Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 13-05-2011) 07-07-2011, n. 26628

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 14/7/2010 (depositata il 12/10/2010) il GUP del Tribunale di Velletri ha assolto C.T. (nei cui confronti si procedeva -su sua richiesta- secondo le norme del rito abbreviato) e dichiarato non doversi procedere nei confronti di N.G. (tratto ad udienza preliminare) in ordine ai reati di omicidio ed incendio loro ascritti in concorso, per non aver commesso i fatti.

Secondo la ricostruzione della vicenda operata dal GUP, nella notte tra il (OMISSIS) si era verificata nei pressi di una baracca sita all’interno di una boscaglia, ai danni di due cittadini rumeni – B.D.L. ed il convivente L.C. – che ivi abitavano, una aggressione da parte di tre loro connazionali, aggressione (poi seguita dall’incendio della baracca) alla quale la donna era riuscita a sottrarsi con la fuga e che aveva portato alla morte del L., più volte colpito in varie parti del corpo e soprattutto al capo con mezzi contundenti, quali bastoni o spranghe di ferro, che gli avevano cagionato varie e gravi lesioni tra le quali un vasto complesso fratturativo della base cranica. Il GUP ha ritenuto che gli elementi emersi – pregresse ragioni di rancore del C. e del N. nei confronti del L., possibile presenza del C. nei pressi del luogo ove era avvenuto l’omicidio nella serata del (OMISSIS), tenore di alcune conversazioni telefoniche intercettate, riferita condotta dei due imputati di sottrazione a possibili controlli dei Carabinieri- non avessero valenza tale da condurre ad una affermazione di responsabilità a carico degli imputati; e ciò anche perchè erano emersi ulteriori contrasti tra la vittima ed altri soggetti, perchè l’unica testimone oculare dei fatti, pur descrivendo gli autori degli stessi, non aveva individuato in essi gli imputati, che essa peraltro conosceva, ed anzi aveva riconosciuto nella voce di altro soggetto quella di uno degli aggressori, perchè le falsità e le reticenze ravvisabili nelle conversazioni intercettate ben potevano trovare spiegazioni alternative.

Con atto del 19/10/2010 il P.M. presso il Tribunale di Velletri ha proposto articolato ricorso avverso la pronuncia di non luogo a procedere emessa nei confronti di N.G. (precisando che siffatta pronuncia doveva con tutta evidenza riferirsi ai reati contestati all’imputato ed al suo correo e non già, come indicato per mera svista, al reato di occultamento di cadavere in luogo di quello di incendio, in ordine al quale difettava qualsiasi motivazione).

Motivi della decisione

Ritiene il Collegio che il ricorso debba essere rigettato posto che le ragioni di censura addotte non meritano condivisione.

Il P.M. ricorrente ha in primo luogo lamentato che le argomentazioni utilizzate per assolvere un imputato per non sufficienza delle prove acquisite a suo carico fossero state implicitamente utilizzate anche nei confronti dell’altro soggetto del quale quasi non si faceva menzione nel provvedimento impugnato. L’argomento proposto dal ricorrente P.M. appare viziato paradossalmente dalla più evidente contraddizione interna: la doglianza, infatti, avrebbe una consistenza se nel ricorso si contrapponesse al silenzio della sentenza su N.G. l’allegazione di fatti rilevanti, afferenti tale imputato, che avrebbero meritato puntuale valutazione;

di contro è lo stesso P.M. ad affidare le sue censure alla proposta di diversamente valutare i fatti a carico del coimputato assolto C.T. nella evidente certezza che da essi possa discendere – per…comunicazione- una rivalutazione critica della posizione del N. prosciolto dal GIP all’esito della udienza preliminare.

Orbene, ed in questa logica, il ricorrente, dopo avere nuovamente sintetizzato i fatti, ha poi riepilogato tutti gli elementi emersi lamentando difetto totale di motivazione in relazione a gran parte degli stessi e censurando di eccessiva atomizzazione la valutazione operata nei confronti degli elementi presi in esame, non considerati, come doveroso, nella loro globalità.

Giova rammentare che l’area del sindacato di legittimità nel controllo della motivazione della sentenza di non luogo a procedere adottata dal GUP ed impugnata dal P.M. è segnata non già dalla verifica della plausibilità degli elementi addotti dal P.M. e negletti dal Giudice in ordine ad una affermazione di responsabilità dell’imputato ma dal controllo di congruità del giudizio prognostico formulato dallo stesso giudice, là dove ha affermato che gli elementi di accusa offerti e verificati, anche se integrati da nuove prove, non rendono l’accusa sostenibile in giudizio (cfr. Cass. sentenze n. 28743 e n. 15364 del 2010, n. 43843 del 2009). Ebbene a questa logica impugnatoria il ricorso del P.M. pare sottrarsi inconsapevolmente, esso limitandosi ad enumerare elementi a carico dei coimputati (segnatamente, elementi a carico del C. e "comunicabili" al N.) senza offrire la valutazione sintetica finale della incongruità del giudizio prognostico. Il P.M. ha infatti richiamato: 1) la valenza delle conversazioni intrattenute dall’imputato C. (delle quali solo alcune erano state esaminate dal GUP) tese a stornare da sè ogni sospetto circo l’omicidio del L., anche mentendo circa epoca ed ora del suo rientro in Italia ed in particolare a Genzano nonchè attribuendo ad altri l’aggressione del connazionale; 2) la significatività delle ragioni di acredine tra la vittima e gli imputati quali prospettate da più testi ( B., E., Ne., M.); 3) la presenza del N. e del C. in Ariccia il giorno dopo l’omicidio e l’atteggiamento di cautela dei due alla vista dei Carabinieri, mai in precedenza adottato (teste E.); 4) la presenza del C. nei pressi della baracca del L. poco prima della consumazione dei delitti (teste G.); 5) la riferita presenza di entrambi in Genzano nella serata del (OMISSIS) (testi Ca. e M.); 6) la falsità di alcune affermazioni del C. circa giorno ed ora del suo rientro in Italia e quindi la falsità del suo alibi; 7) la circostanza che gli aggressori, a detta della B., parlavano rumeno con inflessione moldava, così come gli imputati entrambi originari della Moldavia rumena.

Orbene, operando una sintesi (che il P.M. ha mancato di formulare) dei dati fattuali gravanti sul N. emerge che a suo carico potrebbero militare le ragioni di acredine (punto 2) verso il L., la presenza del N. in Ariccia prima e dopo il fatto (punto 3), l’accento rumeno-moldavo delle frasi dette dagli aggressori (punto 7), il suo essere sovente assieme al C., a carico del quale avrebbero militato consistenti indizi di reità (punti 1-4-6). Su tali dati fattuali, e per la loro esilità individuale e scarsa persuasività contestuale, il GUP ha dunque formulato prognosi di inutilità del vaglio dibattimentale; dal canto suo il P.M. ricorrente non offre nelle sue deduzioni alcun elemento di diversa valutazione, o di prospettazione di sopravvenienze di rilievo, che faccia ritenere indebitamente riduttivo il giudizio e quindi inadeguata la prognosi stessa. Non deve provvedersi sulle spese trattandosi di ricorso del P.M..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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