Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 13-05-2011) 07-07-2011, n. 26664

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

M.N. e N.R. ricorrono in cassazione avverso la sentenza, in data 22.10.2010, della Corte d’Appello di Torino di conferma della sentenza di condanna emessa nei loro confronti il 3.05.2010 dal Tribunale dello stesso capoluogo in ordine al delitto di concorso in tentativo di furto aggravato.

La sentenza impugnata rileva che in fatto è rimasto pacificamente accertato che gli imputati, a bordo di un’autovettura, si erano fermati in corrispondenza di un complesso immobiliare chiuso da un muro di cinta. Uno degli occupanti (il G., non ricorrente) dell’autovettura ne era disceso ed aveva scavalcato la recinzione, gli altri erano rimasti in automobile. Il primo, mentre si trovava nel cortile, era stato notato da un abitante della zona, che, resosi conto delle intenzioni dell’uomo, richiedeva l’intervento delle forze dell’ordine e provocava, pertanto, la fuga degli imputati accortisi di tanto. Ma, poco dopo, venivano fermati da una pattuglia della polizia, prontamente intervenuta, e sulla vettura venivano trovati vari strumenti idonei allo scasso. In sede di convalida tutti gli imputati hanno ammesso i fatti.

I ricorrenti (il N. con un proprio ricorso e con altro unitamente al M.) denunciano violazione di legge e vizio di motivazione, si contesta la configurabilità del tentativo adducendosi che manca la univocità degli atti posti in essere dagli imputati: non erano stati completati, ancora, gli atti integranti le prime fasi della condotta di furto, non solo con riferimento alla condotta tipica descritta dalla norma, ma anche nell’ambito dell’ipotetico piano criminoso degli agenti. Una corretta applicazione della disposizione di cui all’art. 56 cod. pen. indica la necessità di considerare il semplice atto del sopralluogo non seguito da inizio di esecuzione del furto, come mero atto preparatorio e, dunque, penalmente irrilevante.

Motivi della decisione

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile perchè basato su censure ripetitive delle argomentazioni già sottoposte al vaglio del giudice dell’appello, manifestamente infondate e, in gran parte, dedotte con formulazioni generiche concernenti considerazioni in diritto circa la configurabilità, come tentativo di furto aggravato, dei comportamenti ascritti agli imputati.

Nella giurisprudenza di legittimità è stato affermato il seguente principio di diritto: "E’ inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), all’inammissibilità" (in termini, Sez. 4, N. 256/98 – ud.

18/9/1997 – RV. 210157; nello stesso senso Sez. 4, N. 1561/93 – ud.

15/12/1992 – RV. 193046). Il ricorso per cassazione deve rappresentare censura alla sentenza impugnata, criticandone eventuali vizi in procedendo o in iudicando: esso, quindi, non può consistere in una supina riproposizione delle doglianze espresse con l’appello, ma deve consistere in una critica alle ragioni in fatto e/o in diritto sulla cui scorta il secondo giudice ha ritenuto di dover disattendere il gravame.

Comunque, l’argomentazione in diritto, svolta dalla Corte territoriale, è pienamente condivisibile in quanto aderente sia al dato normativo che alla giurisprudenza di questa Corte che ha sempre ritenuto (V. sez. 2, Sentenza n. 8783 del 05/05/1987 Ud. Rv. 176472) la configurabilità del tentativo di furto quando l’introduzione nel luogo di abitazione non giustificata, o giustificata in modo inaccettabile, costituisce, con giudizio ex ante, atto univocamente diretto al furto e idoneo a tal fine.

La Corte torinese ha ben evidenziato che la condotta criminosa contestata è andata ben oltre un semplice sopralluogo ed ha invece avuto un inequivocabile e fattivo inizio di esecuzione costituito dallo scavalcamento della recinzione ad opera del G..

Quanto al significato dato alle dichiarazioni degli imputati in sede di convalida non è stato affatto frainteso o mal interpretato, come si eccepisce in ricorso:il proposito degli imputati, infatti, era quello di commettere un furto, tant’è che uno di essi era sceso appositamente dall’autovettura e si era introdotto in un’area privata, delimitata da recinzione, per ivi reperire un qualche bene di cui valesse la pena impossessarsi e che era nella loro intenzione, qualora fosse stato trovato, di prelevarlo immediatamente.

Alla dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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