Cass. civ. Sez. V, Sent., 25-11-2011, n. 24913 Riscossione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso per cassazione notificato alla soc. Coniglione Costruzioni e alla soc. Montepaschi Se.ri.t. il 17 novembre 2006 l’Agenzia delle entrate esponeva che:

a) il concessionario per la riscossione aveva intimato alla società contribuente di pagare L. 84.386.000 per omesso e/o tardivo versamento dell’IVA (periodica e annuale) dovuta nell’anno 1995 e relativi interessi e sanzioni;

b) la società contribuente aveva impugnato la cartella di pagamento, eccependo la nullità dell’iscrizione a ruolo per omessa notifica dell’avviso di accertamento D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 60, comma 6;

c) l’Ufficio aveva resistito rilevando che si verteva in tema di omesso versamento d’imposta su dichiarazione compilata dal contribuente medesimo;

d) la CTP di Catania aveva rigettato il ricorso con sentenza, appellata dalla società contribuente, il cui difensore aveva poi depositato in udienza copia del versamento per la definizione della lite L. n. 289 del 2002, art. 12;

e) la CTR-Sicilia (sez. Catania), con sentenza del 4 ottobre 2005, aveva dichiarato l’estinzione del giudizio ritenendo che, non avendo il concessionario ottemperato all’ordinanza emessa per accertare la validità della definizione fiscale, questa dovesse essere ritenuta valida;

f)la stessa CTR aveva, inoltre, ritenuto che l’eventuale mancato pagamento della successiva rata, non avrebbe potuto far venir meno la validità della richiesta di definizione.

Pertanto, denunciando con unico motivo la violazione del citato art. 12 e dell’art. 2697 c.c., l’Agenzia chiedeva la cassazione della sentenza d’appello. La società contribuente e il concessionario per la riscossione non si sono costituiti.

Motivi della decisione

In applicazione del decreto del Primo Presidente in data 22 marzo 2011, il Collegio ha disposto che sia adottata una motivazione semplificata:

01. La ricorrente, denunciando con unico motivo la violazione della L. n. 289 del 2002, art. 12 e dell’art. 2697 c.c., rileva che la società contribuente non aveva provato l’integrale pagamento delle rate previste per fruire del beneficio e che detto onere probatorio non poteva essere scaricato su un soggetto terzo, quale il concessionario per la riscossione, il cui silenzio dinanzi alla richiesta di chiarimenti da parte della CTR non rivestiva alcun rilievo. Il motivo è fondato.

02. In caso di definizione dei carichi di ruolo pregressi, L. n. 289 del 2002, ex art. 12 il mancato o il ritardato versamento di una rata costituisce causa di decadenza degli effetti del condono, atteso che si tratta una particolare forma di sanatoria (c.d. condono demenziale) di natura diversa rispetto a quelle previste dalla L. n. 289 del 2002, artt. 7, 8, 9, 15 e 16 (c.d. condono premiale), con la conseguenza che, ai fini dell’efficacia del condono, è necessario il versamento dell’ammontare residuo dovuto, non essendo ammessi nè omissioni, nè meri ritardi (Cassazione civile sez. trib., 1 dicembre 2010, n. 24316).

03. Poichè la legge, con riferimento a tale speciale procedura, non prescrive a carico dell’Agenzia delle entrate alcuna attestazione di regolarità della procedura di condono (Cassazione civile sez. trib., 8 luglio 2005, n. 14440), occorre accertare la corrispondenza tra quanto versato e il ruolo oggetto della controversia, gravando però sul contribuente l’onere di provare che il versamento effettuato concerna la controversia in corso e che le somme pagate corrispondano al 25% dell’importo iscritto a ruolo (capitale, interessi e sanzioni), oltre alle eventuali spese (Cassazione civile sez. trib., 3 febbraio 2006, n. 2410).

04. Nella specie non risulta, dal tenore della sentenza impugnata, che la società contribuente abbia documentato il secondo versamento prescritto dalla legge sul condono. Dunque, non v’è prova dell’avvenuta definizione dei carichi di ruolo e non si è perfezionata la fattispecie processuale dell’estinzione del giudizio a seguito di cessazione della materia del contendere.

05. Peraltro, anche diversamente argomentando, non possono scaturire esiti favorevoli al contribuente, atteso che è incompatibile con la disciplina comunitaria in tema di IVA e va pertanto disapplicato – la L. n. 289 del 2002, art. 12 nelle parte che consente di definire una cartella esattoriale emessa per la riscossione dell’IVA con il pagamento del 25% dell’importo iscritto a ruolo (Cassazione civile sez. un., 17 febbraio 2010, n. 3674).

06. Indi, non essendo necessari ulteriori accertamenti, si può esaminare il merito del ricorso introduttivo e affermarne la manifesta infondatezza in punto di stretto diritto. Infatti, nell’ipotesi di liquidazione dell’IVA dovuta in base alle dichiarazioni ( D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis) e delle conseguenti sanzioni, il D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 17 prevedendo l’irrogazione immediata (mediante iscrizione a ruolo e senza previa contestazione) delle sanzioni in misura del 30% dell’importo non versato, ha implicitamente abrogato il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 60, comma 6, nella parte in cui prevedeva che, prima d’iscrivere a ruolo l’imposta non versata, l’ufficio invitasse preventivamente il contribuente al pagamento delle somme dovute, entro 30 giorni dal ricevimento dell’avviso, con l’applicazione della soprattassa pari al 60% della somma non versata. L’invito aveva l’unica funzione di dare al contribuente la possibilità di attenuare le conseguenze sanzionatorie della omissione di versamento e non di costituire un atto prodromico e necessario ai fini dell’iscrizione a ruolo. Tale funzione è venuta meno con l’entrata in vigore dell’art. 17 cit., posto che la sanzione è stata fissata in misura comunque inferiore a quella cui poteva accedersi in adesione all’invito (Cassazione civile sez. trib., 30 dicembre 2010, n. 26440).

07. In conclusione, accolto il ricorso e cassata la sentenza impugnata, pronunziando nel merito va rigettato il ricorso introduttivo con condanna della società contribuente alle spese processuali di tutti gradi.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo; condanna la società contribuente alle spese processuali, liquidate a favore dell’Agenzia per il giudizio di legittimità in Euro 3000,00 di onorario, oltre alle spese prenotate a debito, e per le fasi di merito in Euro 1400,00 ciascuna, di cui Euro 500,00 per diritti e Euro 800,00 per onorario, oltre a oneri accessori.

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