Cons. Stato Sez. III, Sent., 12-07-2011, n. 4171

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.La Commissione Medica Ospedaliera dapprima, con verbale n. 4581 del 18 ottobre 1990,ha riconosciuto come contratte a causa di servizio le infermità da cui era affetto il dott. V. L. F., aiuto della Divisione di Ostetricia e Ginecologia presso l’Azienda U.S.L. "Latina" di Priverno (LT), poi con successiva nota, n. 1251 del 21 giugno 1991, ha ritenuto lo stesso idoneo al servizio, con la esclusione delle attività chirurgiche.

L’interessato, essendo migliorate le condizioni fisiche, ha chiesto ed ottenuto, a seguito di visita di una Commissione medica collegiale effettuata presso la U.S.L. LT/4, di essere reintegrato nella pienezza delle proprie funzioni, come da ordine di servizio n. 41/DS del 22 dicembre 1994 del direttore sanitario di detta Azienda. Successivamente, il direttore sanitario dell’Azienda sanitaria locale di Latina, con provvedimento n. 265 del 28 aprile 1995, ha revocato detto ordine di servizio e il direttore sanitario della U.S.L. LT/4 di Priverno, con provvedimento in pari data, ha disposto, in esecuzione, l’affidamento al ricorrente delle funzioni di attività di istituto secondo la qualifica rivestita, ma con esclusione delle attività chirurgiche.

Con provvedimento n. 500/UML/103597 del 19 settembre 1994 il Ministero della Sanità – Ufficio medico legale ha precisato che la competenza in materia di idoneità al servizio nell’ambito del riconoscimento della dipendenza di infermità da causa di servizio è della C.M.O., mentre è demandato alla U.S.L. l’accertamento della idoneità per infermità generica.

2.1. Il dr. F. e i suoi figli Felice Antonio e L., quali eredi costituitisi in giudizio, hanno quindi proposto ricorso avverso i citati provvedimenti e la predetta nota ministeriale dinanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, che con sentenza n. 5667 in data 9 aprile 2008 della Sezione III quater, depositata il 10 giugno 2008, lo ha respinto, ritenendo infondati i motivi dedotti e compensando le spese.

2.2. Ad avviso del Tribunale il provvedimento di revoca, adottato a soli 4 mesi dall’ adozione del provvedimento revocato,non giustificava alcun consolidamento di legittimo affidamento in testa al ricorrente e il richiamo ad un condiviso parere ministeriale era sufficiente a sorreggere il provvedimento stesso, a conferma di pregressa asserzione secondo cui il Collegio medico della U.S.L. non aveva il potere di modificare o annullare i giudizi della C.M.O., i quali potevano essere modificati solo in sede di appello all’Ufficio medico legale del Ministero stesso.

2.3. D’altra parte, all’epoca dei fatti era da intendersi tacitamente abrogato l’articolo 50 del D.P.R. n. 761/1979, e permaneva la competenza in materia della C.M.O. ai sensi dell’articolo 6 del D.P.R. n. 349/1994, in combinato disposto con gli articoli 175 e 176 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092/1973 e 14 della legge n. 833/1978.

Ne conseguiva, secondo i giudici di prime cure, che ogni verifica e certificazione sulle condizioni di salute dei lavoratori, sia pubblici che privati, erano, di norma, rimesse agli organi dell’Unità Sanitaria Locale, tranne nel caso in cui la inidoneità al servizio per motivi di salute non fosse stata accertata in base a giudizio tecnico- discrezionale della C.M.O. a seguito di procedimento di accertamento della dipendenza da causa di servizio di dette infermità.

Il giudizio della Commissione Medica costituiva solo un elemento di conoscenza e di valutazione nell’ambito di detto procedimento e, pertanto, in quanto atto di natura endoprocedimentale privo di concreta lesività, il parere della Commissione Medica non era sottoposto ad autonoma impugnazione e, quanto al giudizio circa la idoneità al servizio del dipendente, era suscettibile di modifica, se non impugnato giurisdizionalmente insieme al provvedimento finale, in caso di variazione dello stato di salute del dipendente, solo a seguito di richiesta di visita di revisione allo stesso organo che lo aveva emanato.

2.4. Il provvedimento di revoca del precedente ordine di servizio era quindi idoneamente motivato e l’Amministrazione intimata aveva, con l’atto impugnato, legittimamente esercitato il dovere di revoca di un precedente atto adottato in assenza dei necessari presupposti di fatto e di diritto, senza possibilità di tener conto delle conclusioni di un Collegio medico incompetente ad esprimersi nell’ambito della procedura de qua, ferma restando la possibilità di adire nuovamente la C.M.O. al fine di verificare in prosieguo lo stato di salute del ricorrente sulla base di espressa richiesta in tal senso.

