Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 13-05-2011) 07-07-2011, n. 26625

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

G.N. è stato attinto da ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa il 16/7/2010 dal GIP del Tribunale di Reggio Calabria, perchè gravemente indiziato dei delitti di associazione per delinquere di tipo mafioso e di estorsione pluriaggravati.

Secondo le prospettazioni accusatorie l’indagato si sarebbe associato a numerosi altri indagati, "con il ruolo di direzione ed organizzazione della locale di Oliveta (che con molte decine di altre locali e società, articolate in tre mandamenti e con organo di vertice denominato "Provincia" costituiscono l’associazione mafiosa denominata "ndrangheta") e con compiti di decisione, pianificazione e individuazione delle azioni e delle strategie ed altresì impartendo le direttive agli associati". Il provvedimento restrittivo è stato confermato dal Tribunale di Reggio Calabria investito dell’istanza di riesame, con ordinanza depositata il 30/9/2010 che ha rigettato la richiesta proposta nell’interesse del G..

Nella motivazione dell’ordinanza, dopo una ampia premessa a carattere generale, relativa alla ricostruzione storico-giudiziaria della associazione criminale denominata ‘ndrangheta, ed un espresso rinvio, quanto alla specifica imputazione contestata, agli elementi prospettati nella richiesta del P.M. ed alle motivazioni dell’ordinanza cautelare, il Tribunale ha ritenuto che a carico di G.N. sussistessero gravi indizi di colpevolezza con riferimento alle imputazioni mossegli, valorizzando al riguardo una serie di conversazioni registrate in modalità ambientale a bordo dell’autovettura dell’indagato.

In particolare, i giudici del riesame, hanno sottolineato come dalle conversazioni intercettate si desumesse chiaramente l’esistenza di una struttura di vertice denominata "Provincia" e come le medesime chiarissero modalità di costituzione, competenze e consistenza organica di siffatta struttura e di quelle sotto-ordinate. Siffatto materiale probatorio, ad avviso del Tribunale, doveva altresì ritenersi utile e decisivo per la valutazione della posizione individuale del G., risolvendosi esso in una prova di natura confessoria essendo il G. diretto interlocutore delle conversazioni e fonte inesauribile di informazioni sulla vita dell’associazione criminosa e sulla partecipazione ad essa del medesimo e di altri soggetti. Parimenti derivavano dalle intercettazioni gravi elementi di prova circa il secondo addebito rubricato sub lettera P). Quanto alle esigenze cautelari il Tribunale ha affermato che andava richiamata la presunzione di legge non superata da alcun elemento in atti.

Avverso tale pronuncia del Tribunale ha proposto ricorso il difensore del G., prospettando un unico ed articolato motivo d’impugnazione a sostegno della richiesta di annullamento dell’ordinanza impugnata. In esso si lamenta l’illegittimità dell’ordinanza impugnata per violazione di legge ( art. 192 c.p.p., comma 2 e art. 273 c.p.p. nonchè art. 416 bis c.p.) e per vizio di motivazione, per non avere il Tribunale ricercato elementi di riscontro nè effettuato verifiche in ordine: alla sussistenza del sodalizio, in particolare con riguardo alla locale di Oliveto che si assume essere diretta dall’indagato, al suo programma criminoso, al suo organigramma di vertice, nonchè in ordine al suo stesso carattere mafioso (oltre tutto essendo tale sodalizio sconosciuto nella storia criminale della Calabria).

Motivi della decisione

Il ricorso, priva di fondamento essendo l’unica censura sulla quale si fonda, deve essere rigettato.

La censura, che si appunta solo su una frazione logica della ipotesi accusatoria di cui al capo A) della rubrica, e che tralascia affatto di contestare le affermazioni di reità formulate con riguardo alla contestazione sub P) della stessa rubrica provvisoria, tenta di evidenziare la fragilità dell’intero impianto accusatorio, afferente la partecipazione attiva del G. al sodalizio reggino diretto dalla Provincia ed articolato in diecine di strutture locali, in ragione della pretesa scarsità di elementi afferenti la esistenza in fatto della locale di Oliveto e la preposizione ad essa dell’indagato (pag. 5 ord.).

Ma la censura appare affetta da una evidente incomprensione delle statuizioni che contesta e conseguentemente da una insuperabile genericità e carenza di autosufficienza.

Ed invero, se il ricorrente difensore avesse posto attenzione alle pagine 31 e 32 dell’ordinanza avrebbe compreso come, secondo l’ipotesi accusatoria condivisa dal Tribunale del Riesame, il ruolo del G. – quale prepotentemente evidenziato dalla enorme quantità di conversazioni captate – stava nella sua contestuale prestazione del ruolo di vertice della locale di Oliveto (che non si scorge sulla base di quali elementi dovesse ritenersi una frazione di….poche diecine di abitanti nella zona Sud di Reggio Calabria, come si afferma al pen.cpv. della pag. 2 del ricorso) e della funzione di elemento di collegamento con il mandamento di Rosarno diretto dagli Oppedisano.

Ad avviso del Tribunale – come emerge dalle pagine della lunga ordinanza in disamina – il G. esprimeva una autorità indiscussa tanto quale responsabile della articolazione della zona sud della città di Reggio Calabria quanto come capace e sagace mediatore nella composizione di problemi di esazione, di regolamentazione dei "confini", di efficace partecipe delle riunioni di direzione strategica nel Santuario della Madonna di Polsi. Non sarebbe stato pensabile, del resto, all’interno di un sistema di distribuzione piramidale del potere sul territorio della Provincia (ben sintetizzato dall’ordinanza alla pag. 28), che potesse interloquire a tutto campo, essere ascoltato e richiesto di interventi, un soggetto che non avesse, al contempo, da spendere l’autorità della direzione del segmento territoriale di propria competenza. Ebbene, il ricorso, lungi dal comprendere siffatta ipotesi accusatoria, e pertanto dall’accingersi a valutare se nel corpo dell’ordinanza essa avesse avuto plausibile espressione, quindi prendendo in esame quei passaggi eventualmente affetti da carenza di argomentazione a sostegno della riferita ipotesi accusatoria, si limita alla sopra sintetizzata astratta censura di mancata indicazione delle prove della esistenza "in vita" della locale di Oliveto, quasi che siffatte strutture di base del sodalizio mafioso in Calabria potessero avere una "certificazione" di esistenza, un atto costitutivo se non addirittura una regola di funzionamento che sarebbe spettato al giudice del merito portare ad emersione. Si impone, quindi, il rigetto del ricorso con le conseguenze di legge.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali; dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del provvedimento al Direttore dell’Istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 3.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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