio infine le considerazioni concernenti il nucleo familiare, in presenza di oggettivi accertati elementi negativi riferentisi direttamente alla persona dell’appellante.

6. Per le considerazioni che precedono l’appello è infondato e va respinto, disponendosi la compensazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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