3. Con atto notificato il 15 novembre 2008 e depositato il 5 dicembre 2008, i ricorrenti in epigrafe indicati hanno proposto appello avverso la predetta sentenza, riproponendo sostanzialmente i motivi dedotti in primo grado, e ribadendo la vigenza del richiamato articolo 50 del D.P.R. n. 761/1979 e la permanenza della competenza esclusiva della sola A.S.L. a pronunciarsi sul giudizio di idoneità al servizio; lamentano infine, con richiami ad altri contenziosi, che il T.A.R. non ha tenuto conto delle proprie ordinanze, pur citate, n. 1879/96 e 3082/97, che avevano disposto l’esecuzione da parte del Ministero della visita medica di appello e da parte della A.S.L. di visita collegiale, che poi aveva riaccertato la piena idoneità del dr. F. e quindi il reintegro in servizio con deliberazione n. 2485/98.

Di conseguenza il dr F. sarebbe rimasto escluso dall’attività chirurgica della Divisione Ostetricia e Ginecologia dall’aprile 1995 al 13 gennaio 2001, data del suo decesso, e quindi dallo svolgimento delle mansioni primariali.

4. L’A.S.L. e il controinteressato dr Robibaro non si sono costituiti, e all’udienza

pubblica del 27 maggio 2011, presenti la parte appellante e l’Avvocatura dello Stato,relatore il consigliere Stelo la causa è stata trattenuta in decisione.

5.1. Ciò premesso in fatto, l’appello è infondato e va respinto, essendo condivisibili le puntuali e chiare argomentazioni dei giudici di prime cure e richiamando al riguardo le considerazioni già svolte per altro appello oggi in decisione (R.G. n. 9636/2008).

5.2. Con l’appello in epigrafe si ripropongono essenzialmente i motivi dedotti in primo grado e precipuamente si sostiene ancora la permanenza in vigore dell’articolo 50 del D.P.R. n. 761/1979, assunto che il Ministero della Sanità, con due note impugnate in primo grado, aveva confutato motivatamente.

Invero, come si è riferito, con la nota n. 106346 del 22 marzo 1996, il predetto Dicastero aveva avuto modo di comunicare, supportato da parere di questo Consiglio e del Dipartimento della Funzione Pubblica, che il riordino della procedura per il riconoscimento di infermità come dipendente da causa di servizio, disposto con il D.P.R. n. 349/1994, si applicava anche alle istanze in precedenza presentate, e che il citato articolo 50 era da intendersi tacitamente abrogato per cui il Ministero non era più competente nel merito, demandando di conseguenza la risoluzione della controversia al giudizio proposto in sede giurisdizionale.

Il Dicastero veniva così sostanzialmente a rigettare la richiesta di visita di appello, ex richiamato articolo 50, volta a conseguire il giudizio di idoneità al pieno svolgimento delle funzioni di aiuto di ruolo di ostetricia e ginecologia.

D’altra parte il procedimento è iniziato in data 30 novembre 1995, e cioè quando era già vigente la normativa di cui al D.P.R. n. 349/1994.

5.3. La Sezione non può che condividere la ricostruzione della normativa protempore intervenuta in materia e le estese motivazioni formulate dal T.A.R. a sostegno dell’infondatezza delle censure dedotte in primo grado, né vengono proposti in questa sede elementi anche documentali tali da indurre la Sezione a discostarsi dalla sentenza di primo grado.

Dagli atti invero si rileva che i provvedimenti richiamati in premessa, e impugnati in primo grado, hanno disposto dapprima il reintegro nelle proprie funzioni di aiuto, poi la revoca dello stesso e quindi l’esclusione dalle attività chirurgiche, ma non sono mai stati sospesi in sede giurisdizionale, bensì, a seguito dei contenziosi instaurati, hanno originato, come rammentato dagli appellanti, l’ordine, da parte del T.A.R., di sottoporre il dr. F. a visita medica d’appello (ordinanza n. 1879/2006) nonché di emettere comunque un giudizio definitivo sulla domanda di reintegrazione nella pienezza dell’attività chirurgica (ordinanza 3082/2007).

Il procedimento ha avuto poi seguito pervenendo, come emerge da altro giudizio, a nuova visita medica, al riconoscimento della piena idoneità e alla presa d’atto da parte dell’Amministrazione con deliberazione n. 2485 del 30 ottobre 1998.

5.4. Nel caso di specie viene posta in discussione la permanenza in vigore del nominato articolo 50 del D.P.R. n. 761/1979, e il giudice di prime cure ha condiviso il contenuto della citata nota del Ministero della Sanità n. 106346 del 22 marzo 1996, circa la tacita abrogazione di detta norma, ritenuta non in contraddizione con la precedente nota ministeriale n. 103597 del 19 settembre 1994, con congrua motivazione che risulta immune da manifesti vizi di illogicità e irrazionalità e che si intende qui confermare anche nelle dedotte conseguenze circa il procedimento di verifica della pretesa piena idoneità spettante allo stesso collegio medico, il C.M.O., che in precedenza si era espresso in proposito.

Il provvedimento di revoca del pregresso ordine di servizio era stato quindi legittimamente e tempestivamente assunto, quale atto dovuto e adeguatamente motivato, anche con il richiamo alle disposizioni normative via via intervenute nel tempo e al parere, come detto, formulato dalla C.M.O..

Ne conseguiva l’impossibilità di riammettere il dr. F. all’espletamento dell’attività chirurgica.

6. L’appello, per le considerazioni che precedono, è infondato e va respinto, disponendosi, per la particolarità della fattispecie, la compensazione delle spese della presente fase di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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