Cons. Stato Sez. III, Sent., 12-07-2011, n. 4175 Stranieri

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.1. Il signor A. T., con atto notificato il 31 dicembre 2009 e depositato il 19 gennaio 2010, ha proposto appello, con istanza di sospensione, per la riforma della sentenza breve n. 3641 del 7 aprile 2009, depositata il 7 maggio 2009, con cui il Tribunale amministrativo regionale della Lombardia – Milano – Sezione IV ha dichiarato irricevibile il ricorso avverso il decreto della Questura di Milano n. 4866 del 21 gennaio 2007, recante l’annullamento del permesso di soggiorno a seguito della pendenza, presso la Procura della Repubblica di Milano, di procedimento penale per aver prodotto falsa documentazione circa l’esistenza di rapporto di lavoro con la "M. S. soc. coop. a.r.l.", anch’essa coinvolta nel procedimento, per associazione a delinquere e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, utilizzata per ottenere il permesso stesso, e quindi per il venir meno della disponibilità di reddito derivante da fonti lecite.

1.2. Il T.A.R., ai fini della dichiarata irricevibilità del ricorso, ha ritenuto di non dover concedere la richiesta rimessione in termini, posto che le giustificazioni addotte non consentivano l’applicazione, nel caso di specie, dell’istituto dell’errore scusabile.

Le difficoltà addotte dall’interessato circa l’asserita scarsa comprensione della lingua italiana e la mancata traduzione del provvedimento in una lingua conosciuta, nonché il reperimento di un difensore trovandosi fuori del territorio italiano, non sono state ritenute ragioni oggettive sufficienti per la configurazione dell’errore scusabile.

È stato precisato al riguardo che il signor A. T. si trovava in Italia dal 1992 con permesso di soggiorno, il provvedimento in questione era stato tradotto anche in lingua francese (assai conosciuta in Marocco) e che i moderni sistemi di comunicazione avrebbero agevolato la ricerca di un difensore.

2. L’interessato, con l’appello in epigrafe, ripropone i motivi a supporto della rimessione in termini, connessi sia alla mancata traduzione del provvedimento in lingua a lui conosciuta, attese le difficoltà di comprendere la lingua italiana scritta e la stessa lingua francese sia alla circostanza che il citato decreto venne notificato il 7 luglio 2008 unitamente al provvedimento di respingimento che ha comportato l’immediato reimbarco in Marocco, ove non è stato possibile reperire i documenti necessari, tutti conservati in Italia, e quindi apprestare la propria difesa.

Rinnova poi le censure di merito dedotte in primo grado, invocando l’articolo 5 del decreto legislativo n. 286 del 25 luglio 1998 circa i sopravvenuti nuovi elementi consistenti nel reperimento di altro lavoro e quindi nell’ inserimento sociolavorativo ormai da molti anni.

Infine deduce nuovamente le violazioni degli articoli 7 e 10 bis della legge 241/1990, contestando l’irreperibilità asserita nel decreto questorile e la sussistenza di esigenze di celerità.

3. La Sezione VI del Consiglio, con ordinanza n. 700 del 9 febbraio 2010, depositata il 10 febbraio 2010, ha respinto l’appello cautelare, ritenuto che non risultava acquisita in atti documentazione adeguata per una rivalutazione del richiesto beneficio dell’errore scusabile.

4. Il Ministero dell’Interno, tramite l’Avvocatura generale dello Stato, si è costituito con mero atto formale datato 2 febbraio 2010 e depositato il 4 febbraio 2010, e all’udienza pubblica del 10 giugno 2011, presente l’Avvocatura e non comparsa la parte ricorrente, relatore il consigliere Stelo la causa è stata trattenuta in decisione.

5.1. Ciò premesso in fatto, l’appello è infondato e va respinto.

L’appellante invero si è limitato a riproporre motivi già dedotti in primo grado senza addurre elementi o circostanze tali da incidere la sentenza impugnata, che non si presta a dubbi o perplessità di sorta.

5.2. L’oggetto della controversia riguarda la sussistenza o meno di ragioni oggettive che giustifichino la concessione del beneficio dell’errore scusabile e quindi la riammissione in termini ai fini della tempestività del ricorso di primo grado notificato il 27 febbraio 2009 e cioè dopo vari mesi dalla consegna del decreto questorile (7 luglio 2008).

Le difficoltà prospettate dall’appellante (scarsa conoscenza della lingua e impossibilità di contattare un difensore perché all’estero), a ben vedere non si appalesano tali da impedire al momento (e cioè almeno fin dal 7 luglio 2008) l’attivazione, a sua tutela, delle iniziative necessarie sul piano della doverosa diligenza per contrastare tempestivamente e compiutamente i provvedimenti sanzionatori assunti dall’Amministrazione, sia per la ricerca del difensore sia per la migliore comprensione del francese, lingua di certo utilizzata proprio al fine di agevolare la lettura.

Ciò nello spirito dell’articolo 2, comma 6, del d.lsg. n. 286/1998, secondo cui, " ai fini della comunicazione allo straniero dei provvedimenti concernenti l’ingresso, il soggiorno e l’espulsione, gli atti sono tradotti, anche sinteticamente, in una lingua comprensibile al destinatario, ovvero, quando ciò non sia possibile, nelle lingue francese, inglese o spagnola, con preferenza per quella indicata dall’interessato".

D’altra parte l’appellante ammette che la traduzione dell’atto in lingua conosciuta non costituisce un requisito di legittimità e sostiene l’incapacità di leggere l’italiano nonostante la lunga permanenza in Italia e il francese che, sia pure lingua ufficiale in Marocco, avrebbe una circolazione ristretta.

Prosegue con il forzoso rientro in Marocco a seguito di contestuale notifica del provvedimento di cui trattasi e del decreto di espulsione, con le conseguenti difficoltà di disporre dei documenti conservati in Italia, soggiungendo poi, sorvolando sulla grave vicenda in cui è stato coinvolto penalmente, che è stato assunto ancor prima dell’adozione del provvedimento stesso con altra ditta con rapporto ancora in corso, e che l’esecuzione della sentenza impugnata lo costringerebbe a lasciar e l’Italia e a cessare l’attività lavorativa.

5.3. Il signor T. quindi, come accennato nella citata ordinanza cautelare, non fornisce alcuna prova oggettiva, inequivocabile e probante per poter conseguire il beneficio dell’errore scusabile, bensì solo indicazioni generiche e tautologiche, anche confuse e contraddittorie.

Ne consegue la conferma della sentenza impugnata, con la dichiarazione di irricevibilità del ricorso proposto in primo grado, che, per valenza pregiudiziale, preclude l’esame degli altri profili qui riprodotti, non senza sottolineare la gravità dei reati ascritti, con la conseguente inesistenza del rapporto di lavoro oggetto del decreto del Questore, e la natura cautelare e urgente, che giustifica anche il ricorso agli articoli 21 octies e nonies della legge n. 241/1990 per quanto concerne le mancate comunicazioni e l’annullamento d’ufficio, del provvedimento di pubblica sicurezza quale quello di cui si discute, che per di più prevede la possibilità di ricorso gerarchico al Prefetto per le deduzioni anche di puro merito.

6. Per le considerazioni che precedono l’appello è infondato e va respinto, disponendo la compensazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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